Credit: AIA
A volte un progetto scolastico può cambiare il corso delle cose. Lo sa bene Rea Silvia D’Apice, studentessa della classe 3ªS del Liceo Scientifico Sportivo “Benedetto Rosetti” di San Benedetto del Tronto, che grazie al progetto “Capolavoro” – uno dei Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (PCTO) – ha scoperto il mondo dell’arbitraggio calcistico e oggi è un giovane arbitro della Sezione AIA sambenedettese.
All’inizio cercavo solo un’attività extracurricolare per i crediti – racconta Rea Silvia – Non volevo fare qualcosa di troppo “classico”. Quando ho visto il corso di arbitraggio mi ha incuriosita anche se, lo ammetto, ero un po’ scettica“. La curiosità ha presto lasciato spazio alla passione. Dopo qualche esitazione, Rea Silvia ha deciso di iscriversi. Non sapeva ancora che quella scelta le avrebbe cambiato prospettiva: “Se non l’avessi fatto, oggi posso dire con certezza che avrei commesso un grande errore“.

“Capolavoro” e il fischietto: Rea Silvia D’Apice racconta la sua scoperta dell’arbitraggio grazie all’AIA

Il progetto Capolavoro l’ha introdotta nel mondo dell’AIA, in un ambiente che non solo le ha insegnato regole e tecnica, ma l’ha fatta sentire subito accolta e parte di una comunità. “La Sezione di San Benedetto del Tronto mi ha fatto sentire all’altezza. Il mio designatore, Stefano D’Angelo, ha creduto in me e mi ha guidata passo dopo passo. Anche i miei colleghi, alla prima esperienza come me, sono stati fondamentali: ci siamo supportati a vicenda“.

Durante la sua prima Stagione, Rea Silvia ha arbitrato quattro gare. L’emozione non è mai mancata: ansia, agitazione, ma anche adrenalina e determinazione. “Alla mia terza partita ho estratto il primo cartellino. Era una delle mie paure più grandi. Ma in quel momento ho capito che ne ero capace. Che potevo gestire la responsabilità. E lì è cambiato tutto“. Il percorso nell’AIA le ha lasciato molto più di una semplice esperienza sportiva. Ha inciso profondamente sulla sua crescita personale. “L’arbitraggio ti costringe a prendere decisioni rapide, a mantenere la calma, a non indietreggiare. Ti insegna a credere in te stessa, ad affrontare il giudizio, anche le critiche, e a non farti travolgere. È così che impari a stare al mondo“.

Rea Silvia parla con grande maturità, consapevole che questo ruolo richiede molto più del semplice rispetto del Regolamento. Essere arbitro significa imparare ad ascoltare, decidere, mediare, reagire con lucidità anche nei momenti più tesi. “Anche se dai il massimo, qualcuno avrà sempre qualcosa da ridire. E allora devi contare su te stessa. Ogni fischio è una scelta. E ogni scelta ti costruisce. Sono entrata pensando fosse solo un’attività extra. Ora sento di aver trovato qualcosa che fa parte di me“.

Con “Capolavoro”, l’AIA si conferma luogo di formazione e appartenenza per tanti giovani che, come Rea Silvia, cercano un’opportunità diversa e autentica. Il progetto ha saputo unire scuola e passione, responsabilità e crescita, lasciando un segno indelebile. “Siamo orgogliosi di vedere giovani come Rea Silvia intraprendere questo percorso con impegno e passione» – ha dichiarato Stefano Allievi, Presidente della Sezione sambenedettese – «Il progetto Capolavoro ha dimostrato ancora una volta quanto l’arbitraggio possa essere una scuola di vita. Rea Silvia è l’esempio concreto di quanto l’AIA possa incidere positivamente nel percorso umano e sportivo dei ragazzi“.