Milena Bertolini, CT della Nazionale italiana, ha parlato a Gaia Piccardi del Corriere della Sera riguardo lo sviluppo e le sorti del calcio femminile dopo questa crisi causata dal Coronavirus.

A casa a Reggio Emilia («Ho il verde, posso allenarmi in giardino: sono fortunata»), tra una Scala 40 con mamma Eves («È più competitiva di me!») e un video sulla crescita personale («Vito Mancuso, teologo, mi insegna la spiritualità; Mauro Scardovelli, psicoterapeuta e giurista, gli aspetti profondi della gestione di un gruppo»), la c.t. dell’Italia Milena Bertolini osserva il calcio che prova a ripartire in tempi di coronavirus. Se tutto va bene, la sua Nazionale si ritroverà a settembre per le qualificazioni all’Europeo 2022. Ma che fisionomia avrà tra cinque mesi il calcio femminile, se quello maschile — come d’abitudine — non ha occhi che per se stesso?

Milena, è preoccupata?
«È chiaro che lo scenario di un ritorno al passato,  in una situazione di crisi economica, c’è: chi è più fragile  rischia uno stop nel percorso di sviluppo. Siamo a un bivio: declino o rinascimento. Non solo noi donne, tutti».

Lei da che parte va?
«Voglio pensare positivo. Non credo a un ritorno all’anno zero del calcio femminile: quello che è stato fatto, rimarrà perché è nell’anima delle persone. Il Mondiale in Francia ha smosso tanto. Il nostro calcio ormai è amato per la freschezza delle giocatrici e i valori che sa trasmettere. Spero, piuttosto, che questo momento ci porterà a un cambiamento generale, che ci coinvolga».

Ritiene il calcio italiano capace di un cambiamento interessante?
«Non c’è alternativa. Siamo indebitati, frangibili, economicamente non sappiamo sostenerci, dipendiamo dai diritti tv. Quale migliore occasione di ripartire con una marcia, e basi, diverse?».

Ha suggerimenti?
«Sogno una nuova armonia tra diverse esigenze: portare a termine i campionati, perché è giusto, con la priorità della salvaguardia della salute e, magari, regole diverse imposte da una situazione straordinaria, davanti alla quale il sistema Paese si è fatto trovare impreparato. Riprendere a settembre o ottobre, per esempio. Si possono trovare tante soluzioni creative».

Si spieghi meglio.
«Vedo tutte le energie dei nostri dirigenti concentrate sull’ora. Ne vedo poche convogliate sul dopo. Non si può pensare solo all’urgenza. Va bene riorganizzarsi per assegnare i titoli, cioé. Ma poi si va avanti alla vecchia maniera?». 

Credit Photo: FIGC – Federazione Italiana Giuoco Calcio