Per la rubrica “A pranzo con l’ospite”, la Redazione di Calcio Femminile Italiano ha avuto modo di intervistare la giornalista e scrittrice Valentina Cristiani, che lo scorso anno ha pubblicato il libro Non chiamateci quote rosa, edito Pathos Edizioni. La classe 1981 bolognese ripercorre, tra le pagine del suo libro, le storie di 40 giornaliste sportive più o meno note, sia della carta stampata, sia impegnate in televisione, ma collegate dallo stesso desiderio: quello di potersi definire “giornaliste sportive” di professione e non una “quota rosa”, un contentino dato al mondo femminile in un ambiente che non dovrebbe vedere nell’uomo o nella donna il fattore discriminante, bensì nella competenza.
«Il titolo del libro, con il suo richiamo alle “quote rosa”, è una provocazione che affonda le radici in una profonda convinzione: il merito non dovrebbe avere genere. In un mondo ideale, non esisterebbero categorie o corsie preferenziali per le donne, ma solo la competenza e il talento», così la Giornalista – volutamente in maiuscolo – ha introdotto le motivazioni circa la scelta del titolo del libro, la prima cosa che qualsiasi lettrice o lettore osserva e che deve per forza catturare la sua attenzione.
Cristiani si focalizza poi sul vero significato di “quota rosa” e sul volere, attraverso le storie delle donne coinvolte, di rompere le convinzioni: «Si vuole mettere in discussione il meccanismo che le “quote rosa” rappresentano, un sistema che, pur nato per tutelare, rischia di cristallizzare un pregiudizio: quello per cui una donna ha bisogno di una “agevolazione” per accedere a posizioni tradizionalmente maschili. L’intento è di sradicare alla base questo sistema per poter un giorno parlare di un mondo in cui le posizioni sono assegnate unicamente in base alla preparazione e al valore, senza distinzione di genere. L’obiettivo è ancora più urgente nell’ambiente giornalistico, dove non dovrebbero più esistere pregiudizi, discriminazioni o violenza di genere. Il libro si propone di essere un passo in quella direzione, sfidando lo status quo e aprendo la strada a un futuro in cui il talento è l’unica moneta di scambio.»
Le 40 giornaliste da lei scelte hanno un fil rouge ben preciso che le accomuna, ovvero «la resilienza. Non mi sono limitata a cercare figure di successo, ma donne che hanno attraversato e superato ostacoli, che hanno dovuto lottare il doppio per raggiungere i loro obiettivi lavorativi. Sono giornaliste che non hanno mai smesso di credere nelle loro capacità, anche quando il sistema provava a ingabbiarle. Ognuna di loro ha mostrato un coraggio e una determinazione che trascendono l’ambito lavorativo. È stata la loro capacità di resistere, superare discriminazioni, pregiudizi e violenza di genere, di cadere e rialzarsi con una forza rinnovata, che mi ha guidato nella scelta. È la storia di un percorso, non solo di un traguardo.»
Scegliere ed estrapolare una sola storia tra tutte quelle proposte è complesso, perché ognuna ha rappresentato una sfumatura dell’essere “giornalista sportiva donna”, ma ce n’è una che riguarda da vicino il calcio femminile e che coinvolge direttamente una giornalista che si è fatta conoscere e continua a essere ferma sostenitrice del movimento in rosa, di cui riporta un estratto: «Sul calcio femminile un esempio di resilienza è legato al capitolo della giornalista torinese Federica Fossi, te ne allego un pezzo esplicativo: “Il mio cammino è stato costellato di momenti bellissimi, ma anche di sfide in cui ho pensato di rinunciare a causa dei pregiudizi legati al mio essere donna. Spesso mi sono ritrovata a dover giustificare le mie richieste di amicizia, le mie interazioni e le mie interviste, come se fossi costretta a dimostrare che la mia presenza nel mondo del calcio non fosse un tentativo di approccio alla persona direttamente interessata. Ricordo un fine settimana particolarmente difficile, in cui ho ricevuto messaggi inappropriati da un profilo fake, e un allenatore ha iniziato ad inviare allusioni sessuali via chat, citando anche la propria famiglia. Queste situazioni, spesso pesanti da sopportare, non hanno mai scalfito la mia determinazione, l’hanno fatta solo vacillare: ho continuato a lavorare perché ho compreso che, indipendentemente da quanto la strada possa sembrare in salita, la vista finale sarà sempre straordinaria. Fortunatamente, ho incontrato anche uomini che, in questo mondo a volte marcio, mi hanno sostenuto e valorizzato per il mio lavoro e le mie capacità, piuttosto che per il mio aspetto fisico o il mio genere. La mia missione è dare voce a tutte quelle ragazze che sognano di calcare i campi da gioco e di far sì che il calcio femminile riceva il riconoscimento e la visibilità che merita. Continuerò a lottare per questo, con passione e determinazione, andando al di sopra di qualsiasi ostacolo.”»
