Nella bella parabola che sta vivendo il Cesena di Mister Roberto Rossi, tra le calciatrici arrivate dalla Primavera spunta il nome di Sara Zappettini, di proprietà del Parma fino al 2028, che sta facendo del suo percorso con la maglia bianconera una crescita costante e volta a un miglioramento lapalissiano delle sue qualità. La Redazione di Calcio Femminile Italiano ha avuto il piacere di intervistare in esclusiva la numero 16 del Cavalluccio.
«Ho iniziato all’Inter iniziato quando avevo dodici anni. I primi anni ho giocato con le mie pari età, poi con il tempo hanno anche iniziato a portarmi con quelle più grandi, ho cominciato a rapportarmi con un ambiente più “avanti” ed era un continuo mettermi alla prova che faceva parte di un percorso di crescita. Sono poi approdata alla Roma, una realtà diversa, dove sono stata accolta in una maniera incredibile, e sono “rinata”: ho avuto la possibilità di poter ripartire, perché sono andata via dall’Inter che ero ancora infortunata, era il mio terzo crociato, e alla Roma mi sono rimessa in pista, mi ha aiutato e mi ha dato i mezzi per farlo; mi ha messo a disposizione il campionato Primavera, pieno di ragazze forti e talentuose e adatto per me dal punto di vista fisico per potermi reintegrare. Il senso di appartenenza a Roma per me è incredibile, anche se sono interista, mi ha fatto affezionare a tutto: città, Staff, squadra, e appena ho occasione vado a trovarle. Per me è stato importante iniziare in due Società così, perché sono tra le migliori in Italia. Iniziare da così piccole in un ambiente che ha come obiettivo quello di farti crescere per farti diventare professionista ti aiuta a capire come comportarti, affrontare certe situazioni, porti e stare in quest’ambiente, che poi è il calcio. Adesso siamo professioniste da poco, e ciò che ti insegnano è come poter essere il meglio quando eventualmente arrivi lì. Non cambierei niente del mio percorso», Zappettini ha raccontato, aprendo l’album dei ricordi verso le ultime pagine, i due capitoli più importanti della sua vita calcistica: l’Inter, dov’è nata e cresciuta e ha lasciato il cuore, e la Roma, che l’ha presa sotto la sua ala per aiutarla a tornare, dopo un brutto infortunio, la calciatrice forte e determinante che era in nerazzurro. L’acquisto da parte del Parma, che ne deterrà il cartellino fino al 2028, è segno che la giocatrice ha tutte le carte in regola per dire la sua in futuro, e il prestito al Cesena si sta trasformando nella sua grande occasione per fare il salto di qualità.
Sara Zappettini ha poi aperto lo stesso album dall’inizio, soffermandosi sulle prime pagine dopo la copertina, per vedere dov’è nato il suo legame, ormai indissolubile, con il pallone da calcio, e non “un pallone” qualsiasi, tra famiglia, parco e rettangolo verde: «Mio fratello giocava a calcio nella squadra del paese in cui abito, e andavo a tutte le sue partite. Anche i miei genitori sono tifosi, amano il calcio, e ho iniziato ad appassionarmi. Spesso, alle partite amatoriali, ci sono i bambini che giocano e si portano il proprio pallone, e io sono cresciuta sia andando a San Siro con mio padre e mio fratello, sia alle partite di mio fratello portandomi il pallone. Mi mettevo poi in un prato, se andava bene c’era un campetto, e c’era mio padre che, poverino, voleva guardare mio fratello, e io invece gli chiedevo di giocare con me. Avevamo il giardino, ho sempre giocato tanto insieme a mio fratello, tutte le estati, al parco, mi allenavo in oratorio con i miei amici e nel weekend anche questa cosa con mio padre… è iniziato tutto da lì.»
La scelta di provare a buttarsi in una carriera all’insegna del pallone è stata dettata, come affermato dalla calciatrice, da un coacervo di emozioni diverse, tutte positive, tutte trainanti, prima tra tutte la passione per lo sport in tutte le sue numerose sfaccettature: «L’ho scelto per le emozioni che mi portava. Mia mamma mi ha raccontato che le chiedevo sempre di andare al parco, volevo il pallone, le scarpe, andare all’oratorio. A scuola “battibeccavo” sempre con la maestra, perché io volevo giocare a calcio con i maschi, lei mi diceva di no, e anche gli animatori all’oratorio, ma avevo i miei amici dalla mia parte e cercavano di convincerli, e con questa cosa è cresciuto ancora di più il sentimento. Da lì ho capito che era quello che volevo fare. Guardavo tanto calcio, mi appassionava, ne sono rimasta affascinata. Quando andavo allo stadio o vedevo un pallone mi brillavano gli occhi, e ho capito che era la cosa che volevo fare», quegli occhi che brillano la calciatrice adesso li ha quando scende in campo difendendo la casacca azzurra, tra le altre cose, e prova quelle emozioni in prima persona e non soltanto da mera spettatrice.
