Monica Graziana Contrafatto (Gela, Sicilia, 1981) è molto più di una velocista paralimpica. È una donna che ha trasformato il dolore in forza, la perdita in rinascita. Prima militare dell’Esercito Italiano, poi atleta paralimpica, ha conquistato il bronzo nei 100 metri piani a Rio 2016 e Tokyo 2020, diventando un simbolo di resilienza e orgoglio nazionale.

Nel 2012, durante una missione in Afghanistan, un’esplosione le ha cambiato la vita. Ma non ha mai smesso di correre. In questa intervista per Caffè da Fuoriclasse, Monica si racconta con sincerità e determinazione. Parla di rinascita, di sport, e di quella voglia di vivere che si misura in sorrisi e passi avanti.

Monica quando ha capito che lo sport sarebbe stato parte della sua rinascita?

L’ho capito da un letto d’ospedale, mentre guardavo le Paralimpiadi di Londra. Vedevo atlete correre con una gamba sola, come me. In quel momento ho promesso a me stessa che avrei voluto una gamba da corsa. Il mio obiettivo? Salire sul podio di Rio 2016.

Nel momento in cui ha capito che alcune cose non sarebbero più tornate, come ha trovato la pace in quella consapevolezza?

Lasciare il servizio attivo è stato doloroso, ma ho sempre visto il bicchiere mezzo pieno. Ho cercato di rappresentare la mia Nazione in un’altra veste. E ci sono riuscita. Questo mi riempie ancora oggi di orgoglio.

Tra tutte le gare internazionali, ce n’è una che le ha lasciato qualcosa di speciale?

Ogni gara mi ha insegnato qualcosa. Rio 2016 è stata la mia prima gioia dopo tanto dolore. Tokyo 2020 resterà nella storia: tre italiane sul podio dei 100 metri. Io ero sul gradino più basso, ma mi sentivo in cima al mondo. La terza Paralimpiade mi ha insegnato che lo sport è rispetto, prima ancora che competizione.

Lo sport femminile sta crescendo. Il mondo paralimpico viene raccontato nel modo giusto? E lei si sente un punto di riferimento?

Le donne sono sempre state protagoniste nell’atletica paralimpica. La velocità paralimpica è seguita e amata, anche grazie a risultati come la tripletta italiana a Tokyo. Se mi sento un punto di riferimento? Spero di esserlo.

E fuori dalla pista, chi è Monica? C’è un lato più personale che il pubblico non conosce?

Sono una Monica qualunque. Ho i miei affetti, i miei amici, il mio cane. Ma sento il dovere di essere un esempio, soprattutto per il mondo paralimpico. Il messaggio è chiaro: dopo una caduta ci si può rialzare. Più forti. E con un grande sorriso.

Con Los Angeles 2028 all’orizzonte, ha già in mente i prossimi obiettivi?

Ho deciso di prendermi un anno sabbatico. Riprenderò, forse. Lo scopriremo insieme, passo dopo passo.

La forza non si misura in vittorie. È rialzarsi. Rimettersi in corsa. E portare il cuore in ogni passo. La redazione di Calcio Femminile Italiano ringrazia Monica Contraffatto per la sua testimonianza e le augura un sincero in bocca al lupo per il suo cammino, dentro e fuori la pista.

 

Roberta Faramondi
Studentessa di Comunicazione, Culture e Tecnologie Digitali all’Università La Sapienza, con un forte interesse per il calcio, in particolare quello femminile, e per il mondo della comunicazione sportiva. Questo interesse si unisce al desiderio di contribuire attivamente alla diffusione e al cambiamento di questo sport, seppur da una posizione esterna al campo da gioco.