Nei giorni scorsi vi abbiamo raccontato di “Storie di calcio femminile. Napoli e Pomigliano: dal dilettantismo al professionismo“, un libro che raccontava le storie del Pomigliano e del Napoli Femminile e a farlo sono stati Teresa Maddalo e Domenico La Marca. Ebbene, la nostra Redazione è riuscita a raggiungere i due autori dove hanno accettato di rispondere alle nostre domande.

Teresa e Domenico presentatevi ai nostri lettori.
«Da diversi anni, ormai quasi un decennio, ci occupiamo di giornalismo sportivo, in particolar modo di calcio. Abbiamo realizzato diversi programmi radiofonici e televisivi e abbiamo avuto il piacere di intervistare tanti protagonisti di questo sport. Al calcio femminile ci siamo avvicinati più recentemente, soprattutto durante la pandemia, quando abbiamo avuto l’opportunità di ospitare nelle dirette Instagram di “Taca La Marca”, il programma Radio TV di allora, numerose calciatrici di Serie A e della serie cadetta. Il calcio femminile è stata una scoperta bellissima; tutti i giornalisti, soprattutto coloro che si dedicano al maschile, dovrebbero aprire i propri orizzonti in tal senso».

In che modo avete deciso di scrivere un libro in cui si parla di Napoli Femminile e Pomigliano?
«È stata una scelta conseguente all’esperienza citata delle dirette: volevamo saperne di più su queste due squadre a noi territorialmente vicine e le notizie trovate erano poche, seppur puntuali e pregevolmente riportate. Grazie alla collaborazione, preziosissima, di Italo Palmieri, già dirigente del Napoli, e delle aree comunicazione delle due società, abbiamo potuto reperire il necessario per mettere insieme questo libro… è stato un percorso naturale».

Che percezione avete notato una volta pubblicato il libro?
«Abbiamo notato e “sentito” tutta la gioia e l’emozione di molte delle protagoniste, le quali forse non si erano ancora rese conto di quanto avessero “dato” al calcio e al movimento, di come avessero spianato la strada per chi sarebbe arrivata dopo».

Tra i numerosi capitoli che avete scritto c’è uno che vi ha suscitato più emozioni?
«Difficile sceglierne uno, lo diciamo senza piaggeria, sono veramente tutte storie meritevoli di essere lette, non dimenticando i limiti della carta che avrebbe dovuto contarne un’infinità, considerati tutti i tacchetti che sono passati su quei campi. Sicuramente Valentina Esposito ed Emanuela Schioppo sono per noi due riferimenti importanti, due storie che rappresentano lo spirito di entrambe le squadre e, per certi versi, anche di tante calciatrici, sono il filo diretto tra passato e presente, incarnano benissimo quell’amore per la maglia che prescinde dal gioco e dai risultati».

Quanto è fondamentale, dal vostro punto di vista, per il movimento avere questo libro?
«La premessa è che siamo e saremo sempre estimatori del successo “naturale”, veritiero, di un contenuto editoriale, che si tratti di un libro o di una trasmissione radiofonica. Possiamo solo dire che da parte di tante calciatrici e di addetti ai lavori abbiamo ricevuto attestati di stima impensabili. Questo ci ha fatto capire che un libro del genere, evidentemente, serviva. Fosse anche una sola calciatrice a sentirsi rappresentata e a ritrovarsi nel racconto di queste vite e di questi sentimenti, ne saremmo comunque felici».

