Continua l’interessante ciclo di interviste targato Calcio Femminile Italiano ai coordinatori federali regionali della FIGC per lo sviluppo dei settori giovanile e scolastico. L’ospite del giorno è il Professor Giacomo Parbuoni, responsabile della Regione Umbria, con cui abbiamo avuto il piacere di parlare della diffusione del calcio femminile a livello giovanile, dei prossimi progetti sul territorio umbro fino a toccare il delicatissimo tema del professionismo femminile.

A che punto è, attualmente, la diffusione del calcio femminile nei settori giovanili e scolastici del vostro territorio?
La diffusione del calcio femminile in Umbria ha subito, nonostante la pandemia, un notevole incremento. Un numero sempre maggiore di bambine vuole infatti giocare a calcio, specialmente in ambito scolastico. Questo ha contribuito ad un nostro primo coinvolgimento attivo in tornei nazionali. Abbiamo inoltre società specializzate in calcio femminile che, pur essendo ancora in fase embrionale, giocano già su campi importanti.
La nascita di realtà dilettantistiche di questo tipo sottolinea quanto la richiesta sia alta su tutto il territorio. Siamo fortunati ad avere tanti dirigenti disposti a mettersi in gioco anche nel mondo del calcio femminile, in quanto in questo modo molte ragazze possono continuare ad inseguire la loro passione. A queste si aggiungono poi squadre come Perugia e Ternana, entrambe impegnate nel campionato di Serie C, società ben organizzate anche in ambito femminile su indicazione e sostegno della FIGC.

Purtroppo, però, ci sono ancora troppi pregiudizi che colpiscono il calcio femminile e che in qualche maniera limitano le attenzioni verso questa realtà in continuo sviluppo e ascesa. Nonostante ciò, il numero delle tesserate è aumenta sempre di più nelle ultime stagioni, arrivando a sfiorare quest’anno quota 400, un numero importantissimo soprattutto in considerazione delle poche decine di unità che riuscivamo a raggiungere appena 3 o 4 anni fa.
Questo crescente interesse è dovuto principalmente al nostro lavoro all’interno delle scuole, dalla primaria alle superiori, promuovendo progetti specifici di calcio femminile. È stato proprio in queste occasioni che molte ragazze si sono innamorate di questo sport, magari perché erano canonicamente abituate a praticare sport ritenuti “maggiormente femminili” come la pallavolo o la danza piuttosto che giocare a calcio. Dopo aver scoperto questo gioco, libere dalla pressione dei risultati, si sono man mano lasciate coinvolgere ed indirizzare verso le realtà femminili esistenti sul territorio. Proprio per questo, sento di dire che la scuola è stata il punto di partenza senza il quale non avremmo potuto raggiungere i risultati di oggi.

Che tipo di contributo offrite come comitato regionale?
Alle scuole che partecipano ai progetti federali offriamo contributi non di natura economica, bensì materiale sportivo di qualità e di un certo livello. Quest’anno, ad esempio, a due scuole del territorio, una in provincia di Terni ed una a Marsciano (PG), abbiamo fornito dei kit d’abbigliamento PUMA. Le ragazze hanno dunque ricevuto la divisa completa della nazionale, la tuta ufficiale, alcuni kit personalizzati, palloni ed altro materiale fondamentale per gli insegnanti. Anche per questo motivo, le richieste di aderire al nostro progetto da parte delle scuole sono aumentate notevolmente (almeno 20 quest’anno).

Quanto importante è il coinvolgimento delle società, specie di quelle più grandi, nelle iniziative scolastiche?
La loro partecipazione è fondamentale. Se il nostro lavoro all’interno delle scuole non avesse un riscontro altrettanto positivo sul territorio, con società pronte ad accogliere le bambine per continuare a giocare, il tentativo di incentivare la diffusione del calcio femminile resterebbe un sogno proibito ed utopico. Moltissimi istituti ci chiedono infatti di trovare e segnalare sul loro territorio delle società che, attraverso specifiche convenzioni, permettano di dare continuità al percorso sportivo iniziato all’interno delle mura scolastiche. Per questo è importantissimo che le realtà calcistiche di tutta la regione comprendano la crucialità del loro ruolo anche in questo ambito. Durante gli incontri con i dirigenti delle diverse società del territorio, inoltre, tendo a sottolineare il potenziale impatto positivo che un elevato numero di tesserate potrebbe avere sui bilanci dei loro club, specialmente se non ancora dotati di un settore femminile. Avere un numero più alto di iscritti, infatti, non è un fattore da sottovalutare, specialmente in un periodo in cui la concorrenza degli altri sport, la pandemia e i timori di molte famiglie legate al COVID hanno fatto diminuire il numero di tesserati in molte realtà. È altrettanto doveroso specificare che avere una squadra femminile ed una maschile contemporaneamente rende necessaria la presenza di spogliatoi separati, aspetto di cui alcune società non riescono a dotarsi. La soluzione ideale, però, sarebbe svolgere le due attività sportive a orari diversi, così da evitare qualsiasi tipo di accavallamento.

