Che Betty Vignotto abbia fatto la storia del calcio femminile italiano, lo si sa già da un pezzo. Ma adesso il suo nome ha ricevuto una consacrazione ufficiale, con la chiamata a far parte della “Hall of fame del calcio italiano”, il riconoscimento istituito nel 2011 dalla FIGC e dalla Fondazione Museo del Calcio per celebrare giocatori, allenatori, arbitri e dirigenti che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del nostro calcio. Insieme a lei, quest’anno, figurano calciatori del calibro di Alessandro Del Piero e Ruud Gullit.

In attesa della cerimonia di premiazione (in primavera), abbiamo chiesto a Betty Vignotto di raccontarci il suo mondo: dagli esordi, quando il calcio femminile non faceva capo alla FIGC, agli anni con la Nazionale, fino ad oggi, con la presidenza del Sassuolo Femminile. Con uno sguardo al futuro: la qualificazione azzurra al Mondiale di Francia? Io ci credo, spiega Betty Vignotto, “ma dobbiamo essere tutti bravi, compresi i media, a stare vicino alla Nazionale”. 

E’ appena entrata a far parte della “Hall of fame del calcio italiano”: come ha ricevuto la notizia?
Una telefonata per anticiparmi la notizia,  inaspettata ma ovviamente molto gratificante.  Essere dopo tanti anni di inattività agonistica di fianco a campioni riconosciuti da tutto il mondo sportivo ed essere rappresentante di un movimento da sempre  considerato anche meno che di nicchia, non può che inorgoglirmi, ma sento di dover condividere questo sentimento con  tutte le giocatrici che in tanti anni hanno condiviso con me la loro passione.

Sa già qual è il “cimelio” simbolico che lascerà al Museo del Calcio di Coverciano?Ci sto pensando… non sono mai stata molto gelosa delle mie maglie anzi ho sempre preferito donare quanto mi veniva chiesto. Un furto subito qualche anno fa mi ha privato inoltre di importanti ricordi  sportivi.  Spero di trovare ancora qualcosa che mi rappresenti soprattutto per le giovani che spero avranno l’opportunità di visitare la Hall.

Dopo Carolina Morace, Patrizia Panico e Melania Gabbiadini è arrivato il suo turno: secondo lei, chi dovrebbe essere la prossima donna del calcio a ottenere questo riconoscimento?
Difficile fare nomi, chiaro che se penso ai miei 20 anni di Nazionale ho ricordi ancora vividi di tante ragazze (di allora) che hanno rappresentato un punto di riferimento nelle loro società e nel movimento.

Parliamo di lei e della sua lunghissima storia nel mondo del calcio: quando Gianfranco Bedin la notò e la portò a giocare in una squadra femminile a Milano, come fu vissuta quest’opportunità dalla sua famiglia e da chi la conosceva?
Fu una cosa accolta in modo naturale e supportata da tutta la mia famiglia e anche dagli amici senza troppi MA o PERCHÉ. Penso che forse avendomi sempre visto giocare divertendomi, anche contro i ragazzini, avranno pensato che fosse una parte di me che trovava il suo cammino…

Lei ha iniziato a giocare quando ancora il calcio femminile in Italia faceva capo a un federazione autonoma da quella maschile: come sono cambiate le cose da allora, con l’accorpamento alla F.I.G.C. e negli anni successivi, fino ad oggi?
Ho vissuto anni in cui con la federazione autonoma giravamo il mondo e portavamo le nostre conoscenze, il nostro ‘made in Italy’ calcistico e non solo (ad esempio indossavamo divise di aziende italiane) in paesi considerati a quel tempo lontanissimi e spesso chiusi.  Ricordo la Cina e il Giappone su tutti: facevamo da formatrici per le ragazze di quei paesi neofiti di calcio e non solo femminile. Vedere cosa sia successo in questo arco di tempo sostituisce di fatto le mie possibili parole di risposta, con il Giappone campione del mondo (nel recente) e poco prima la Cina, sempre fra le migliori nazioni del mondo.

Lei è stata a lungo presidente della Reggiana e nel 2016 si è giunti all’affiliazione con il Sassuolo: il futuro del calcio femminile passa attraverso i club maschili?
Tra noi giocatrici da sempre si diceva che questa poteva essere l’unica chiave di apertura del mondo femminile nell’enclave del calcio (maschile) con conseguente visibilità e crescita. La mia esperienza di convergenza  con il Sassuolo mi ha mostrato un mondo completamente nuovo, finalmente aperto e ricco di idee.  Posso solo ringraziarli di questa opportunità perché dà speranza al movimento, al futuro delle giovani che si approcciano a questo mondo.  I primi risultati credo siano più che confortanti, ora occorre ovviamente dare continuità e riuscire a tenere la ‘barra dritta’ su questo obiettivo.

Con la Nazionale maschile fuori dai Mondiali, c’è più spazio e più attenzione per le azzurre di Milena Bertolini: crede che quest’Italia sia finalmente preparata a superare le qualificazioni, obiettivo che manca dal 1999?
Il mio cuore batte sempre per la Nazionale che ho rappresentato anche come capitana e sempre ho nutrito la speranza che potessimo ben figurare in ogni manifestazione, senza alcun pregiudizio nei confronti della stessa. Conosco bene Milena alla quale ho affidato per anni la guida tecnica della Reggiana, è tecnico di constatata credibilità professionale e di esperienza di questo mondo. Ora che molte cose sono cambiate, credo che sia la persona giusta e potrà portare un grosso valore aggiunto.  Il passaggio di qualificazione? IO CI CREDO come mi auguro sia il convincimento di tutte le componenti tecniche e politiche di questo mondo sportivo. Dovremo essere tutti bravi, compreso i media, a stare vicino alla Nazionale senza stressare troppo l’ambiente per cercare inutili rivalse o compensazioni di cose che sono passate… guardiamo avanti. Anche perché ben si sa che, alla fine,  è solo il campo che esprime il verdetto.

Un grande ringraziamento per la disponibilità e cortesia a Betty Vignotto.

Chiara Martinoli
Sono nata a Milano l’11 aprile 1993. Appassionata di calcio fin da quando era bambina, a 11 anni inizia a giocare nell’Atletico Milano e ci rimane a lungo. Abbandonata poi quest’esperienza si dedica alle altre sue passioni, la letteratura e il giornalismo. Dopo la laurea in Lettere e la collaborazione con diverse testate, ha deciso di far ritorno (da una prospettiva diversa) a quel mondo in cui ha lasciato un pezzo di cuore: il calcio femminile.