Sandy Iannella, simbolo e bandiera della Sassari Torres, ha espresso il suo giudizio riguardo la situazione in cui si trova il movimento calcistico femminile italiano ai nostri microfoni analizzando la sua stagione e la sua carriera con uno sguardo verso il futuro.

Il calcio femminile negli ultimi 2 anni sta sempre più prendendo piede in Italia e ciò ha mutato molti aspetti, sia per quanto riguarda dentro al campo sia fuori. Quali sono le maggiori differenze che hai notato rispetto al calcio femminile di 5/10 anni fa?
“Sicuramente le maggiori differenze riguardano la visibilità, l’organizzazione e la disponibilità di strutture messe a disposizione dalle società alle calciatrici e staff. Ad oggi, sicuramente grazie anche alla grande prova delle azzurre ai mondiale, c’è molta più attrazione verso il calcio femminile, così da catturare l’attenzione di testate giornalistiche importanti, canali televisivi di prima fascia e piattaforme come Sky, che indubbiamente hanno alzato il valore del calcio in rosa portandolo agli occhi di chi prima storceva un po’ il naso quando si parlava di donne che giocano a calcio.”

Con l’avvento delle società maschili professionistiche nel mondo del calcio femminile sono indubbiamente aumentate le possibilità per le ragazzine di sognare concretamente di diventare una calciatrice a tutti gli effetti, con strutture ed attrezzature adatte. Questo processo di crescita differente potrebbe portare ad un innalzamento del livello tecnico tattico del movimento italiano in generale?
“Il livello del movimento italiano deve crescere perché il gap con le altre nazioni è ancora troppo ampio. Da quando le squadre maschili hanno investito con il femminile il livello si è alzato sicuramente; le bambine che iniziano a giocare adesso sono molto fortunate e possono dedicarsi al calcio liberamente e senza doversi preoccupare di niente, solo di seguire I proprio sogni. Però una cosa va detta: non bisogna perdere i valori di una volta, quelli del vecchio calcio, dove la passione, il sacrificio e la costanza facevano da padrona. Perché adesso magari è più facile perdere l’obbiettivo con l’arrivo di sponsor e social media magari questa grande visibilità può giocare un brutto scherzo, per cui le ragazze di ora devono stare ancor di più con i piedi ben saldati in terra e lavorare sodo.”

La gran parte della tua carriera l’hai passata nella bellissima terra sassarese, alla Torres, diventando per tutti la beniamina della squadra sarda e venendo “adottata” da Sassari; la squadra dei 4 scudetti consecutivi ancora oggi è una delle più forti che il calcio femminile italiano abbia mai avuto. Quali sono le emozioni e i valori che ti ha trasmesso la tua esperienza in rosso blu?
“Come dico spesso le emozioni che ho provato indossando la maglia della Torres sono molteplici e sono anche difficili da spiegare a parole. La mia, come per la maggior parte delle mie compagne di quel tempo e per chi ha indossato i colori rosso blu , era diventata una fede. Ancora oggi, quando penso a quegli anni , rivedendo foto o video, i miei occhi brillano e si riempiono di grande commozione. La Torres è la mia seconda famiglia, la Sardegna è stata la mia casa per tanti anni e lo sarà sempre.”

Stesse emozioni e stessi valori che hanno fatto si che tu tornassi alla Torres nel febbraio dell’anno corrente, superando un ritiro e la parentesi beach soccer, dando un contributo consistente alla squadra. Cosa ti ha convinto maggiormente del progetto del presidente Budroni?
“Il progetto di Budroni mi aveva già convinto nel 2016, quando lui si era preso sulle spalle la società portandola di nuovo a vivere. Quell’anno avevo accettato , e avremmo dovuto giocare in serie B ma ci è stato negato. Gli anni sono passati, io ho fatto altre scelte, ma con il presidente è nata un’amicizia e siamo rimasti sempre in contatto. Quando quest’anno mi ha proposto di dargli una mano e di giocare di nuovo per quella maglia e per il mister Arca abbiamo cercato di trovare un giusto compromesso per far sì che potessi finire il campionato con loro. Ovviamente la mia vita era cambiata rispetto a prima con delle priorità diverse, come la famiglia, il lavoro e l’università. Ma siamo riusciti a trovare una formula che mi potesse permettere di fare tutto. Il beach soccer c’era prima e ci sarà anche dopo, vorrei praticarlo fino a quando riuscirò a permettermelo.”

In campionato eravate al secondo posto a soli 4 punti dal Pontedera capolista con ancora 8 giornate da disputare. Quali sono le tue considerazioni rispetto a questa stagione?
“Una stagione da quasi sempre prime in classifica, solo nell’ultimo mese, prima dello stop forzato, ci siamo trovate seconde a 4 punti dal Pontedera per aver sbagliato un paio di gare. Visto che l’obiettivo della società era ed è quello di vincere il campionato. Se mai ci dovessimo trovare nelle condizioni di non fare il salto il serie B, a quel punto sarà stato un anno amaro, con un sacco di energie sia economiche che mentali sprecate. Anche se poi sicuramente andrà messo sulla bilancia tutto quello che di buono è stato fatto, per ricominciare.”

Nella tua permanenza al Sassuolo, hai subito un grave infortunio con la necessità della ricostruzione del legamento crociato anteriore che ti ha costretta a restare lontano dai campi per ben 6 mesi. Sei sempre stata una giocatrice rabbiosa e con una cattiveria agonistica senza eguali, ma dove hai trovato la forza per rialzarti da questa brusca caduta?
“Ho pensato molte volte a come avrei reagito se avessi subito un grande infortunio, molte volte mi sono anche detta che non sarei mai riuscita ad affrontare una cosa così dura e lunga. Quando invece il 24 ottobre del 2017 mi sono trovata proprio in quella situazione sono cambiati i miei pensieri. Subito poco dopo avevo una grande voglia di tornare, di dimostrare che anche a 30 anni sarei tornata più forte di prima. Così è stato. Sicuramente quell’infortunio mi ha cambiata, mentalmente mi ha resa più forte. Ho passato 5 mesi e 20 giorni durissimi, quando ho ripreso ad allenarmi non c’era giorno che non piangessi sia durante l’allenamento che dopo. Ma sono stata più forte,  ce l’ho fatta e l’anno dopo mi sono tolta altre soddisfazioni, diventando capitano e scendendo in campo con molta più consapevolezza. Non è bastato per arrivare al mondiale per cui non ho chiuso in bellezza. Ma non ho rimpianti e sono molto orgogliosa di ciò che ho fatto nella mia carriera e del mio percorso.”

Concludendo, quando appenderai definitivamente le scarpette al chiodo, ti piacerebbe restare nel mondo del calcio? Ti vedi meglio in panchina come allenatrice o dietro la scrivania come dirigente?
“Le mie scarpette sono già un po’ da parte, le posso rispolverare solo per occasioni speciali. Per quanto riguarda il resto, sto cercando di trovare il ruolo che più mi appartiene. Ho varie proposte: mi piacerebbe molto rimanere nel calcio come dirigente o responsabile di qualche settore femminile. Per quanto riguarda fare l’allenatrice, mi piacerebbe solo in parte. La figura dell’allenatore è molto articolata, a quel punto preferirei fare un secondo allenatore.”

La Redazione di Calcio Femminile Italiano ringrazia Sandy Iannella per la sua disponibilità.

Credit Photo: Alessandro Sanna