«Le donne non possono parlare di calcio», parola di Sinisa Mihajlovic, ex allenatore del Milan, silurato proprio pochissimi giorni dopo questa affermazione. Se non possono parlarne, figurarsi giocarlo, perché il calcio, si dice, «non è uno sport per signorine».  Sicuri?

Chissà, magari la percezione è destinata a cambiare: un po’ grazie ai risultati della Nazionale di Cabrini, al Brescia che in Europa ha fatto meglio di tutte le squadre italiane maschili raggiungendo i quarti di Champions League (a proposito: a ospitare la finale 2016 tra Wolfsburg e Lione è stata Reggio Emilia), o forse grazie ad un recente servizio delle Iene. Intanto, però, il calcio femminile esiste, e a livello di Figc la provincia di Modena può essere considerata una di quelle in cui il movimento, nonostante mille difficoltà, può contare su numeri dignitosi. Esistono diversi club a livello di tornei di Calcio a 7 e Calcio a 5, i tornei amatoriali Uisp e Csi insomma, ma c’è anche una società che partecipa al campionato federale, alla Serie D, e prova a cambiare anche la percezione dello sport, «anche se le resistenze sono ancora molte: ci sono genitori che preferiscono che le figlie facciano altri sport, il pregiudizio è duro a morire»: Davide Oltramari, dirigente del settore femminile della Folgore Mirandola, è uno di quelli che lavora per cambiarla, questa percezione, e magari per convincere qualcuno in più a verificare di persona, al campo di via Posta, che le partite non sono… all’acqua di rose.

I risultati gli stanno dando ragione; quinto posto alla prima stagione di D – il girone unico è stato vinto dall’Onda Pesarese: il team marchigiano è stato promosso in C – con una squadra giovanissima e bersagliata dalla sfortuna: «Alla fine del girone di andata le ragazze erano seconde, poi diverse cose sono andate per il verso sbagliato, ma abbiamo potuto lanciare le giocatrici più giovani e abbiamo scoperto che questa squadra ha un futuro». 

La Folgore rilancia: proprio in questi giorni sta lavorando per la prossima stagione, per costruire ancora una squadra che possa competere in D, con vista sulla promozione, e se possibile riportando a Mirandola un settore giovanile come quello che la società – ma il contesto era diverso – aveva creato sino a pochi anni fa, tra gli amatori.

Il tutto sempre a portata di derby, perché in realtà la Bassa ha anche un’altra rappresentante: è la vicina Poggese ed è nata dalle ceneri di altre società, tra cui la Virtus Medolla che non c’è più. Proprio in questo senso la retorica del gioco che non sarebbe adatto alle signorine arrossisce: «Sono derby accesissimi, le ragazze non tirano certo indietro la gamba e gli arbitri, che spesso sono ragazzini, hanno un bel lavoro da fare per mantenere in pugno la gara…». Proprio come con i colleghi maschi, perché alla fine l’agonismo quello è. Anche perché, tra le ragazze, screzi ed antipatie sono all’ordine del giorno, come conferma Oltramari: «Allenare le donne è più difficile rispetto ad allenare gli uomini, perché la passione magari è la stessa, ma un ambiente femminile a volte è più difficile da tenere unito per le dinamiche che si creano». E perché, in fondo, competizione e invidie non mancano di certo. Anche questo è calcio, dopo tutto.