«In questo momento in Italia non c’è la concreta volontà di far decollare il calcio femminile».
È questa la conclusione amara di Milena Bertolini, tecnico del Brescia calcio femminile campione d’Italia, che ha partecipato mercoledì sera alla rassegna “Il giardino degli incontri – Percorsi di vita e di arte” a Gradisca d’Isonzo. L’allenatrice ha commentato assieme a Margherita Reguitti i contenuti del libro “Giocare con le tette” (di anonimo/a), che è la storia al femminile del calcio, che affronta tutte le discriminazioni affrontate dalle calciatrici dal dopoguerra a oggi.

«Negli ultimi 40 anni non sono stati fatti passi avanti – ha spiegato Bertolini –, è un problema culturale, perché il calcio è ancora considerato un mondo maschile e le donne che vi entrano violano un territorio. Devono avere qualcosa di sbagliato e quindi essere uomini mancati. E da qui gli insulti, da Belloli e Tavecchio in giù».

«La Federcalcio ha cercato di fare qualcosa – ha aggiunto l’allenatrice –, ha creato una commissione per il calcio femminile e quindi un comitato esecutivo, che però è composto solo da uomini. Donne ai vertici della Figc non esistono. La visione generale è che le donne che fanno calcio non siano atlete, ma corpi da guardare, come le ballerine. Tanto che mi sono arrabbiata molto quando le istituzioni calcistiche hanno promosso la partecipazione della Novellino a miss Italia». Ciò che manca, secondo l’allenatrice del Brescia, è prima di tutto una legge che permetta alle donne di essere professioniste, che al momento non esiste. «Il professionismo c’è solo per gli uomini e la politica in questo senso dovrebbe dare una mano – ha aggiunto –. Le ragazze fanno quello che possono per aiutare il movimento, hanno scioperato per la prima volta per farsi ascoltare e ottenere qualcosa dalla federazione. Possono continuare a essere d’esempio giocando, ma chi dovrebbe intervenire è il mondo politico è quello dei dirigenti, che oggi non hanno coraggio di portare cambiamenti all’interno del sistema. E poi un altro aspetto importantissimo è l’educazione, che sposi la progettualità all’interno delle scuole. Le società professionistiche? Quest’anno l’obbligo dell’anno scorso di costruire nel tempo in serie A, B e Lega Pro un settore giovanile
in rosa ha già mutato i parametri ritarati su collaborazioni con altre società. Solamente alcuni club come la Fiorentina, o quelli gestiti da proprietari stranieri come la Roma o l’Inter, credono nel calcio femminile. E guarda caso proprio dove la mentalità è diversa da quella tipica italiana».