Pernille Harder, nata a Ikast (Danimarca), a 30 anni è tra i volti più noti del mondo calcistico femminile.
Il suo è un percorso tortuoso ma di fondamentale importanza: iniziato fin da bambina, ha fatto da subito fatica ad inserirsi nel modo sportivo, ostacolata da un trampolino di lancio femminile assente, a quel tempo, nella sua città natale, accontentandosi, mossa dalla passione, di fare parte di una squadra maschile.
Adorava giocare a calcio con gli amici nel giardino sul retro di casa dove stentava a rientrare, accecata da quei dribbling della stella Da Silva che osava imitare: da qui tanti i passi da fare prima di trovare qualcuno disposto a farla crescere.

“Ho scritto una lettera all’età di dieci anni: già raccontavo di voler diventare una professionista”

Il suo talento viene riconosciuto in parte dallo staff di vari club del calcio tedesco dove rimarrà a lavorare sulla tecnica per svariati anni, intensificatasi particolarmente nel periodo 1997-2015; solo dopo poco tempo, non riuscendo a passare inosservata, viene ingaggiata dal Wolfsburg, prendendo parte a 100 partite dove segnerà 93 goal totali.

Abbattendo stereotipi e muri del pregiudizio, Harder è attualmente la giocatrice che è stata più pagata per la cessione ad un altro club (il Chelsea pagò il Wolfsburg €300.000 per l’acquisto): è, infatti, la stella più “costosa” di tutto il mondo.
Nella nazionale danese, non ha smesso di trovare regolarmente lo specchio della porta, coinvolgendo particolarmente il pubblico durante i match di qualificazione degli europei 2013. Ha vinto per due volte il premio come miglior giocatrice dell’anno 2018 e del 2020, e possiede il primato di miglior “bomber” nella storia danese ad aver raggiunto 69 goal in 136 scontri.

“Tutti dovrebbero avere l’opportunità di avere successo nella vita.”

In campo è versatile, una di quelle che fa sembrare facili anche le mosse più contorte. Cosa la rende speciale? Il movimento in attacco e la modalità di trovare spazio per creare occasioni vincenti, grazie al suo particolare istinto.

Aspetto non scontato, tattiche di gioco a parte…nonostante la grande fama, è rimasta nella sua autenticità e semplicità, trovando sempre tempo per i tanti fan e concedendo spesso loro foto ed autografi.
Oggi la giocatrice danese del Chelsea continua a far parlare di sé non solo per le imprese in campo, ma anche per tali gesti e per l’attivismo nella comunità LGBTQ+ di cui fa personalmente parte: in occasione degli ottavi di finale della Coppa del Mondo tra Svezia e Canada, si fece vedere sugli spalti indossando la maglia svedese e baciando la sua compagna Magdalena Eriksson, lasciando un segno indelebile e premendo sulla normalità del gesto e dell’esistenza dell’amore uguale ed universale.

“C’era una richiesta di riferimenti in questo senso, perché ciò che quella foto ha provocato è stato grande ed ha aiutato tante persone. Mi rendo conto che siamo dei modelli non solo nel calcio, ma anche in quest’area. È qualcosa che abbiamo abbracciato perché sappiamo che siamo fortunate a sentirci sicure e calme nell’essere aperte riguardo alla nostra relazione”.

Per questo motivo le due, attraverso la donazione dell’1% del loro salario annuale, hanno deciso di aderire a “Play Proud”, una campagna per supportare i giovani LGBTQ+ nel mondo del calcio e non solo, permettendo a coach e mentori di stabilire e trovare luoghi sicuri in situazioni che ancora vedono ragazzi e ragazze omosessuali emarginati per questo motivo.

È passato tanto tempo e quella ragazza che giocava a pallone coi ragazzi inseguendo il proprio sogno di diventare professionista, è la calciatrice con l’ingaggio più costoso della storia del calcio femminile. È pronta a prendere parte ai mondiali di quest’anno con la Danimarca, presente nel gruppo D con Cina, Inghilterra e Haiti.

Nel frattempo, dopo appena tre stagioni, il suo cammino nella squadra londinese si conclude: con il trasferimento più caro del calcio femminile (si parla di oltre 350 mila euro), il futuro della scandinava sarà in Germania nelle fila del Bayern Monaco, e si protrarrà fino al 2026.

Eleonora Mereu
Aspirante giornalista cagliaritana. Quella per lo sport femminile? Una passione nata anni fa, che mi spinge ora ad impugnare una penna per dar voce, nel mio piccolo, alle piccole e grandi realtà. Con le ragazze della Nazionale ho imparato ad apprezzare ancora di più il settore, percependo quanto scrivere sia un privilegio più che una missione, che va portato avanti con rispetto ed un reale sentimento per il movimento.