I miti greci hanno ispirato nei secoli passati fino ai nostri giorni miriadi di artisti in ogni campo. Dei ed Eroi ellenici hanno rappresentato in varie epoche storiche un simbolo di massima perfezione. Tra tutte le dee dell’antica Grecia, una in particolare ha sempre affascinato perché raffigurava da un lato la forza e dall’altro la grazia assoluta: Artemide, dea della caccia e della luna crescente, raffigurata tra gli altri in un bellissimo capolavoro del Guercino. Chissà se la dirigenza bergamasca ha pensato ai miti greci quando durante l’estate ha plasmato la rosa per la stagione in corso. Di certo Cecilia Re, nuovo arrivo della mediana nerazzurra, quanto a mix di forza ed eleganza sul campo, ricorda per tante versi la dea ellenica della luna. Dopo un esodo di 4 anni tra le praterie del Tennessee, la giovane calciatrice brianzola è tornata in Italia per riconquistare un posto da protagonista nel nostro campionato.

Nome: CECILIA RE
Soprannome: ARTEMIDE
Ruolo: CACCIATRICE DELLA SFERA.

Dove nasce la Cecilia calciatrice?
“Ho iniziato all’oratorio di Busnago con i maschi, poi da lì sono andata alla Fiammamonza che conoscevo di fama, come una delle migliori realtà del femminile nella nostra zona e con la Fiamma ho fatto tutta la trafila nelle giovanili fino alla prima squadra. Il primo anno in cui sono stata aggregata alla prima squadra eravamo in serie A, esordii verso la fine del campionato, dove raggiungemmo la salvezza. L’anno successivo invece retrocedemmo, ma nella stagione 2011-’12 riconquistammo la serie A al termine di un bellissimo campionato di A2, dove da seconde, pur perdendo i play off contro il Siena, venimmo ripescate proprio dopo la rinuncia del Siena. Fu una grande soddisfazione perché eravamo una squadra giovanissima. In pratica in quella stagione la rosa fu rifondata sulle ragazze delle giovanili, mister Cincotta riuscì a darci un gioco e a permetterci di realizzare qualcosa di impensabile ad inizio torneo. Fu una bella annata, forse quella che ricordo più volentieri.”

L’anno dopo però retrocedette ancora. Cosa vi è mancato per riuscire a restare in A?
“Quello tra la A2 e la serie A era un salto davvero notevole. Noi iniziammo il campionato con la squadra che aveva ottenuto la promozione, tutte ragazze giovani, senza particolari rinforzi. Io avevo solo 18 anni e molte delle mie compagne erano ancora più piccole e come se non bastasse mi infortunai e saltai in pratica tutto il girone di ritorno. Poi ci furono problemi su problemi. Mister Cincotta fu esonerato dopo una partita, di allenatori alla fine ne cambiammo 3 o 4 nel corso di un solo campionato…”

Sono stati però anni importanti nei quali hai vestito la maglia azzurra con le rappresentative giovanili.
“Sin dall’esordio in A ero stata chiamata a far parte dell’under 17, ma è stata nella stagione successiva che sono stata convocata con continuità e ho fatto parte delle rose che hanno disputato i gironi di qualificazione agli europei. Ricordo che era marzo e giocavamo in Spagna, non superammo il girone e la settimana dopo fui convocata in under 19. Con l’under 19 giocai l’europeo e il mondiale in Giappone, dove scesi in campo contro Nigeria e Corea. Eravamo una bella squadra, ma la Corea in particolare ricordo che era di un altro livello, andavano tutte ai 200 all’ora. Di quella squadra ho ritrovato qui a Mozzanica Lisa Alborghetti e Michela Ledri.”