Nel suo album dei ricordi ci sono alcune pagine sprovviste di fotografie, quelle che parlano dei lati negativi, degli infortuni, delle persone che hanno in qualche modo tentato di dissuaderla, durante la sua crescita come atleta, dal procedere con questa passione, che però non si è mai affievolita, e bruciava invece sempre di più quando le veniva detto di smettere: «Questa mia passione è stata molto messa alla prova, è stata dura per gli infortuni. Non sono state tante le volte in cui ho pensato di mollare, ho sempre voluto fare questo e mi sono messa in testa che avrei dovuto farcela, che potevo farcela. Ho pensato di smettere quando pensavo che fosse il mio corpo a non riuscire ad andare avanti, ma la voglia di smettere, quella mai: le uniche volte erano quando avevo paura di non tornare a certi livelli e non poter fare certe cose. La voglia di mollare mai, anche se alle superiori quando arrivavo con le stampelle i professori non perdevano occasione di dirmi che avrei dovuto smettere: sono cose che mi hanno fatto tanto stare male, ma mai fatto cambiare idea, e poi ho sempre avuto il sostegno della mia famiglia in tutto, anche quando dovevo andare all’ospedale e mi accompagnavano. Non hanno mai cercato di farmi smettere, hanno solo assecondato la mia volontà», e la ferma volontà di Sara Zappettini è di proseguire su questa strada che la raffigura, foto dopo foto, zittire tutte le critiche mosse nei suoi confronti.
Le critiche saranno diventate ancora più silenziose con l’avvenuta convocazione della giocatrice da parte della Nazionale, quell’emozione che Zappettini non vuole assolutamente banalizzare e, per tale ragione, non riesce a definire in una sola parola: preferisce, infatti, raccontare che cosa si prova. Per lei «U19, U23, U17… non c’è una categoria, la maglia azzurra per me è generale. Penso che una ragazza non si abitui mai a ricevere la convoca. Cerco sempre di non farmi le aspettative troppo alte per non essere delusa, sono sempre stata con i piedi per terra: se ci vado sono la persona più felice del mondo, se non ci vado, ci riproverò la prossima volta. Per me è un’emozione che non… (esita) un po’ tutte dicono che è “indescrivibile”, ma non è così banale: siamo un Paese enorme, con centinaia di migliaia di bambine, e spesso e volentieri siamo sempre noi, quelle che hanno condiviso il percorso dello Stage e delle selezioni delle giovanili. Quando ero convocata a Calcio+ ho pensato che potevo ancora inseguire quel sogno, che è stato indescrivibile, ti assale un’ondata di onore che non sai descrivere: il pensiero di poter metter la maglia, cantare l’inno, sentire addosso il peso di un intero Paese, per me è una cosa che non ha prezzo, non c’è niente al mondo che sappia compensare le emozioni che ti dà», la giocatrice fa ancora fatica, a distanza di tempo, a metabolizzarne la bellezza.
In compenso, la calciatrice sa che quella maglia non è un punto finale per il proprio percorso, bensì un punto di partenza, perché non ci si deve adagiare e nemmeno si deve dare per scontata: «Sicuramente è qualcosa che ti fa capire che stai andando bene e che puoi ancora alzare l’asticella, che c’è qualcuno che ti sta seguendo e che non ti devi fermare: è dalla convocazione che parte il nuovo obiettivo, adesso devi far vedere quello che è il mio valore, e sei sempre spinta a dare il meglio in ogni allenamento, in ogni partita. Le nostre partite in Serie B adesso sono anche visionate, si possono seguire in streaming, puoi studiarle, e quindi l’attenzione mediatica è ancora più alta e il bacino è ancora più vasto, di ragazze che possono essere prese in considerazione, e quindi il fatto di essere scelta per un qualcosa di così importante è meraviglioso», vista la possibilità per gli osservatori di visionare attentamente ogni match e singolarmente ogni calciatrice anche da remoto la convocazione in azzurro diventa persino più speciale e gratificante.
