Il nostro viaggio all’interno del Bologna femminile prosegue e per discutere della stagione e delle prospettive della formazione femminile rossoblù. 1000 Cuori Rossoblu ha contattato Ernesto Pitta, Dirigente Responsabile della Prima Squadra.

Pitta, in passato già tecnico presso l’Ancora, dove ha avuto tramite Pietro Bosco, attuale presidente dell’ASD Bologna 1909, il primo contatto indiretto col calcio femminile, dal 2012 ha ricoperto la posizione di preparatore dei portieri della formazione rossoblù. Dal 2013 ricopre appunto il ruolo di Dirigente Responsabile della Prima Squadra.

Buongiorno Ernesto, inevitabile per cominciare l’intervista una domanda sull’attualità. Come sta vivendo la quarantena lei da dirigente sportivo? Siete fermi ormai dal 16 febbraio.
“Sì, ormai siamo fermi dal 16 febbraio. La vivo con un senso di rassegnazione, personalmente ho la convinzione che per quest’anno è finito tutto. Se si riprenderà, riprenderanno solo attività a livello nazionale, magari la Serie A e B maschile e femminile, ma ho i miei dubbi che dalla Serie C in giù sia possibile ripartire. Per il resto sento nostalgia, nostalgia della settimana in vista della partita della domenica, queste invece sembrano quelle giornate estive dove si legge solo del calciomercato sui giornali”.

Lei è il responsabile della Prima Squadra del Bologna Femminile, può raccontare un po’ qual è il suo ruolo in seno alla società?
“Oltre ad essere dirigente della società, sono appunto il Dirigente Responsabile Accompagnatore della Prima Squadra. Durante la settimana mi occupo dei vari aspetti dell’organizzazione della partita della domenica. Se si gioca in trasferta, si prepara la trasferta. Comunque si prepara la partita col resto del gruppo dirigente, anche perché farlo da solo sarebbe impossibile! A partire dal Presidente si lavora tutti assieme e si organizzano trasferimenti, eventuali soggiorni in trasferta e poi dal sabato si prepara tutto il materiale tecnico per la partita. Insomma, si fa anche il lavoro del magazziniere. Poi la domenica c’è la partita: si accoglie la terna arbitrale, si prepara la distinta di gara, in campo aiuto l’allenatore con la segnalazione delle sostituzioni e prendo nota degli eventi della gara per tenere un archivio delle nostre partite, fornire i dati necessari all’allenatore e fornire il tabellino agli organi stampa”.

Insomma, fa anche l’Addetto Stampa?
“Sì, d’altronde non siamo una società molto grande. C’è il Presidente (Pietro Bosco, ndr), il vice Presidente Roberto Tedeschi, che è anche il responsabile dell’area informatica della società, poi ci sono io e altre due persone, due signore, che lavorano a stretto contatto col gruppo-squadra. Il loro è ruolo più importante perché ci aiutano nella comunicazione con le ragazze, hanno il “termometro” dell’umore delle ragazze e le accudiscono come delle figlie o delle nipoti. Il loro è sicuramente il lavoro più importante”.

Come ha cominciato a fare questa attività da dirigente all’interno del Bologna femminile?
“Ho fatto come tanti la solita trafila delle serie minori. Ho giocato a calcio come portiere, poi sono passato alla panchina. Ho allenato per tanti anni in società di calcio maschile sia a livello di settore giovanile, che di prima squadra. Tra queste ho allenato l’Ancora, una società di Bologna che ora non esiste più, con cui ho vinto anche un campionato provinciale. Lì, tramite il nostro attuale Presidente, avevo già avuto un contatto col calcio femminile, che si occupava del femminile all’Ancora. Dopo aver lasciato l’attività in panchina, sono stato fermo oltre un anno, poi una mattina ho incontrato il Presidente e lui mi ha coinvolto nel Bologna femminile, prima come preparatore dei portieri per uno o due anni e poi dietro la scrivania, un ruolo più comodo, fisicamente meno impegnativo ma certo mi tiene occupato in altro modo!”

