Al microfono di Ragazze nel Pallone, Denise Civitella intervista Fabiana Comin, allenatrice della squadra di calcio femminile del Venezia.

Ha vinto tre scudetti, una Coppa Italia, tre Supercoppe italiane, ha indossato per tredici volte la maglia della Nazionale, partecipando ad un Campionato Europeo ed ad un Mondiale. Un curriculum di tutto rispetto, non c’è che dire. E ciò senza considerare l’attività di allenatrice: si parte dal Venezia 1984 ed al Venezia si torna, passando da Verona (Bardolino ed AGSM), Fortitudo Mozzecane e Cittadella.

Ma quando la senti parlare non c’è narcisismo, non c’è protagonismo, a dire il vero nemmeno quel pizzico di autocompiacimento che, dopo tanti anni di carriera trascorsa nei campi di calcio femminile, verrebbe sicuramente perdonato.

Invece no: c’è Denise che fa le domande e Fabiana che risponde, con l’atmosfera “ufficiale” dell’intervista che sfuma immediatamente in una più familiare, dove ci si racconta senza particolari remore

E subito il racconto assume il carattere del “romanzo”: la carriera di Fabiana Comin inizia anche e soprattutto perchè un allenatore, Roberto Gambasin, ha il coraggio di presentarsi a casa sua, e riesce a strappare ai poco convinti genitori (eravamo negli anni ’80, non dimentichiamolo) il consenso a far debuttare la giovane Fabiana in serie D.

Mentre l’intervista prosegue, nella mente affiora una domanda: ma se quell’allenatore fosse stato più timido, e non avesse insistito con la famiglia Comin per avere la loro figlia nelle fila della squadra? …e un piccolo brivido percorre la schiena…

Comincia come ala destra, la giovanissima Comin, poi il destino, lo stesso che l’aveva portata in campo, mostra di nuovo i suoi disegni: la frattura di un menisco e la contemporanea lesione di un legamento fa in modo che Fabiana Comin, impossibilitata a correre al top, provi a giocare in porta: non male il risultato, visto che da quella porta uscirà solo al momento del ritiro dal calcio giocato.

E la sua vita professionale si incrocia con quella di grandi sportive e sportivi: fra i coach, Milena Bertolini su tutti e Sergio Vatta. Esperienze che l’hanno formata anche nel carattere, come lei stessa tiene a precisare.

Fra le calciatrici, Piera Maglio, Melania Gabniadini e Carolina Morace: hai detto niente; quest’ultima, tra l’altro, è colei che si permise di “servire quattro pizze ben calde” alle atlete inglesi, violando nell’agosto del 1990, con la sua quaterna, un tempio del calcio come il Wembley Stadium, unica atleta italiana a riuscirci in modo così eclatante, considerando pure i calciatori maschi.

E proprio parlando delle doti balistische di Carolina Morace , esce allo scoperto la vena autoironica di Fabiana Comin, che accenna al suo primo anno in serie A: “lei me la ricorderò a vita…mi ha fatto un gol…! …mi ha buttato dentro con la palla…; un bel battesimo del fuoco, non c’è che dire……

E quando le viene chiesto come si rapportava, ai tempi in cui era portiere titolare, con le sue “seconde”, lei conferma che ha sempre cercato di non far pesare il suo essere numero uno……qualcuno ne ne dubitava ?

E non si sottrae nemmeno alla bonaria provocazione di Denise: “sei scaramantica ?” …ammette di sì, e parla del rapporto tutto particolare che aveva con i suoi guanti quando ancora era fra i pali…

Atlete di questo tipo trasmettono passione per il calcio col solo parlare di sè, e lo fanno con la massima semplicità. Entrare in contatto con loro è una grande fortuna, la loro competenza è indubitabile.

Viene da pensare però, che anche se non si è state così fortunate da essere allenate da Fabiana Comin, sarebbe comunque bello potersi sedere accanto a lei, all’aperto in una tiepida sera di primavera, per farsi raccontare le radici di un movimento calcistico che ha lottato per la propria sopravvivenza, e che solo ora pare cominciare ad “entrare nei radar” dell’informazione sportiva che conta.

Ehi, Fabiana, raccontami un po’…

Fonte: articolo scritto da Marco Tamanti, di Ragazze nel Pallone