Valentina Cristiani ha poi lasciato un messaggio chiaro e pieno di speranza per tutte le ragazzine che adesso, con un po’ più di orgoglio, vogliono provare a lanciarsi nella carriera calcistica sul rettangolo verde e non dalla tribuna, come mere tifose, lasciando anche perdere tutti i possibili pregiudizi: «Non arrendetevi. A quelle ragazze che sentono il loro sogno minacciato dal pregiudizio, dico che capisco la sensazione di sentirsi ingabbiate, ma che c’è una via d’uscita. Il sistema può sembrare un muro invalicabile, ma ogni crepa che si apre è un passo verso la libertà. L’ascesa del calcio femminile non è stata un miracolo, ma il frutto del sacrificio e della lotta di chi ha creduto in un futuro diverso. Il mio consiglio è di trasformare il pregiudizio in un combustibile, un motore che vi spinga a diventare migliori, a dimostrare che il vostro valore non ha confini. Continuate a lottare per essere semplicemente “calciatrici”, senza distinzione di genere. La vostra battaglia non è solo per voi stesse, ma per tutte le future generazioni. Il cambiamento parte da voi. Cercate alleate, confrontatevi con chi ha già superato le vostre stesse difficoltà e, soprattutto, abbiate fede in voi stesse. La vostra perseveranza è l’arma che farà la differenza e che, un giorno, vi permetterà di far parte di una realtà in cui si parlerà solo ed esclusivamente di “calcio”, senza distinzioni.»
In chiusura della nostra intervista, Valentina Cristiani ha infine analizzato il calcio femminile contemporaneo, che non è più incagliato sul fondo di un abisso, bensì in un processo che lentamente sta convincendo sempre più persone del proprio valore. Per lei, «Il calcio femminile, oggi, non è più un’utopia, ma una realtà in continua crescita. Ha superato la fase embrionale, ma per raggiungere il suo pieno potenziale, deve ancora affrontare alcune sfide. Ciò che manca è l’ultimo passo, il passaggio da “realtà” a “norma”. Mancano investimenti massicci e un’infrastruttura solida a tutti i livelli, dai vivai alle squadre professionistiche. Manca una cultura calcistica che abbracci il femminile con lo stesso entusiasmo e rispetto del maschile. Manca la piena parità salariale e di diritti. Ma la strada è tracciata. La passione, l’impegno e la crescente visibilità stanno tracciando un percorso irreversibile. E per accelerare questo cammino, c’è bisogno di più “mister Soncin”, figure che con coraggio usino un linguaggio inclusivo, come il plurale sovraesteso, per rendere la normalità di una cultura calcistica senza distinzioni di genere. Il calcio femminile arriverà a un livello inimmaginabile, quando non sarà più necessario specificare il genere, ma si parlerà semplicemente di “calcio”.»
Si ringrazia moltissimo Valentina Cristiani per il suo tempo, la sua disponibilità e la sua umiltà nel mettersi a nudo con la nostra Redazione, affrontando temi difficili che devono, prima o poi, diventare un ricordo nel cassetto del passato, perché il calcio femminile e il ruolo della donna nel calcio diventino da una “realtà” a una “norma”, per usare le sue parole.