Venendo alla squadra e guardando alla stagione disputata fino allo stop. Avete cominciato male il campionato con una serie di sconfitte e poi vi siete ripresi fino a fare 11 punti in 10 partite.
“All’inizio del campionato io non avevo messo in conto di fare questi 11 punti! Avevo preventivato molti meno punti, perché noi siamo sostanzialmente una squadra giovanissima, la squadra più giovane di tutti i campionati. Sei o sette undicesimi della squadra provengono dalla formazione primavera. Abbiamo puntato su ragazze giovani, senza nessuna esperienza nella Serie C, per fare il grande salto tra uno o due anni.
La decisione è stata frutto di un discorso fatto con l’AD del Bologna, Claudio Fenucci. Abbiamo pensato di non fare ciò che hanno fatto alcune grandi squadre come Juventus, Milan, Fiorentina, Roma che hanno acquisito il titolo sportivo di altre società e si sono trovate direttamente in Serie A. Avremmo potuto fare la stessa cosa, ma abbiamo preferito percorrere questa strada, facendo l’investimento sulle nostre atlete più giovani, e a loro abbiamo affiancato le ragazze più anziane, che poi anziane non sono perché hanno 23, 24, 25 anni! Sono comunque le ragazze che stanno aiutando le più giovani a crescere.
Io pensavo, a torto, che l’impatto con la Serie C sarebbe stato durissimo soprattutto anche visti i risultati delle prime partite. Tuttavia, vedevo che le ragazze, anche all’interno delle sconfitte iniziali, giocavano e lo facevano con grinta e determinazione, quindi quelle sconfitte erano perlopiù determinate da episodi, solo una o due sono state sconfitte meritate.
In questo c’è stato il grande lavoro dell’allenatore, che ha creduto e lavorato tanto su queste ragazze. A lui e alle ragazze possiamo solo dire grazie perché stanno facendo qualcosa di importante. Ragazze di 16, 17, 18 anni si sono trovate squadre che avevano anche calciatrici che hanno giocato in Serie A, hanno lottato, hanno resistito, poi magari alla fine perdi per mancanza di esperienza, di cattiveria sportive, ma bene o male stiamo costruendo qualcosa di importante. Tutto questo al netto delle sfortune, come l’infortunio della Mastrovincenzo, una delle chiocce del gruppo che si è infortunata subito ad inizio campionato, e Martina Marcanti che è appena rientrata dopo oltre un anno di stop”.

Rispetto all’anno scorso dunque c’è stato un cambiamento di progetto. L’anno scorso puntavate ad obiettivi più importanti rispetto a questa stagione.
“Sì, l’anno scorso puntavamo a qualcosa di più importante e c’è stata un po’ di delusione perché le cose non sono andate come desideravamo. Quest’anno è stato deciso di fare questo progetto, anche su input del Bologna. Abbiamo parlato con Fenucci, ci siamo trovati d’accordo su questo tipo di lavoro. Il bilancio, a prescindere dalla conclusione o meno della stagione, è comunque positivo e l’anno prossimo cercheremo di fare un passo avanti. Il sogno è quello di arrivare in Serie A con le nostre forze. Se poi le situazioni e le condizioni del calcio femminile in Italia ci obbligheranno in qualche maniera o metteranno nella posizione di arrivare in Serie A in un’altra maniera, ci adegueremo. Per il momento stiamo facendo più di quello che avevamo preventivato”.

In parte ha già risposto alla mia successiva domanda, sulle prospettive future del Bologna femminile e il sogno che custodite nel cassetto, ma voi ora vi trovate in Serie C per una vicenda particolare.
“Certo, il sogno è quello di arrivare in Serie A e noi ora ci troviamo in Serie C per colpa della riforma del campionato, perché effettivamente noi non siamo mai retrocessi dalla Serie B. Nella stagione 2017/18, le prime dei gironi della Serie B sono state promosse in Serie A, la seconda e la terza sarebbero rimaste in B, tutte le altre avrebbero poi partecipato al campionato di Serie C. Ci siamo trovati in questa situazione e abbiamo puntato su queste ragazze giovani che in prospettiva sono fortissime”.

Che cosa vede lei all’orizzonte per il futuro del calcio femminile in Italia?
“La riforma dei campionati che è stata fatta non ha accontentato molte società, qualcuna è anche scomparsa. Si dovrebbe avere un occhio di riguardo per le categorie inferiori che sono il serbatoio del movimento, bisogna curare i vivai e per farlo ci vogliono degli investimenti. Sarebbe necessario che venisse sovvenzionato il calcio femminile a partire dalle categorie minori, perché per arrivare in alto bisogna partire dal basso. Ogni casa ha bisogno di fondamenta forti.
Ricordo lo scorso anno l’entusiasmo e l’attenzione per i Mondiali, ogni giorno se ne parlava sui giornali e le televisioni, ma è finita lì. Bisogna sensibilizzare ad investire sul calcio femminile per attirare degli sponsor che possano dare la spinta a tutto il movimento”.