Sono giorni di Nazionale, quella di Giampiero Ventura impegnata nelle qualificazioni ai Mondiali in Russia nel 2018 contro Spagna e Macedonia e per questo la redazione di news.superscommesse.it ha deciso di contattare una persona che con i colori azzurri della Nazionale femminile ha avuto un rapporto di amore profondo, diventandone anche la miglior marcatrice di sempre.
Il personaggio in questione è Carolina Morace, che nelle sue vesti da allenatrice ha commentato i prossimi avversari dell’Italia di Ventura e ha parlato del delicato tema che ruota attorno al movimento calcistico femminile nel nostro Paese.

Dire che Italia-Spagna potrebbe già essere decisiva per la testa del girone è sbagliato o un fondo di verità ce l’ha?
Un fondo di verità sicuramente c’è perché si tratta di un risultato per noi estremamente importante. Inoltre giocare in uno stadio come lo Juventus Stadium ci darà un piccolo vantaggio, la gente è raccolta, è calorosa, insomma si fa sentire all’interno di un vero stadio. A mio avviso è la miglior location dove disputare una partita così importante.

Secondo te è stato giusto da parte di Ventura non convocare Balotelli?
Sei gol in cinque partite tra Ligue 1 e Europa League non sono pochi…

Noi tutti sappiamo che il problema di Balotelli non è un problema tecnico ma quello di relazione con il gruppo. Balotelli non è andato agli Europei e abbiamo fatto bene, la squadra è andata al di là di ogni aspettativa. Credo che comunque la dichiarazione di Ventura gli abbia lasciato le porte aperte. Secondo me, visto da fuori e da tecnico, c’è qualche problema tra Balotelli e il gruppo, che sicuramente va risolto. Non si tratta di una questione gioca bene o gioca male, segna o non segna, qui parliamo di un gruppo: ci sono delle regole, se Balotelli riesce ad adeguarsi a queste regole è un conto, altrimenti rimane un pezzo estraneo di una squadra.

Un problema di Balotelli con il gruppo, quindi con alcuni senatori della squadra?
Per me è il problema di Balotelli è con se stesso, non con i senatori della squadra. Lui ha sempre avuto atteggiamenti individualisti. Se non si mette in testa che far parte di un gruppo qual è la Nazionale italiana significa mettersi al servizio del gruppo, anch’io allenatore non voglio un giocatore che mette le sue individualità prima di tutto. E questa per noi allenatori è la base per creare una squadra. Nessuno disconosce le doti di Balotelli, tantomeno Ventura.

Parlando del suo ambiente di lavoro, Tavecchio durante la presentazione dei calendari di A e B femminile ha detto che il calcio femminile è al centro delle strategie della Federazione. Parole di conforto, sicuramente, ma quando si vedranno i primi risultati?
Innanzitutto Tavecchio, secondo me, è stato l’unico Presidente ad aver fatto qualcosa per il calcio femminile. È chiaro che poi queste idee devono essere supportate da tutto il resto. Per fare qualcosa c’è bisogno di un progetto serio. Purtroppo vedo poche allenatrici donne coinvolte e questo non è un vantaggio perché chi conosce il calcio femminile sono proprio le ex giocatrici che hanno il patentino e che conoscono il livello del calcio femminile in Europa e nel mondo. La Germania ha la squadra più forte ed ha impegnato tutte le le ex giocatrici. Il maggior interesse che si sta creando adesso attorno al calcio femminile sta avvicinando diversi pseudo allenatori che non sono riusciti nel maschile e che trovano spazio nel femminile. Il segnale di impiegare sempre uomini come allenatori non è molto positivo, anche perché a volte sono degli emeriti sconosciuti. Così si rischia di tener lontane giocatrici che hanno vinto, competenti ma che rimangono fuori. Se vogliamo più ragazzine iscritte al calcio femminile dobbiamo dare più opportunità di lavoro ma se queste opportunità poi vengono affidate a uomini, pronti ad allenare anche nel femminile, allora diventa più complicato. Entrano allenatori che non sono all’altezza come e quanto le allenatrici che oggi giorno sono fuori. E ovviamente non mi riferisco a me perché ci sono diverse ex giocatrici di livello con tanti anni di esperienza e tante presenze in Nazionale che sono fuori. Ci vuole rispetto e professionalità nei confronti di chi ha fatto e vinto qualcosa.

Non a caso hai nominato la Germania, una delle Nazioni di gran lunga migliore rispetto alle altre in termini di iscritte, a differenza dell’Italia.
Quello tedesco è un esempio e un modello da seguire, perché allora non viene adottato?

È facile dire che vogliamo che le ragazze si iscrivano, ma poi dobbiamo dargli opportunità future anche una volta conclusa la carriera sul campo. Io ho smesso di giocare a 35 anni, ed ero avvocato, iniziando quindi una professione nuova. Perché, allora, una dovrebbe scegliere di giocare a calcio fino a 35 anni se tanto dopo sa che andrà a fare un’altra cosa? Non è un caso che nella finale delle Olimpiadi (Germania-Svezia ndr) c’erano due allenatrici donne in panchina, Silvia Neid e Pia Sundhage, tutte due ex giocatrici di livello. Inoltre, per promuovere il calcio femminile, così come quello maschile, non c’è bisogno di vederlo nelle scuole, bensì di vederlo adottato dalle società, come accade in tutta Italia con qualsiasi sport. Tavecchio ha fatto benissimo in questo senso. Qualcosina in più poteva essere fatto, come magari invitare i presidenti delle varie squadre femminili come PSG, Arsenal, Manchester United e chiedere cosa ci avessero guadagnato nel fare il calcio femminile. Perché è chiaro che ai presidenti della Serie A maschile bisogna far capire che con il femminile ci possono guadagnare. Sono tanti gli sponsor legati al mondo delle donne che potrebbero entrare per sponsorizzare le squadre femminili. L’importante rimane creare opportunità di lavoro per le donne, così come accade in America. Noi abbiamo una persona come Elisabetta Vignotto, che prima di me è stata la più grande, che è fuori dal calcio femminile: chi vince e chi ha un passato merita rispetto.

Passando al campo, una previsione in vista dell’Europeo che la nostra Nazionale femminile affronterà la prossima estate?
Una squadra che ha avuto successo e che negli ultimi anni è cresciuta molto è la Spagna, grazie a progetti seri e programmi individuali per le ragazze. Il gap rimane un gap fisico ed è anche vero che il calcio internazionale è più veloce di quello italiano. L’importante è avere un progetto serio e la passione per il calcio femminile, senza considerarlo come un trampolino di lancio per qualcos’altro.

Ti è rimasto qualche rimpianto del tuo periodo alla guida della Nazionale femminile?
No. All’epoca quando guidavo io la Nazionale i posti per l’Europa erano molti di meno. Adesso si sono allargati però stiamo avendo difficoltà a qualificarci. Il gap va colmato lavorando in un certo modo, ma io sinceramente se c’è un progetto tecnico non lo so.