Neppure se si fosse spogliata come fece qualche anno fa per un settimanale americano, avrebbe distratto Lisa Dahlkvist pronta a calciare il rigore decisivo. Eppure Hope Solo, la figlia del veterano del Vietnam, la campionessa olimpica, mondiale ma anche dell’arte di cacciarsi nei guai, qualcosa se lo doveva inventare. Così, per evitare agli Stati Uniti di calcio una clamorosa eliminazione, ci ha provato con la recitazione. Usa-Svezia, quarti di finale, parità del punteggio ma se Lisa segna è fatta. E quando la svedese sta per prendere la rincorsa, Hope chiama l’arbitro, gioco fermo. C’è un problema: devo sostituire i guanti. Un addetto della panchina accorre come se stesse trasportando una pozione miracolosa, Hope si sfila i guanti, ruota i polsi come se ci fosse qualcosa che non va, guadagna tempo, spera che la pressione finisca con lo schiacciare la povera Lisa sul dischetto. Quella invece se la ride. Che abbia un futuro nel cinema, glielo hanno già detto, però stavolta lo stratagemma – provato in passato con successo – non serve. Lisa va al tiro e la spiazza nettamente.

Fine di Hope Solo, detentrice ancora oggi del record d’imbattibilità con 1058 minuti, e fine di un ciclo epico, quella della nazionale Usa, due ori olimpici a fila, campione del mondo in carica e dominatrice della scena da quando il calcio femminile esiste. La partita era finita 1-1, svedesi in vantaggio al 66’, poi recuperate a 13’ dalla fine. E dopo due intensi supplementari è arrivata la struggente serie di rigori con spettacolino finale. Ora Hope può tornare in Patria a concentrarsi sui guai con la legge; su di lei pende il giudizio per presunta violenza domestica ai danni di sorella e nipote 17enne. Vera trionfatrice di questa giornata è invece Pia Sundhage, l’allenatrice svedese che era proprio sulla panchina americana in occasione delle due vittorie olimpiche, Pechino e Londra. Lei i trucchi di Hope li conosceva tutti e alle sue deve averlo spiegato per bene.