Intervenuto in collegamento telefonico della trasmissione “Il Mercoledì in rosa” su Nuvola 61, il presidente del Brescia Giuseppe Cesari ha rilasciato dichiarazioni molto dure nei confronti della FIGC e più nello specifico della Juventus.

Senza troppi peli sulla lingua Cesari dice che andando avanti così nella strada della affiliazione a tutti i costi non si rende un buon servizio al calcio femminile e che le nuove società professionistiche (Juventus, Fiorentina, Empoli, Sassuolo) stanno scavalcando e di fatto uccidendo realtà storiche grazie alle regole della FIGC che permettono loro di saltare passaggi di serie e iscriversi direttamente in Serie A, come si evince dalle sue parole: “Per carità, le società professionistiche porteranno il livello del calcio femminile molto in alto, su questo non c’è dubbio. Potevamo uscire di scena in modo migliore però dobbiamo accettarlo. E ringraziare Tavecchio. E’ il sistema che è stato concepito in maniera sbagliata, perché non c’è stato rispetto per società tipo Brescia, Mozzanica, Torino o altre che per trenta, quaranta anni hanno tirato la carretta di questo calcio femminile, e che adesso saranno distrutte”.

La polemica è nata dalle parole del presidente del Torino Calcio Femminile Roberto Salerno quando ha accusato apertamente la Juventus di concorrenza sleale e scorrettezza, dato che pare che la società bianconera abbia chiamato direttamente le giocatrici o in alcuni casi addirittura i genitori, senza il minimo rispetto per le società di appartenenza. Cesari fa anche notare come la Juventus abbia de facto “comprato” la Serie A prendendosi il titolo sportivo del Cuneo e accusa alla fine Tavecchio: “Questo sicuramente non è un buon segno se vogliamo che il movimento cresca. Oltretutto, quante tesserate hanno portato in più queste società, grande obiettivo del presidente Tavecchio? Nessuna.”

In un altro articolo abbiamo espresso come anche a noi sia parso strano che la Juventus abbia scelto il Cuneo Calcio Femminile e non la Juventus Femminile, società che milita in Serie B e che ha dalla sua una storia trentennale: altre società, come il Sassuolo e l’Empoli, hanno invece deciso di premiare le realtà locali e hanno guadagnato sul campo la Serie A e non con un passaggio di carte.  Se poi ci si mette pure il sospetto che grandi giocatrici come Giuliani, Bonansea, Rosucci, Galli, Caruso e Cernoia abbiano scelto la Vecchia signora solo per il blasone e con qualche telefonata di troppo, rompendo di fatto ogni equilibrio nel calcio femminile e costringendo altre squadre ad avere più rifiuti del solito da parte delle calciatrici, allora si avverte come forse questa grande ondata di novità nel calcio femminile non abbia proprio portato quel cambiamento positivo che doveva esserci.

Quindi non c’è nessuna lite tra Cesari e la Juventus: il presidente del Brescia ha espresso la sua su una certa linea della FIGC sul calcio femminile che mostra troppo il fianco alle società maschili che vogliono entrare nel mondo del calcio in rosa. E che mi trova d’accordo. E spiego perchè.
Non ho nulla contro l’ingresso delle società professioniste maschili nel calcio femminile ma il tutto deve avvenire a mio avviso con una certa formula e rispettando le squadre che hanno reso grande il calcio in rosa (e tutti i tifosi della Torres potranno capirmi). L’unico vero passo che deve essere fatto a mio avviso per il calcio femminile (e per lo sport femminile in generale) è il riconoscimento delle atlete come professioniste e non più come dilettanti, ma la proposta di legge 4/12495, presentata l’11 marzo 2016o dalla deputata Beatrice Brignone per eliminare il divario tra lo sport professionistico maschile e quello dilettantistico femminile, è ancora al palo e non abbiamo mai sentito proferire parola nè dalla FIGC nè dal presidente Tavecchio o quantomeno Cabrini, Uva o Morgana. Cominciamo da questo, poi si vedrà.

Credit Photo: Ramelli Fazzari Fotografia

2 COMMENTI

  1. Lo spunto è l’arrivo nel calcio femminile, dilettantistico, di società professionistiche. E’ normale che gli equilibri e che chi era in primo piano e si sente sorpassato abbia da ridire. Meno comprensibili le esagerazioni, “non c’è stato rispetto per società tipo Brescia, Mozzanica, Torino o altre che per trenta, quaranta anni hanno tirato la carretta di questo calcio femminile” non ha senso. Il Brescia è stato fondato nel 1985 e ha avuto accesso in Serie B nel 2003, il Torino, fondato nel 1981 è stato promosso in B nel 1985 (30 anni fa, ok) ma il Mozzanica è stato fondato nel 2002 ! trenta-quarantanni a tirare il carretto del calcio femminile ? Tralasciamo l’affermazione che la Juventus abbia de facto “comprato” la Serie A in quanto del tutto campata in aria, le NOIF vietano espressamente che i titoli sportivi siano acquistabili ma prevede tempi e modi per fusioni, scissioni, variazioni di sede e denominazioni sociale, che è altro dal “comprare”. Ma il nodo fondamentale è un’altro : la Divisione Calcio Femminile è ancora un comparto della LND, l’intero movimento crescerà davvero solo e quando la Divisione Calcio Femminile avrà la sua autonomia all’interno della FIGC a fianco e non sottoposta alla LND. Se le società pensano a difendere il proprio orticello invece di remare tutte in questa direzione, non ci si arriverà mai.

  2. Avete buone ragioni tutti e tre sig.ri Cesari, Pellone e Mascetti. Il professionismo nello sport femminile e una lega calcio femminile sono le prime proposte da attuare, ma sinceramente mi sembra che sia le società come scrive il sig. Mascetti, sia la Federazione non riescano proprio ad impegnarsi per promuovere questo sport.

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