Giovedì 18 gennaio 2018 la Corte d’Appello di Bruxelles potrebbe aver determinato una svolta epocale nel calcio moderno, tanto come la storica sentenza Bosman, o come i lodi arbitrali Webster e Matuzalem del TAS. Il tribunale belga tratterà la denuncia presentata dal club Seraing insieme al fondo d’inversione Doyen Sports contro la proibizione delle operazioni economiche nel calcio (i TPOs, Third Party Ownership) stabilita dalla FIFA.
Secondo gli appellanti “proibire per proibire” non è la soluzione, che risiederebbe invece in una legalizzazione e precisa regolazione di diritto sportivo dei TPOs; in questo senso è opportuno cominciare dalla distinzione tra diritti federativi e diritti economici, distinzione fondamentale in tema di fondi di investimento.

I diritti federativi sono quei diritti che nascono dall’iscrizione di un giocatore o giocatrice nella corrispettiva federazione nazionale e di cui possono esserne titolari solo i clubs; a seguito dell’iscrizione infatti il giocatore può competere solo in nome del club che ha realizzato il tesseramento. Con l’iscrizione del giocatore o giocatrice il corrispondente club acquisisce anche la titolarità dei diritti economici del giocatore che non sono altro che la vertente economica dei diritti federativi.
In questo senso il club può vendere una percentuale dei diritti economici di un suo giocatore (ad esempio il 50%) ottenendo una somma da reinvestire nel potenziamento della struttura societaria o nel sanamento dei conti. Il terzo che acquistò i diritti economici, otterrà il diritto a incassare la percentuale corrispondente del prezzo della vendita in caso di futuro ed eventuale trasferimento del giocatore/giocatrice.

La cessione dei diritti economici a terzi che viene proibita dalla FIFA non è altro che una cessione di crediti futuri che al contrario è pienamente legale nell’ordinamento giuridico ordinario. L’articolo 1260 del codice civile italiano parla infatti di cessione di crediti futuri (“Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge”), articolo che potrebbe essere benissimo applicato ai TPOs nel calcio, in quanto il credito non è personale dato che i diritti economici appartengono al club e non alla giocatrice e non è vietato dalla legge.
Il divieto infatti arriva dalla FIFA che è un’associazione di diritto privato che gestisce il calcio a livello internazionale; la FIFA non è un ente di diritto pubblico, non è un tribunale che emette sentenze pubbliche. La stessa operazione economica effettuata dai fondi d’investimento nel calcio viene realizzata dalle banche attraverso i prestiti che possono essere personali o finalizzati e che devono essere restituiti più gli interessi.
Stesso discorso può essere fatto per il “project financing” ovvero il sistema di finanziamento di infrastrutture pubbliche che ricorre a finanziamenti privati per portare a termine i lavori.

Infine, in Italia il contratto di factoring (l. 21 febbraio 1991, n.52) riprende gli stessi concetti dei fondi d’investimento nel calcio, dato che si tratta di una cessione di crediti futuri di un’impresa. I fondi d’investimento sono utili al calcio perché permettono a clubs di paesi poveri, come i paesi del Sud America, di vendere un attivo lecito e legale (i diritti economici dei propri giocatori) come mezzo di finanziamento del club stesso; demonizzare tali operazioni economiche non porta benefici, anzi aumenta la forbice tra i paesi ricchi che saranno sempre più ricchi e i paesi poveri.

I paesi che infatti spingono per la proibizione dei fondi d’investimento sono il Regno Unito (Premier League) e la Germania (Bundesliga) guarda caso i paesi con i ricavi più alti derivanti dai diritti televisivi; a loro un’eventuale proibizione dei TPOs va più che a genio poiché dispongono del cash necessario per comprare tutto e tutti nei paesi più poveri.
Lo dimostra il fatto che proprio questi paesi, invece di comprare i giocatori che hanno parte dei loro diritti economici gestiti da un fondo, comprano direttamente il club, come successo con il Manchester City che recentemente acquistò un intero club, il Torque in Uruguay.
Tali paesi sono anche tra i principali esponenti del sistema calcistico femminile per cui con una eventuale proibizione otterrebbero una doppia vincita.
Fino ad oggi i fondi d’investimento non si sono inseriti in operazioni di mercato del calcio femminile poiché quest’ultimo è ancora un settore in crescita e non stabilizzato; tuttavia credo che, nel calcio femminile i TPOs siano importanti proprio a causa della mancanza di investimenti da parte delle federazioni e leghe varie.
Se un club maschile ha bisogno dei TPOs per poter ottenere finanziamenti rapidi, immaginiamo quanto bisogno ne abbia un club femminile.

 

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Silvio Bogliari

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Perugia, ha completato la sua formazione giuridica con il master in diritto internazionale presso l’università Complutense e il master in diritto sportivo presso l’Escuela Universitaria Real Madrid. Ex giocatore del Città di Castello Calcio e del A.S. Cerbara.