Uno schema, 18-18-18. E questo che si augura (sogna) Carlo Tavecchio per il 2017. Una vera riforma dei campionati. Perché sa, da ex direttore di banca, che così il calcio (non solo professionistico) rischia di finire in una crisi irriversibile. La Figc ha già messo dei paletti, dal 2018 per iscriversi in A bisognerà avere il pareggio di bilancio (come ci possano arrivare alcune società è un mistero): ma non basta. Troppi 20 club in A, assurdi 22 in B e troppi anche i 60 che ci sono in serie C, o, come si chiama adesso, Lega Pro. La proposta di Tavecchio è più che convivisibile: 18 in A, 18 in B e due gironi da 18 in C. Sarebbe, di sicuro, un calcio più sostenibile di quello attuale. Ma qui vengono i problemi: la A, per volere del tandem Beretta-Lotito (che poi in realtà è la stessa persona…), propone due promozioni dalla B alla A di cui una dopo spareggio tra la seconda di B e la penultima di A. Andrea Abodi, n.1 della Lega cadetta, non ne vuole sapere, i suoi club nemmeno (chi sarebbe disposto ad investire col rischio di avere una sola promozione in A?). Abodi e Gabriele Gravina, incontrasto leader della Lega di C (chi ha tentato di sfidarlo ha rimediato solo figuracce…), sono disposti a trattare con la A, ma vogliono sul piatto una cinquantina di milioni. Insomma, tutto fermo. E rimarrà fermo chissà per quanto. Si è perso un sacco di tempo in questi anni, Tavecchio forse avrebbe dovuto insistere di più quand’era il momento.

Ora siamo in campagna elettorale: la Figc voterà nella prima decade di marzo (per statuto Coni non si può superare il 15 marzo) e Tavecchio è l’attuale favorito. Gravina dovrebbe candidarsi, ma prima vuole fare due conti: non è facile per lui superare il 50 per cento. In Lega di A alla fine potrebbe restare anche Maurizio Beretta, perché no?, anche se Abodi non si arrende e i grossi club, Juve in testa, guardano soprattutto ad una vera riforma della governance, con più potere per il consiglio e per il presidente (che ora non conta nulla, ma a qualcuno fa ancora comodo che non conti nulla). L’ago della bilancia delle prossime elezioni sarà il senatore Cosimo Sibilia (Forza Italia), figlio dello storico presidente dell’Avellino, e uomo di sport prima ancora che politico (è segretario di Palazzo Madama). Sibilia è stato voluto da Malagò (e ha già parlato con Lotti) e avrà in mano, quando sarà eletto presidente della Lega Nazionale Dilettanti (si vota il 28 gennaio), quel 34% che spesso e volentieri è stato decisivo per l’elezione del presidente Figc. Tavecchio lo elogia. “Un ottimo dirigente, in futuro può pensare a crescere”.

Qualcuno lo vedrebbe già adesso sulla poltrona della Figc: un patto fra Coni e Palazzo Chigi potrebbe essere decisivo a sparigliare tutte le carte. Ma Sibilia assicura: “Io sono nella Lega che rappresenta il cuore del calcio, migliaia di società, ogni paese ne ha una, attiva, appassionata. Sono appena stato a inaugurare lo stadio di un piccolo paese della mia terra, l’Irpinia, Andretta, in provincia di Avellino: nevicava eppure c’era una piccola folla entusiasta. Oggi so che rappresenterò la Lega Nazionale Dilettanti, credo sia giusto avere ambizioni ma sempre con il contributo dei club che rappresento e comunque al servizio dello sport sociale”. Sibilia ha anche spiegato: “Io non sono divisivo ma aggregante. Per avermi presidente si sono mossi diciotto comitati regionali, due province regionali come Trento e Bolzano, il dipartimento interregionale, il calcio a 5, il calcio femminile…. Io sono uno del Contropiede, non della Ripartenza. Ma soprattutto credo nel calcio come fenomeno sociale, quindi da curare con attenzione, guardando ai giovani, alle famiglie. Ho ereditato da mio padre l’attenzione al calcio del territorio, ho diretto anch’io l’Avellino, una provinciale capace di stare in A dieci anni, attorniata da 118 Comuni, un corpo e un’anima. Questo è il mio calcio”. Ha già le idee chiare su come trasformare la Lega Dilettanti, un milione e duecentomila tesserati, 14.000 società, il calcio femminile, il calcio a 5, il beach soccer. Un mondo sterminato, dal fortissimo valore anche sociale. Lì andrà Sibilia: a meno che qualcuno decida di accelerare la rivoluzione…