Parlando un po’ di calcio giocato, quest’anno Pomigliano e Napoli Femminile stanno faticando e non poco in Serie A. Cosa non sta andando, sino a questo momento, nella stagione di queste due squadre?
«Nel calcio a parlare è sempre e solo il campo ed i risultati della prima fase del campionato, come hai detto giustamente, hanno rivelato tutta la “fatica” impiegata da queste due squadre per restare aggrappate alla dimensione Serie A. È importante sottolineare come la massima serie, per squadre che non hanno il supporto maschile, risulti ancora più difficile da affrontare. Senza voler giustificare le ingenuità evitabili di inizio anno, dobbiamo dare atto al Napoli di Biagio Seno di aver cambiato atteggiamento nelle ultime gare e questo pareggio con il Como è un segnale eloquente della modifica di rotta. Le azzurre lotteranno su ogni palla, da qui sino all’ultimo minuto dell’ultima gara, ne siamo certi. Discorso diverso per il Pomigliano, i cui tratti distintivi sono sempre stati resistenza e mindset, quindi dobbiamo capire quanto e come influirà ora questa brutta sconfitta con le blucerchiate sulla mente delle Pantere, ma ormai per esperienza, nel libro lo facciamo capire, vi invitiamo a non dare mai per scontato il Pomigliano. Da qui alla fine davvero tutto può succedere».

Secondo voi il calcio femminile nel Sud Italia sta avendo la crescita giusta oppure deve ancora fare qualche passo in più?
«Una piccola crescita sicuramente c’è e la presenza in A di queste due squadre, seppur presenza “ad orologeria”, è indicativa dello sforzo che nelle nostre zone si vuole compiere. Molte bambine ora si iscrivono a scuola calcio: sono poche rispetto ad altre zone d’Italia, ma sono un miracolo rispetto a quelle che ai tempi della nostra infanzia non riuscivano proprio a farlo. Quanto fatto da Napoli e Pomigliano deve essere da esempio: è vero, è ancora una lotta Davide contro Golia, ma non è detto che nel percorso Davide non possa prendersi le sue soddisfazioni».

Il professionismo sta aiutando o no il movimento pallonaro in rosa?
«Il professionismo è oggi la base da cui partire, è la dignità a cui hanno aspirato tante persone per troppi anni. Sarebbe stato inconcepibile non compiere questo passo, quindi è un vero “minimo sindacale” per mantenere in vita la passione e l’impegno di tante ragazze. Oltre al rispetto del trattamento economico, che dà sicuramente un aiuto, come lo stanno fornendo marketing e partnership su cui la Federazione sta lavorando benissimo, a dare una svolta possono essere però soltanto  strutture e mezzi veramente adeguati. Le calciatrici e le aspiranti tali hanno il diritto di giocare in sicurezza, in campi che si avvicinino almeno un minimo agli standard europei e invoglino l’affluenza del pubblico. Questo discorso riguarda anche il privilegiato calcio maschile: salvo casi noti, sulle strutture siamo ancora troppo indietro rispetto al resto d’Europa e restiamo ancora bloccati ai proclami».

Che sogni vorreste realizzare nei prossimi anni?
«Siamo ancora fermi al presente e ai desideri legati a questo piccolo, per noi, grande libro: ci piacerebbe proporne una lettura alle nuove generazioni, sarebbe bellissimo veder trasmessa la passione di queste calciatrici ai più piccoli attraverso le parole. Per il futuro speriamo di poter scrivere nuove storie e raccontarne altre nei programmi radiofonici e televisivi che sono un grande divertimento, se fatti con le persone giuste. A proposito di passato e futuro, ci teniamo a ringraziare Te, Elia, tutta la redazione d Calcio Femminile Italiano e tutti coloro che ci sono stati ben prima di noi, che hanno raccontato questo sport quando ancora era nella sua ingiusta “riserva”. Senza il passato il futuro non esiste e il senso di questo libro è proprio questo. I passi sul campo sono stati compiuti, le emozioni sono state vissute, a prescindere dai risultati».

La Redazione di Calcio Femminile Italiano ringrazia Teresa Maddalo e Domenico La Marca per la disponibilità.

Elia Soregaroli
Nato il 12 luglio del 1988 a Cremona, Elia ha sempre avuto una grande passione per il mondo del giornalismo, in particolar modo a quello sportivo. Ha tre esperienze lavorative in questo settore, IamCalcio, ManerbioWeek e BresciaOggi, un workshop con l'emittente televisiva Sportitalia, e uno stage curricolare con il Giornale di Brescia. Si avvicina al calcio femminile nel 2013 grazie ai risultati e al percorso del Brescia CF e da allora ha cominciato ad occuparsi anche del movimento in rosa.