Ci sono finali che restano in archivio come semplici numeri, e altre che diventano racconti, piccoli romanzi sportivi. La prima edizione della Serie A Women’s Cup non poteva scegliere epilogo più intenso: la Juventus ha battuto la Roma 3-2 con un gol di Lindsey Thomas al 92’, scrivendo un finale degno della nascita di un trofeo che vuole imporsi nel panorama del calcio femminile italiano.
La cronaca direbbe di una gara vibrante, fatta di sorpassi e contro-sorpassi: Vangsgaard apre le danze, Haavi ristabilisce l’equilibrio, Bonansea riporta avanti le bianconere, Giugliano risponde, e quando tutto sembrava già destinato ai rigori, Thomas spunta in area per siglare il colpo del definitivo 3-2. Ma fermarsi al tabellino sarebbe riduttivo.
Questa finale ha raccontato due filosofie: da un lato la Juventus, capace di trasformare quasi ogni calcio piazzato in occasione concreta, con la consueta lucidità nel capitalizzare le situazioni più concitate; dall’altro la Roma, che ha mostrato forza mentale e qualità nel ribaltare l’inerzia due volte, ma che si è smarrita proprio nel momento decisivo, pagando cara una distrazione difensiva nel recupero.
Il destino ha voluto che a decidere fosse proprio Lindsey Thomas: al 92’, infatti, la sua incursione in area ha spezzato l’equilibrio, trasformando una partita già vibrante in un racconto da ricordare. Quel gol non è stato solo una vittoria: è stato il frutto di determinazione, concentrazione e lucidità in un momento di massimo sforzo. Thomas, che ha militato in passato nella Roma, porta con sé un’esperienza importante del calcio italiano, e la sua rete sembra racchiudere il senso stesso di questa Women’s Cup: un trofeo nato per raccontare storie di passione, sacrificio e rivincita. Quando il tempo scade, chi sa restare lucido scrive il proprio capitolo nella storia dello sport — e ieri, a Castellammare di Stabia, quella storia l’ha scritta lei.
Dietro al risultato c’è anche la dimensione emotiva: Bonansea ha confermato, con il suo guizzo da campionessa, di essere ancora un riferimento imprescindibile; Haavi e Giugliano hanno incarnato lo spirito della Roma, tra coraggio e tecnica; ma alla fine è stata la profondità di rosa bianconera, unita a un cinismo feroce, a pesare più di tutto.
La Women’s Cup nasce così, con un atto che somiglia a una dichiarazione d’intenti: non un semplice torneo estivo, ma un banco di prova che misura il livello delle big italiane, pronto a diventare tradizione. La Juventus porta a casa il trofeo inaugurale e insieme un’iniezione di fiducia per il campionato e l’Europa; la Roma, pur sconfitta, dimostra di poter stare al passo e di avere tutte le carte in regola per riprovarci.
In fondo, il calcio è anche questo: imparare a leggere i dettagli, a non abbassare la guardia fino all’ultimo istante. La Juventus lo ha fatto, la Roma no. E la differenza, stavolta, è stata tutta lì.






