Credit Photo: Paolo Comba- Photo Agency Calcio Femminile Italiano

C’è molto più di un pareggio dietro lo 1-1 di Como. Quella contro il Giappone non è stata una semplice amichevole, ma un vero test di laboratorio per l’Italia Femminile di Andrea Soncin, chiamata a sperimentare, mescolare energie nuove e misurare la propria crescita contro una delle nazionali più organizzate del mondo. Il risultato conta poco: ciò che resta è l’immagine di un gruppo che prova a costruire un’identità, pur tra errori, prove e inevitabili aggiustamenti.

Sperimentazione e nuovi volti

Soncin ha scelto di sfruttare il match come banco di prova, schierando diverse giocatrici alla prima esperienza in maglia azzurra, tra loro Alice Corelli e Federica D’Auria.
Il ct ha insistito sul 3-5-2, ma con varianti nella gestione dei corridoi e delle mezzali. L’obiettivo è chiaro: ampliare le soluzioni, costruire intese e permettere alle più giovani di acquisire ritmo e fiducia. L’intesa non è ancora perfetta, ma il gruppo sta iniziando a conoscersi davvero.

Due lampi in un match a ritmo basso

La partita non ha regalato grande spettacolo, giocata su ritmi bassi e con pochi strappi. Le emozioni sono arrivate solo nella ripresa: al 52’ il gol di Giada Greggi, abile a chiudere con freddezza una bella azione corale, poi al 64’ la risposta del Giappone con Hasegawa, autrice di un pallonetto preciso dopo una disattenzione difensiva azzurra. Due lampi che hanno deciso una gara equilibrata, dove le Azzurre hanno mostrato buone trame ma poca incisività sotto porta.

Il Giappone detta i tempi, l’Italia cerca compattezza

Nel secondo tempo è emersa la differenza di passo tra le due squadre: il Giappone, più rapido e tecnico nel fraseggio, ha gestito il possesso con facilità, costringendo l’Italia ad abbassarsi. Le Azzurre hanno retto con ordine, ma sono apparse meno reattive nei recuperi e un po’ lente nel rialzare il baricentro.
In partite di questo tipo si vede quanto la continuità di ritmo e la concentrazione siano decisive: l’Italia ha alternato buone fasi di costruzione a momenti di confusione, soprattutto dopo il pareggio.

L’episodio del gol subito e la lezione da imparare

Sul gol di Hasegawa pesa una distrazione difensiva collettiva e un posizionamento non impeccabile di Laura Giuliani, che in quella circostanza avrebbe potuto gestire meglio l’uscita. Un episodio isolato, ma indicativo di un aspetto su cui lavorare: l’attenzione nei dettagli, soprattutto contro avversarie che puniscono ogni errore.

Cosa resta di questa amichevole

L’Italia ha mostrato segnali incoraggianti: crescita nel possesso palla, organizzazione più fluida, inserimento positivo delle giovani e un gruppo che, passo dopo passo, sta trovando la propria identità. Restano però da migliorare intensità, reattività e precisione negli ultimi metri. Ma in una fase di sperimentazione come questa, anche le sbavature servono. Perché costruire una Nazionale non significa solo vincere, ma imparare a riconoscere e correggere i propri limiti.