Giunta al capolinea l’avventura sportiva della Bocconi Milano.
Il presidente Francesco Bulleri ha raccontato le motivazioni che hanno condotto allo stop.
TANTE CHIACCHIERE, POCHI FATTI
“Con dispiacere abbiamo abbandonato il calcio femminile, settore in cui per 17 anni abbiamo al fuori di ogni dubbio sempre creduto, ma in questi anni abbiamo avuto sempre la speranza che le cose al suo interno potessero cambiare, invece continuiamo a vedere dei tira e molla e continui cambiamenti, mai costanza, continuità, credibilità e pianificazione – ha spiegato l’ormai ex patron a Calcio Femminile Italiano –. Tante e troppe le promesse. Abbiamo resistito per tanto tempo ma non abbiamo notato e ne intravisto, anche in maniera lungimirante, nessuno sbocco. L’affiliazione ai club pro maschili ? Semplicemente l’inizio della fine per coloro che per anni hanno portato avanti il movimento e grazie a loro oggi in Italia storto o morto si può ancora parlare di calcio femminile”.
IMPREPARATI CULTURALMENTE
L’interruzzione dell’attività non deriva da logiche di business: “Non sono fattori economici che ci hanno portato a questa decisione ma, chiaramente come espresso già a Roma il 27/6 scorso ed in altre sedi, le motivazioni sono da ricercare in una totale assenza anche solo di previsione di una svolta soprattutto in ambito culturale in questo settore, unita ad una assenza di immagine e di organizzazione questi ultimi due concetti però degni di tali definizioni – puntualizza Bulleri –. La colpa per carità non è solo delle Federazione, della Lega e del Settore Giovanile Scolastico ma è anche dei club, soprattutto quelli che sanno ben a chiacchiere fare fuoco e fiamme tramite lettere, email, comunicati e chat e poi a Roma davanti alla Federazione si presentano come agnellini mansueti e YES MAN/WOMAN”.
ECCESSIVA RASSEGNAZIONE
Dito puntato contro le stesse giocatrici. “C’è da dire anche che in questo settore pure le atlete ci mettono del loro e non poco per rallentare la crescita. Parliamoci chiaro quante di loro vogliono davvero fare il salto culturale? Per farlo il prezzo è alto, lo sanno e forse perciò piace, seppur lamentandosi, vivacchiare. Per di più ci sono atlete che, per fortuna non tutte, sono anche “mal aiutate” (non so se per errore o per dolo ??) da chi le dovrebbe tutelare”.