Uno splendido sorriso, tanto smagliante e somigliante, unisce Michela Giordano a mamma Mariuccia: è quello stesso sorriso che il padre di Michela cerca di non perdere mai sebbene abbia prematuramente smarrito la sua lucente metà, una Donna capace di prendere la vita con forza, affrontandola con il sorriso. Era lei a dare forza a chi non riusciva a reagire di fronte alle difficoltà, era lei a infondere sorriso e luce a chi vedeva tutto buio, anche nei suoi momenti più duri, quando ad avere bisogno di forza e sorriso avrebbe potuto essere lei.
La cuneese Michela Giordano, classe 2002, è l’imperatrice della fascia destra che non molla mai. Considerarla un terzino è riduttivo perché nell’arco dei 90 minuti copre tutto il campo nella sua lunghezza, coast to coast: atleticamente aggredisce il terreno di gioco per dare il proprio contributo in un’azione d’attacco, andare in copertura nella fase difensiva o arrivare per prima sui palloni vaganti.
Si disimpegna del pallone principalmente col piede destro, ma all’occorrenza usa anche il sinistro sia in impostazione del gioco che nella sua conclusione, come nel caso della sua prima rete messa a segno nella massima serie con un bel tiro rasoterra, piazzato all’angolino, dal limite dell’area.
Attenta nel posizionamento difensivo, calcola bene i tempi di un’intervento per intercettare il pallone o affrontare le avversarie nell’una contro una, anche in duello aereo, senza lasciare troppo scoperto il reparto. Dopo un contrasto infatti, riprende immediatamente la corsa ad alti ritmi per non lasciarsi sfuggire la marcatura, rientrare in posizione o dare supporto alle compagne nel prosieguo della manovra.
Quando ha campo di fronte a sé, sfrutta le accelerazioni a palla al piede per trasformare, nello spazio di pochi istanti con velocità di passo, controllo del pallone e forza fisica, l’azione da difensiva in offensiva ed incrementare la pressione nei pressi della porta avversaria, fino a servire interessanti assist sui movimenti delle centravanti e creare opportunità da rete.
 
Le dita di Michela in alto verso il cielo sono molto più di una dedica: rappresentano quella chiamata che mamma Mariuccia chiedeva sempre a sua figlia al termine di ogni partita, un punto di incontro e un affettuoso scambio di doni tra l’anima di chi ha dato alla luce la propria bambina, ed ora la protegge dall’alto, e l’emozione indescrivibile di chi ha segnato la sua prima rete in Serie A e porta l’anno di nascita della propria madre come numero di maglia.
“C’era una volta” non può essere l’incipit di tutte le favole perché presuppone che ci sia un, seppur lieto, fine. Il sorriso di Mariuccia è quella favola che non non potrà mai finire perché continuerà a splendere sul tuo viso e negli occhi di tuo padre, Michela, illuminando ogni vostro nuovo giorno come se lei fosse, e in fondo lo è, ancora insieme a voi. Quel pensiero, pensiero bellissimo che le rivolgete ogni giorno, non rimarrà sfuggente: curandolo quotidianamente diventerà sempre più concreto e definito fino a perdere quella fievole astrattezza che per definizione lo caratterizza.
Spesso le emozioni prendono forma con un sorriso, ma quando a sua volta quel sorriso si emoziona, prende la forma di ciò che più desideriamo o che più ci manca. Ergo, hai il sorriso di tua madre…