Cecilia va alla scoperta dell’America.
“Dopo la retrocessione arrivò questa possibilità di andare in America per studiare e giocare a calcio. Mi iscrissi alla East Tennessee State Univesity e ho fatto così parte della squadra delle “Bucaniere”. Negli USA il campionato dura in pratica due mesi, ma si gioca due/tre volte a settimana. Le squadre però hanno rose molto ampie e puoi effettuare tutti i cambi che vuoi, anche facendo rientrare chi è stato sostituito, come avviene nel football americano in pratica, e perciò sta all’allenatore essere bravo a dosare le forze e a utilizzare le ragazze a disposizione. Il nostro coach era invece un po’ più all’europea, tendeva a schierare la sua formazione tipo, facendo solo qualche cambio, ma giocando così spesso molte volte era fisicamente difficile da sostenere. Il campionato dei college ha uno svolgimento tutto particolare rispetto a quello a cui siamo abituati in Europa. C’è una fase pre- season dove affronti diverse squadre di altri campionati, al termine della quale si crea un ranking, in base al quale la tua squadra viene inserita in un torneo piuttosto che in un altro, a seconda anche della zona geografica. In più se nello stesso college c’è anche la squadra di football il ranking sale.
Finita questa fase c’è il campionato vero e proprio, dove i vari gironi sono formati da 8/10 squadre. Al termine del campionato la classifica che ne deriva dà vita ad una serie di gare eliminatorie a tabellone, la prima contro l’ultima, la seconda contro la penultima ecc… Terminata questa seconda fase la vincente di ogni girone partecipa alla fase nazionale dal quale esce il campione nazionale dei college. Il campionato nazionale è molto seguito anche dai media. La finale viene trasmessa in diretta tv sui canali nazionali. E’ da questo campionato, o almeno dalle prime 20 scuole, dalle quali vengono scelte le ragazze che fanno poi parte delle nazionali giovanili.”

Che tipo di calcio è quello americano?
“Tanto fisico. Tecnica e tattica poca. Io che venivo da un tipo di gioco diverso all’inizio ho fatto molta fatica, considerando anche il fatto che venivo da un infortunio e che ho in pratica ripreso là a calciare il pallone. Fisicamente non sono mai stata un asso, preferisco giocare palla al piede e quindi arrivando in mondo dove tutte andavano al doppio ho avuto qualche difficoltà. Però ho avuto la fortuna di trovare in Adam Sayers un allenatore che mi ha dato sempre fiducia, mandandomi in campo anche quando non ce la facevo più e questo mi ha aiutato molto. Nel mio ultimo anno là ero migliorata molto sotto l’aspetto della tenuta fisica.”

E infine la decisione di tornare a casa.
“In verità il pensiero di restare in America anche dopo il college c’era. Qui ho la famiglia è vero, ma là avevo trovato un mio equilibrio, stavo bene. Ma arriva un momento in cui devi anche fare dei calcoli sul tuo futuro. Finito il college negli States non esistono campionati dilettantistici, esiste solo il professionismo, ma ogni squadra professionista ha i contratti limitati per le giocatrici straniere. In pratica avrei dovuto smettere di giocare a calcio, cosa che a ventitré anni non mi andava assolutamente. In più il problema del visto lavorativo che è tutt’altro che facile da ottenere e rinnovare. Questo mi ha fatto decidere di tornare, per continuare a giocare a calcio che fino ad oggi è stata la strada che mi ha portato avanti. Il calcio ce l’ho dentro non saprei rinunciarne, almeno non adesso.”

Perché hai deciso di ricominciare qui a Mozzanica?
“Era per me importante trovare una squadra vicino a casa. Dopo quattro anni lontana dalla mia famiglia non volevo spostarmi ancora. Tramite Valentina Giacinti, a Natale dell’anno scorso chiesi di poter fare un provino qui e da allora sono rimasta in contatto con mister e società. Dopo la laurea conseguita a maggio sono rientrata in Italia e ho incontrato nuovamente la società con la quale c’è stato subito accordo. Ho ricevuto anche altre offerte, ma qui mi sono trovata bene subito. Ho trovato un lavoro in una palestra e sto facendo un corso di masso-fisioterapia, perciò come sistemazione per me è l’ideale.”

Quale obbiettivo vuoi raggiungere con la maglia nerazzurra?
“Trovare il mio posto qui a Mozzanica, sapendo che non sarà facile perché davanti ho delle Giocatrici con la G maiuscola: Daniela, Elisa, Andrea, ragazze che per me erano degli idoli. In serie A alla fine non è che ho fatto così tante presenze e quindi ho bisogno di trovare fiducia, soprattutto in me stessa, continuità e dare il mio contributo alla squadra.”

E dopo il calcio?
“Restare nello mondo dello sport, magari lavorando con i bambini. La laurea che ho conseguito in America corrisponde alla nostra “scienze motorie”. In Italia ci sono molte scuole americane e quindi magari inserirsi in quei contesti, se possibile non restando dietro ad una scrivania…”

Credit Photo: https://www.asdmozzanica.eu/