Sempre di gratificazioni ha poi parlato focalizzandosi sul Cesena, la squadra che l’ha accolta in prestito dal Parma e che l’ha convinta a sposare il progetto per le basi solide di partenza, prima tra tutte l’opportunità di crescere in un ambiente sano, nient’affatto giudicante e, in secondo luogo, ritrovare compagne del campionato Primavera di cui conosceva il talento e il valore: «Ho preso in considerazione più strade, però ho poi parlato con alcune ragazze che negli anni sono passate qua da Cesena e mi hanno solo dato feedback estremamente positivi sia per la qualità di vita, sia per quelle che sono le persone dello Staff, che mettono sempre davanti la persona e sono estremamente gentili, e poi la volontà è quella di giocare a calcio. Ho parlato con il Direttore, mi ha detto che la sua intenzione era quella di creare una squadra giovane, mi aveva parlato dei suoi obiettivi sia stagionali sia di ragazze che avrebbero inserito nel progetto e che conoscevo già, ed ero consapevole che fossero talentuose, con voglia, e che arrivavano tutte da Società importanti. In molte arriviamo dalla Primavera e condividiamo solo una parte del percorso, ma sicuramente condividiamo l’obiettivo di vivere qui come un trampolino di lancio, e credo che nessuno si aspettasse che il Cesena potesse arrivare qui a metà stagione. Siamo in alto in classifica, l’entusiasmo si sente, siamo un bellissimo gruppo di ragazze giovani, studiamo e condividiamo tutte la stessa passione», passione ed entusiasmo trainano le ragazze di Mister Roberto Rossi partita dopo partita con l’obiettivo di dare vita a un campionato competitivo e dai presupposti per far crescere ogni calciatrice.
«Le ragazze con più esperienza sono fantastiche: capita spesso che in ambienti con così tanto divario d’età ci sia un complesso di superiorità, qui invece nessuna è più importante dell’altra e siamo tutte allo stesso livello, e quello che bilancia è il fatto di sapersi divertire continuando a lavorare. Noi ci divertiamo, ci alleniamo e sappiamo riconoscere il limite, ognuna di noi sa cosa deve fare, e in campo ci aiutano tanto: alcune volte avremmo potuto gestire meglio alcune situazioni, come ad esempio a Lumezzane, dove abbiamo deciso di sbilanciarci, e una squadra più esperta si sarebbe accontentata del pareggio, noi invece volevamo provare a fare gol, ci siamo sbilanciate e l’abbiamo subita. Tutto quello che ci succede non viene fatto pesare, non ti viene puntato il dito addosso, e neanche noi lo facciamo tra di noi: quando si commette l’errore sei consapevole di averlo commesso, se hai bisogno di un parere lo vai a chiedere, ma non vieni giudicato, e quindi impari dal tuo errore, è sempre un imparare ogni giorno. Ognuna si mette a disposizione dell’altra per creare un clima bello e costruttivo», in uno spogliatoio popolato da ragazze giovani, che condividono gli stessi obiettivi, non si accusano mai, anche quando l’agonismo ti porterebbe a prendere una situazione nel modo sbagliato, i lati positivi sono innumerevoli, e avere tutte giocatrici che si vedono allo stesso livello incentiva un percorso importante.
Per Zappettini, la forza del gruppo è «l’entusiasmo da parte di tutte, di chi inizia, di chi subentra, e il fatto che vada come vada fa sì che non ci siano musi lunghi, siamo tutte soddisfatte di quello che abbiamo fatto e pensare sempre alla partita successiva.»
