Per la rubrica “A pranzo con l’Ospite” abbiamo avuto il piacere di intervistare in esclusiva Sandy Iannella.
La calciatrice, che vanta un trascorso importante in Nazionale con partecipazione agli Europei del 2013 e 2017, apre la chiacchierata sul passaggio al professionismo:
“Principalmente con l’avvento del professionismo per noi cambiano molte cose sotto il punto di vista dei nostri diritti. Fa si che anche le donne possono decidere di fare le calciatrici a tutti gli effetti, definendolo finalmente un lavoro, dove si vedono riconosciute i contributi, ma non solo. Come un’assicurazione personale o ancora di più abolendo definitivamente il vincolo”.
La livornese  classe ’87 a riguardo aggiunge:
“Sicuramente diamo un forte colpo alla discriminazione che ci penalizzava, come noi tanti altri sport al femminile sperando che adesso il nostro paese si possa aprire ancor di più.
Ci sono stati dei sacrifici enormi, ancor prima della mia generazione è ancora molto prima.
Noi donne calciatrici abbiamo sempre lottato per i nostri diritti, ma attenzione non confondiamoci le idee nel pensare che noi vogliamo essere uguale agli uomini. Che questo non è per niente vero.. abbiamo lottato per avere i loro stessi privilegi. Perché ci siamo sempre allenate come delle professioniste, nonostante non lo fossimo. Quindi mi sembra giusto che ci sia questo riconoscimento per il calcio femminile”.

L’attenzione poi si sposta sulla prova delle Azzurre agli Europei:
“Speravo che l’Italia riuscisse a dare un proseguo a quanto fatto in Francia. Così non è stato, qualcosa è andato storto. Sapevo che fosse un Europeo molto difficile, basta guardare che tra le prime 78del mondiale sono risultate 7 europee”.
Sul cammino della Nazionale la calciatrice del Pontedera chiosa:
“Non voglio giudicare il lavoro svolto dalla ct ed il suo staff perché non è nelle mie competenze. Posso solo esprimere cosa ho visto, poca lucidità .. poca prestanza fisica e soprattutto non ho visto quell’unione e quel senso di appartenenza che nel 2019 ha contraddistinto le nostre azzurre. Adesso però non dobbiamo solo sentenziare.. gli addetti ai lavori dovranno valutare e agire per far tornare la Nazionale quella nazionale che ci ha fatto sognare. Uscire ai gironi ci ha fatto male, ma dalle cadute ci dobbiamo rialzare più forti di prima”.

Sul livello della manifestazione continentale l’ex, tra le altre, di Sassuolo, Mozzanica e Torres aggiunge:
“Il livello era altissimo, squadre preparate sia sotto l’aspetto tattico-tecnico sia per quanto riguarda la performance.
La Francia con la sua velocità mi ha stupita, ma quando ho visto l’Inghilterra giocare ho capito subito che sarebbero arrivate in fondo al torneo. Non so probabilmente la loro spinta in più è stata giocare in casa.
Ma questa nazionale ha espresso il miglior gioco , veloce, potente e con le idee chiare.
Sicuramente l’arma che ha reso possibile la vittoria del torneo è stata l’allenatrice, capace di ribaltare dei risultati, nelle gare in corsa con i cambi. Lei è stata l’emblema di quella nazionale”.
La chiusura è sui ricordi in maglia Azzurra vestita 38 volte:
“Sicuramente porto nel cuore il mio esordio nel 2006, in Germania, contro quella corazzata capitanata da Brigite Prinz, a quel tempo una delle migliori calciatrici al mondo, che si stava preparando ad affrontare il mondiale che poi avrebbe vinto qualche tempo dopo.
Allo stadio c’erano 35.000 persone , debuttai 20 minuti.. ricordo di non aver avuto paura .. mentre giocavo ero felice perché stavo realizzando che il mio sogno si era finalmente avverato. Da lì in poi la maglia azzurra ogni volta ti lascia un segno indelebile nel petto”.