Photo Credit: Ilaria Cocino

Riozzese, Tavagnacco, Verona Women, Fiorentina, Atlético Madrid, Inter, Ternana, Freedom: otto destinazioni, otto capitoli della carriera calcistica di una giocatrice, Tatiana Bonetti, che non necessita di preamboli astronomici, perché è sempre stata la sua presenza in campo a presentare lei.
La Redazione di Calcio Femminile Italiano ha avuto l’opportunità di parlare a tu per tu con Tatiana Bonetti e di porle alcune domande in esclusiva.

«Ho deciso di venir qui per dare un contributo a questa squadra, spero di riuscirci e di aiutarla a salire di posizione. Chiaramente non mi pongo l’obiettivo, come avevo l’anno scorso, di vincere il campionato, perché è giusto partire coi piedi per terra; è una squadra che si è formata quest’anno, deve amalgamarsi, conoscersi bene. C’è un mix di persone giovani e altre di esperienza, però le cose richiedono sempre tempo e nulla è scontato o facile. L’anno scorso sapevo, andando alla Ternana, che giocavamo per salire nella massima categoria e quindi il mio obiettivo era appunto vincere ed è stato raggiunto, quindi sono molto contenta e orgogliosa di questo», ha affermato la calciatrice, arrivata quest’anno a indossare la maglia della Freedom dopo una stagione scintillante alla Ternana, neopromossa in Serie A.

Il palcoscenico della massima serie italiana è per Tatiana Bonetti una consuetudine, un qualcosa a cui è abituata, ma non per questo vede la serie cadetta come “inferiore”, in quanto il suo principale obiettivo è quello di dare tutto per il bene della squadra, a prescindere dalla categoria: «Ho sempre dato tutta me stessa al calcio, in ogni Società dove sono andata per darle lustro e portarla sempre più in alto. C’è il mio obiettivo di star bene, di vivere dei momenti belli, spensierati e felici giocando a calcio, che è la cosa più bella: è un po’ come ritornare bambine, e a volte ci si dimentica di questo, invece vorrei ritrovare questa cosa e magari anche completarsi nella mia vita, anche magari in esperienze che potrò fare in futuro e quindi sto cercando di pensare sia al presente sia al futuro quest’anno, mi sono concessa questa possibilità», ha affermato Bonetti circa la sua scelta di cominciare un nuovo capitolo in un’altra squadra di Serie B.

Partita dalla Riozzese, vicino casa, la strada che questa giocatrice ha fatto sul rettangolo verde – e anche in termini chilometrici nel passaggio da un campionato all’altro – è stata tanta, e tanti sono i bei ricordi che lei stessa lega al calcio, lo sport che ha visto partire da una mera passione e che invece adesso si è evoluto al punto da dare speranza alle bambine di potersi costruire un futuro in quest’ambiente. L’emozione che però Tatiana Bonetti prova ogni volta che indossa gli scarpini per giocare è rimasta immutata: «Quando ho iniziato nella Riozzese, la prima squadra in Serie A in cui ho giocato, vivevamo di passione: non c’erano i social, c’era magari un fisioterapista che seguiva trenta ragazze. Nel Tavagnacco c’è stato un salto di livello, ma anche lì non era ancora come oggi. Di anno in anno ho visto sempre più gente professionale, sempre più gente di esperienza a lavorare nel mondo del calcio che ti poteva dare un qualcosa di più. Le strutture sono state sempre migliori: ho vissuto all’Atlético Madrid, dove ho visto delle cose fantastiche tra campi, palestre, come anche nell’esperienza all’Inter; quello che ho notato io è che sicuramente dagli anni in cui ho iniziato è cambiato tanto, tutto. Possiamo fare ancora meglio, bisogna ancora dare molte tutele a queste giocatrici, perché una volta finita la carriera ti aspetta una vita, è giusto preparare le calciatrici a una vita futura, a quello che ci sarà anche dopo», ha dunque riportato. A suo parere, il cambiamento nel settore femminile del calcio è possibile e sta già avvenendo, ma si può fare ancora meglio. Il professionismo sta diventando una condizione necessaria e non più sufficiente per poter operare nel calcio femminile, ma i cambiamenti che devono ancora avvenire sono soprattutto a livello di garanzie, che al momento sono ridotte all’osso.

Una campionessa che ha giocato anche in Liga, che ha vestito la numero 10 dell’Inter, che ha vinto tanto e che sa vincere e incarnare professionalità, qualità e grinta è però anche consapevole del bisogno di umiltà. Per questo motivo, un aggettivo che si può utilizzare per definire Tatiana Bonetti è “umile”: «Non mi piace molto arrivare in una nuova squadra e parlare, diciamo che se le ragazze sono curiose e mi vogliono chiedere qualcosa sono disposta a dire e a dare qualsiasi consiglio, però mi piace farlo se richiesto, perché potrebbe sembrare presunzione, cosa che non mi piace essere. Chiaramente in campo cerco di dare la mia esperienza magari dicendo qualcosa, quello che ho vissuto io, e spero di trasmettere, però deve esserci anche da parte loro questa voglia di guardarmi, di osservarmi e di magari rubarmi qualcosina, se c’è da rubarmi qualcosina», andare in una nuova squadra non è per lei sinonimo di “istruire le più giovani”, quanto di utilizzare la propria esperienza per fare quel che le piace e trasmettere la sua stessa passione anche a chi sta approcciando questo mondo di volta in volta.

Se la giocatrice dovesse scegliere tre immagini per ripercorrere tutta la propria carriera, i momenti a cui pensa sono ben delineati nella sua mente e nei suoi ricordi, tutti diversi, eppure tutti pregni di gioia, di significato e di emozioni indescrivibili: «La prima immagine è quando sono riuscita a farmi vedere nel massimo campionato di Serie A: dalla Riozzese sono stata vista dal Tavagnacco, che poi mi ha preso, che è stato il primo step di crescita importante. Direi poi gli anni con la Fiorentina, ho passato dei bellissimi anni, quattro anni e mezzo dove ho vinto la Supercoppa e il campionato. Il terzo, forse, anche se non è stata un’esperienza dove non ho trovato molto spazio, giocare all’Atletico è stato sicuramente un’esperienza in più a livello professionale: a volte l’importante è buttarsi, le cose possono andare male o bene. Io sono partita da Gambolò, andare a giocare a Madrid è comunque un orgoglio.»

Sette capitoli della sua carriera hanno già trovato il loro “punto finale”, quello della Freedom è appena cominciato. Non si sa dove arriverà Tatiana Bonetti, non si sa dove arriverà anche la Freedom al termine della stagione, quel che invece si sa è che una giocatrice come lei è già arrivata a tagliare traguardi inaspettati, sudati e sognati, e che le ragazzine potranno vedere in lei un esempio a cui attingere… Anche se lei si vede solo come “Tatiana Bonetti”, calciatrice di professione, e non come “Tatiana Bonetti” campionessa che di strada ne ha fatta e ha fatto sognare le sue squadre.

Si ringraziano Tatiana Bonetti e la Freedom per questa grande occasione e per la splendida chiacchierata.

Ilaria Cocino
Nata a Torino nel 1998, si appassiona al calcio e all'atmosfera magica degli stadi fin da ragazzina. Laureata in Traduzione presso l'Università degli Studi di Torino, attualmente è traduttrice freelance dall'inglese e dallo spagnolo e si occupa anche di editoria. Da sempre affascinata dal mondo del giornalismo sportivo, prova a coniugare la sua passione per il calcio femminile con quella per le lingue per immergersi anche in quello internazionale.