Sara Zappettini, per quanto sia a suo agio nel ruolo del difensore centrale, che le si è cucito addosso a partire dall’ultimo anno all’Inter, ha dato inizio alla propria carriera da tutt’altra parte in campo, misurandosi con ogni ruolo per aggiungere al proprio bagaglio dettagli che vanno a sommarsi e la portano a essere una calciatrice con ottimi spunti offensivi e una maturità calcistica che si vede: «Ho iniziato a giocare da esterno, e con il passare degli anni sono andata sempre più indietro. Gli ultimi anni di Primavera li ho giocati da terzino, ma sentivo che non era il ruolo che mi permetteva di esprimermi al meglio e che mi rispecchiava. All’ultimo anno all’Inter sono stata difensore centrale, e da lì in poi, a seconda del modulo, difensore centrale o braccetto. Mi piace perché è un ruolo in una zona del campo in cui tu sei in condizione di vedere tutto quello che succede, sei in controllo della partita, e sono in grado di mantenere palla, dettare i tempi di gioco, aiutare le mie compagne con la voce, e ti dà grande responsabilità. Per quello che ho passato, per il percorso che ho avuto con le più grandi, credo di essere abbastanza matura per aiutare le mie compagne, quando c’è una palla persa spesso sono io l’ultima prima del portiere che può mettere la pezza; è un brivido che mi piace, non è facile, però è questo il bello, l’adrenalina che ti dà in costruzione, in palleggio, per rallentare il gioco… mi piace molto.»
Girando pagina, si arriva al Cesena, ancora una volta, però all’inizio del campionato. Tutto nuovo, tanti aspetti da tenere in considerazione, tante nuove sfide da affrontare, tanti cambiamenti rispetto al campionato Primavera. Il salto di categoria è stato percepito chiaro e tondo, però Zappettini è stata bravissima a trasformare il salto di categoria in un salto di qualità che è destinato ad aumentare anche visto e considerato che la giocatrice ha ben chiari gli aspetti della “sé calcistica” su cui deve lavorare: «Arrivo dal campionato Primavera, che non era fisico come la Serie B, era pieno di giocatrici talentuose, ma non è un campionato con giocatrici esperte, e all’inizio facevo un po’ più fatica perché ero lenta nel pensiero, ci mettevo troppo tempo a fare alcune cose, e in un campionato così arrivano subito le avversarie aggressive a rubare palla: ho dovuto accelerare, stare più attenta e cambiare i tempi. A volte cerco di uscire pulita da situazioni più critiche, ma ho imparato che spesso l’efficacia è meglio dell’essere “sempre belle”; i difensori in generale devono essere sempre pessimisti, pensare che le cose vadano nel modo peggiore possibile, e il loro compito è quello di tenere palla lontano dalla porta, ed è questo l’aspetto su cui devo lavorare di più.»
La giocatrice ha poi affermato che, d’altro canto, conosce e ha imparato a sfruttare al meglio quelli che sono i suoi punti di forza, maturati con il tempo e l’approdo in una categoria tutta nuova come la Serie B: «A me piace impostare, però non è facile come lo facevo in Primavera; noi giochiamo un calcio molto aggressivo, molte volte ci sono degli spazi liberi e a me piace molto lanciare all’attaccante, agli esterni, cercare un cambio gioco, e penso che siano i lanci in generale il mio punto di forza, qualcosa che può spaccare la partita: in una partita molto chiusa e schematica dove gli interni sono affollati, una disattenzione da parte della squadra avversaria, vedendo un bel movimento dell’attaccante, il lancio ti può permettere di metterlo in condizione di andare davanti alla porta o all’uno contro uno. Anche le mie compagne l’hanno capito, e quando vedono che c’è una palla persa magari mi fanno un cenno, vanno e sanno che magari riesco a trovarle bene.»
In conclusione, Sara Zappettini ha provato a girare ancora pagina e ne ha presa una bianca. Su questa pagina verranno inserire le foto del futuro, quelle in cui, forse, il calcio femminile avrà ancora più visibilità di quanto non abbia oggi. La parola d’ordine, secondo lei, è “tempo” ma, forse, vi si può accostare anche “consapevolezza”: «C’è da capire che quello che facciamo noi non è un’imitazione del maschile, non cerchiamo di somigliare a loro: noi abbiamo una nostra identità, una nostra volontà, una nostra passione che condividiamo in tutto e per tutto, ma non c’interessa il paragone o mettere le cose sullo stesso piano. Vogliamo divertirci, e avere le stesse possibilità. Adesso il movimento sta crescendo, la gente ha la possibilità di seguire le partite, di vederle, di andare in stadi importanti, e credo che quello che manca sia il tempo: il movimento sta andando avanti, la gente si sta interessando sempre di più, e adesso ci vuole tempo perché prenda piede. Alle nostre partite ci sono tanti appassionati, tanta gente che ci segue e che si è affezionata a noi, e spero che possa migliorare sempre di più.»
Si ringraziano Sara Zappettini, l’addetto stampa Filippo Minardi e il Cesena per la grande disponibilità e il tempo concessi.






