Il Cesena Femminile ha esordito in campionato con una vittoria. A guidare le ragazze è nuovamente Roberto Rossi, che ha dato inizio alla sua seconda parentesi in carriera da tecnico delle bianconere. Dopo qualche anno distante dalla squadra, Rossi è tornato a Cesena deciso a dare inizio a un percorso che possa seguire il suo ideale di una squadra unita dentro e fuori dal campo.
La Redazione di Calcio Femminile Italiano ha avuto la grande opportunità di chiacchierare a lungo con lui per poter parlare della sua passione, ovvero il calcio, nella squadra in cui ha creduto fin dall’inizio.
L’avvicinamento del tecnico al calcio femminile è scoccato dalla scintilla del Mondiale femminile e poi, dal vivo, da una partita di Coppa Italia: «Avevo visto in estate i Mondiali femminili e mi sono avvicinato al calcio femminile in una partita di Coppa Italia, Cesena-Juventus, dove ho visto quest’ambiente dove c’era partecipazione, ma a differenza del maschile c’era un tifo molto contenuto, rispettoso, e mi sembrava di vedere il calcio di quando ero giovane, senza tarte furberie, malizie, molto genuino. Questa è la cosa che mi ha fatto appassionare. Col Presidente, con Elvio Sanna, con la moglie del Presidente abbiamo fatto delle chiacchierate esplorative per capire se ci fossero le condizioni per sviluppare il progetto a Cesena. Non mi interessava avere la panchina, mi interessava partire e l’abbiamo fatto con un calcio nettamente diverso da quello che c’è adesso, con ogni volta la possibilità di crescere», a convincere Rossi a buttarsi a capofitto in un progetto al femminile è stato l’ambiente che circondava le squadre coinvolte nel primo match che ha avuto modo di vedere in prima persona, ben lontano dal contorno spesso ricco di dissapori del mondo maschile.
«Un pochettino alla volta si sta avvicinando al maschile, ma ci sono ancora delle distanze siderali. Questo è un aspetto che è rimasto. C’è competizione, però è tutto molto più genuino con meno proteste, meno “stress ambientale”: qui se perdi una partita non devi uscire in mezzo alla tifoseria arrabbiata, fai la tua partita, ti impegni al massimo, come è giusto fare, poi è finita», ha poi aggiunto a tal proposito: un ambiente bello, stimolante e ricco di lati positivi.
Nel corso degli anni, Rossi ha allenato sia formazioni del maschile, sia il Cesena femminile, e ha perciò toccato con mano che cosa significa allenare in un mondo e nell’altro, benché lo sport sia esattamente lo stesso. In particolare, essere un allenatore è un mestiere che «è sempre dispendioso a livello energetico. Se fai l’allenatore è difficile che tu non riesca a farlo full-time, ci sono tanti aspetti che ti coinvolgono, sei sempre lì a pensare, è difficile non essere assorbiti, però il contorno esterno nel femminile è ancora moderato.»
A detta del tecnico, le distanze tra il calcio maschile e quello femminile a livello ideologico e di percezione possono essere colmate, purché il lavoro parta fin dal basso, dalle bambine e dai bambini, in un ambiente dove il pregiudizio non esiste. Spesso, oltretutto, l’ostacolo sono le stesse famiglie, ancora fossilizzate su una concezione di “calcio che si può collocare solo nel mondo maschile”: «Credo si debba fare un discorso su quello che è il sociale in Italia in generale: a livello teorico parliamo di parità, però in realtà sul lato pratico non è davvero così. C’è un grande lavoro da fare ancora, bisogna partire dalle scuole: in molte famiglie si dice ancora che qualcosa non va bene perché sei un maschio e viceversa, queste cose si devono vincere. Credo che altri paesi siano più avanti di noi sotto quest’aspetto, alla fine è sempre calcio, però da noi c’è ancora una sottovalutazione del calcio femminile dovuta a questi aspetti culturali.»