Quali risultati si aspetta di conseguire a breve?
Al momento mi accontenterei volentieri di seguire il trend positivo conosciuto finora. Come già detto in precedenza, numeri così elevati mostrano il grande successo che sta riscuotendo il calcio femminile sull’intero territorio regionale, pertanto riuscire a mantenere questo trend sarebbe un risultato straordinario. La nascita di società specializzate nel femminile è poi un altro grande traguardo raggiunto.
Certo è che, un po’ come per il maschile, più si va avanti più si potrà lavorare sull’aspetto qualitativo. Proprio 20 giorni fa, due delle nostre giovani della selezione regionale U15 sono state convocate in nazionale. Questo mostra appunto come, lavorando con costanza e metodologia, si possano raggiungere obbiettivi tanto importanti. A questo proposito, vorrei sottolineare che il calcio femminile non va confuso con quello maschile, né dal punto di vista fisiologico né tantomeno da quello mentale o dal punto di vista della predisposizione. Ciò rende necessaria la presenza di allenatori ed istruttori specializzati che possano svolgere al meglio le attività sportive. A tal proposito, sono orgoglioso di evidenziare la bravura e la professionalità dei nostri tecnici, aspetti su cui sono stato tanto esigente. Nel corso della loro formazione, infatti, ho voluto che partecipassero non ai corsi tradizionali validi anche per il maschile, bensì a quelli organizzati dalla UEFA proprio per il calcio femminile. Questo ci ha inoltre permesso di conoscere e aderire al progetto “Playmakers” che, anche sul nostro territorio, sta riscuotendo un notevole successo.
Tengo particolarmente a specificare, inoltre, quanto sia più facile perdere un tesserato rispetto ad una tesserata. Il ragazzino, infatti, tende facilmente ad identificarsi ed imitare giocatori come Messi e Ronaldo e, non appena si rende conto di non poter raggiungere quei livelli, è portato a smettere. Le ragazze, invece, giocano per amore di questo sport, non per raggiungere un risultato a tutti i costi o per guadagnare tanti soldi. Molto spesso questa passione le spinge ad andare contro il volere di genitori che vorrebbero per loro una disciplina differente. Per questo penso sia importante conservare questo aspetto anche quando il calcio femminile compierà importanti passi in avanti verso il professionismo.

Come potrà cambiare lo scenario con l’avvento del professionismo femminile?
Innanzitutto, sono assolutamente favorevole al professionismo femminile, possibilmente a partire da una certa età in su! Penso sia fondamentale che questo sistema funzioni proprio come per il maschile, tanto nel calcio come in tutti gli altri sport. Solo in questo modo, infatti, è possibile creare un’élite che vada al di là della pratica sportiva intesa esclusivamente come stile di vita. Senza ombra di dubbio, però, il professionismo dovrebbe essere codificato entro schemi che non dovranno essere semplicemente mutuati dal mondo maschile. Ci sono infatti molti aspetti negativi di quest’ultimo da cui bisognerà imparare e che dovranno essere eliminati. Comunque sia, penso sia giusto e fondamentale che una ragazza possa avere l’opportunità di allenarsi costantemente anche a livello professionale per raggiungere il livello e gli obbiettivi che si è prefissata.

Alessandro Gargiulo
Anacaprese atipico, ho lasciato l’isola alla volta di Udine per seguire il corso di laurea triennale in Mediazione Culturale. Durante gli anni in Friuli ho avuto modo di conoscere ed amare la cultura slovena inizando a seguire la Slovenska Ženska Nogometna Liga. Laureato in Informazione ed Editoria presso l'Università di Genova, coltivo la passione per il giornalismo sportivo ed il calcio femminile. Essendo stato, in passato, responsabile della rubrica sportiva presso LiguriaToday, ho avuto inoltre la fortuna di assistere dal vivo e raccontare gli incontri di alcune squadre della provincia di Genova. Nutro infine un forte interesse anche per gli eSports ed ho avuto modo di seguirne i match più importanti, intervistando alcuni dei suoi principali protagonisti.