In ogni caso, nonostante le disparità siano ancora piuttosto lapalissiane, il tecnico ritiene che il percorso verso la parità, seppur a passo di lumaca, stia proseguendo per il meglio: «Sicuramente è stato fatto un percorso rispetto a com’era vista la posizione femminile cinquant’anni fa, però ancora non siamo, proprio a livello di mentalità, vicini alla meta. Ho due figlie, in casa tra mia moglie e le figlie abbiamo affrontato parecchie volte questi argomenti. Ci vuole apertura, veniamo da una società che ha ancora dei grossi tratti maschilisti al suo interno, ci sono tanti muri da buttar giù. Purtroppo questa mentalità è un po’ radicata, ci vuole del tempo e si deve intervenire fin dalle basi.»
Per quale motivo Roberto Rossi ha deciso di fare ritorno a Cesena?
La Società ha fatto grandissimi passi avanti negli anni e un aspetto che ha portato l’attuale allenatore del Cavalluccio a rilanciarsi per una seconda volta con la stessa squadra sono le condizioni con cui le ragazze si allenano, che sono un grande motivo di vanto e si avvicinano sempre di più al professionismo, mentre all’inizio le condizioni erano difficili sia per chi allenava, sia per le ragazze, spesso impegnate anche sul fronte lavorativo: «Ho deciso di rientrare perché sono cambiate un po’ di condizioni rispetto a quando ho concluso la mia prima parte. Ci allenavamo alla sera nonostante avessimo fatto molti progressi e il livello si fosse alzato di molto non bastava. In Serie A stanno arrivando molte calciatrici straniere, tante calciatrici che avrebbero potuto provare la Serie A rimangono in Serie B perché i posti in Serie A sono ridotti, e questo alza il livello qualitativo, perciò devi allenarti nel modo più professionale possibile. Da quest’anno abbiamo deciso di fare gli allenamenti al mattino in un centro sportivo molto attrezzato a livello di campi che ti offre la possibilità di allenarti in modo professionale. Facendolo al mattino puoi avere tutto il tempo che ti serve, allenarsi alla sera è tutto una corsa, in inverno ti esponi a un alto rischio di infortuni. Adesso ci sono delle condizioni per cui alleno come facevo alla Lazio in Serie A, con i tempi giusti, nel posto giusto. La Società ha sposato questo progetto di lavorare con i settori giovanili anche di altre squadre, l’idea che avevamo sposato all’inizio con Elvio. So che posso allenare con delle persone nello staff che possono lavorare con me e possiamo fare il calcio che ci piace: al mattino puoi fare le cose come si fanno nel calcio professionistico. Anche se è full-time, hai le energie per poterlo fare. L’allenamento di sera riduceva la qualità, perché molte ragazze lavoravano, adesso tutte cercano di fare calcio come loro attività primaria e per noi è importante per riuscire a lavorare nel modo corretto: magari hai lavorato tutto il giorno e rischio di fare un danno, se ti faccio un carico di allenamento che va bene per un’atleta che va a dormire e mangia all’ora giusta. Quando ho iniziato ad allenare c’erano molte squadre in quella condizione, adesso cominciano ad allenarsi in modo sempre più professionale e rischi di non stare al livello.»
Rossi non si prefigge obiettivi, li delinea con il passare delle partite andando verso il cuore della stagione. A parer suo, ciò che conta è infatti desiderare di migliorarsi e affrontare ogni match con la stessa grinta e lo stesso spirito, dando sempre il massimo. A contare maggiormente, ancor più del risultato e dei punti in classifica, è il lavoro quotidiano: «Molti gli obiettivi li dichiarano prima, secondo me invece possono sorgere nel corso della stagione. Ho sempre cercato di impostare una mentalità diversa dove la cosa più importante è cercare di arrivare a tutte le partite e a tutti gli allenamenti con la voglia di potersi migliorare. Gli obiettivi arrivano da soli a ricaduta, quelli che ti sei guadagnato tu con il lavoro e gli allenamenti in campo. Non mi è mai capitato di vincere una partita prima di giocarla, e sono tutte partite difficili, se non affronti la partita con la mentalità giusta perdi anche con una squadra inferiore a te. Se nell’arco di tutto il campionato sei sempre abituato a dare il massimo e a cercare di andare sempre oltre, allora le partite diventano un fatto a cui sei più allenato, sei allenato ad affrontare le difficoltà che si presentano e magari è più facile riuscire a ottenere dei risultati che sommati ti porteranno a un obiettivo. Noi abbiamo fatto un investimento sul lavoro che andiamo a fare, abbiamo una squadra con ragazze mediamente giovani che hanno delle buone qualità e sono venute a Cesena per mettersi alla prova e cercare di migliorarsi. Uno dei nostri obiettivi è vedere che qualcuna di queste ragazze il prossimo anno a giocare in Serie A: vorrebbe dire che abbiamo lavorato bene.»
Il cuore del lavoro che si prefissati di fare il Cesena sta nel gruppo delle ragazze che viene a formarsi di anno in anno, perché non sono undici calciatrici fortissime a dare vita a una squadra, bensì undici calciatrici che scendono in campo e si capiscono con un semplice sguardo perché sono in fiducia e in un ambiente sano che crede in loro: «Cerchiamo di lavorare al meglio possibile, ma sappiamo che non basta: ci devono essere delle sinergie, delle alchimie, e stiamo cercando di capirci, aiutarci e integrarci. Se tu prendi undici giocatrici molto forti, può anche darsi che quella non diventi una squadra, perché una squadra funzioni bene l’una si deve incastrare con l’altra, le qualità si devono abbinare, e ci vuole la volontà di riuscire. Cerchiamo di creare un ambiente sereno, di lavorare con grande impegno e cercando di sostenerci. Se sei in un ambiente dove senti attorno a te la fiducia in cui sai che l’errore è un processo di crescita sicuramente le qualità che hai riesci a metterlo in campo, ma non è facile. L’individualità, in un gruppo che funziona bene, viene esaltata. Abbiamo cercato delle ragazze che, almeno sulla carta, potessero trovarsi bene tra di loro.»
«Genuinità, passione, sacrificio. La passione perché giocare a calcio, per tutti i motivi di cui abbiamo parlato, non era e non è facilissimo per le ragazze, che devono fare dei sacrifici: le ragazze che abbiamo noi sono tutte lontane da casa, è anche un’esperienza di vita. Abbiamo la possibilità di allenarci a livello professionistico come orari e strutture, però la Serie B è dilettanti, le ragazze hanno una sorta di rimborso spese. Bisogna fare anche dei sacrifici quando si gioca: ci sono degli ostacoli da superare, e quindi devi avere tanta passione per poterlo fare», queste le tre parole che Mister Rossi sceglierebbe per descrivere la sua idea di calcio e che ritrova sul campo con le sue ragazze, che sono accolte come se fossero in famiglia. Anche il valore affettivo, in questo senso, è centrale, un valore che molto spesso non si ritrova nella controparte maschile: «La team manager alle ragazze si affeziona come se fosse una mamma, il maschile è più professionale, qui ci sono ancora dei valori affettivi, che sono importanti. Il Presidente e la Presidentessa vengono dal calcio femminile degli anni ’90, dove il calcio era poco più che sociale. Mi era capitato solo una volta nel maschile di trovare quei valori, che andavano incontro allo sport.»
Il messaggio che vuole trasmettere alle bambine che si sentono titubanti perché in un contesto dove la passione verso questo sport è ritenuta “strana”, è quello di «riuscire a trovare il coraggio di andare avanti, di fare quello che in quel momento è la loro passione. Molte ragazze hanno dovuto anche superare degli ostacoli familiari per riuscire a fare calcio, sono state perseveranti e sono arrivate dove sono, quindi direi loro di perseverare per arrivare al loro sogno. Ognuno deve cercare di portare un piccolo contributo.»
«Il calcio femminile va visto con le differenze che ci sono, dal punto di vista della forza le differenze ci sono, ma ci sono delle compensazioni su altri parametri di valore che molte volte te lo fanno apprezzare anche di più del maschile. Anche dal punto di vista estetico molte volte il calcio femminile è più elegante di quello maschile: sei meno veloce e meno forte, ma c’è un’armonia nei movimenti che nel maschile non si trova. Ci sono molti aspetti da apprezzare, dal punto di vista tecnico sta facendo dei passi avanti importanti. Le ragazze cominciano ad arrivare con un percorso alle spalle», ha concluso l’allenatore. Le differenze fisiche tra uomo e donna ci sono, ma non devono essere viste come un limite: la forza del calcio femminile sta proprio nel proseguire per la sua strada verso la perfezione tecnica e il costante miglioramento.
Si ringrazia moltissimo Mister Roberto Rossi per la disponibilità, il tempo e la lunga e arricchente chiacchierata.






