C’è un famoso articolo di Anya Alvarez, pubblicato sul The Guardian, che titola: “Pensavo che il principale obiettivo negli sport femminili fosse l’equal pay. Mi sbagliavo”.
In modo molto brillante la giornalista dimostra che l’obiettivo principale delle rivendicazioni sull’eguaglianza di genere nello sport debba avere a che fare con gli investimenti in marketing e promozione: “There is systematic sexism in sports that leads to unequal pay, which starts with how women are marketed by their own leagues” (“C’è un sessismo sistematico nello sport che porta a una retribuzione ineguale, che inizia con il modo in cui le donne sono commercializzate dai propri campionati”).

Quello che dice Alvarez è una sacrosanta verità: la battaglia per il professionismo sportivo femminile passa attraverso la sostenibilità economica dello sport praticato da donne. E non ci sarà nessuna sostenibilità economica senza un importante investimento in politiche culturali e commerciali legate alla promozione delle sportive e delle competizioni femminili.

In parole povere, la battaglia per il professionismo femminile passa attraverso la qualità del marketing, intendendo il marketing non come una serie di tattiche pubblicitarie ma, piuttosto, come “l’atto di far accadere il cambiamento”.

Con la rubrica #versoilprofessionismo ci interessa dunque portare alcuni argomenti di riflessione sul marketing che sta sorgendo attorno al calcio femminile.
Oggi inizieremo con una campagna prodotta dall’agenzia di comunicazione WE RAD, che aveva proprio le nostre giocatrici come protagoniste.

La visione del progetto proponeva uno storytelling rivolto al mondo del fashion facendo posare le nostre giocatrici all’interno del campo sportivo con una selezione di abiti di Gucci tratti dalla collezione Guccify.

L’idea della Responsabile Comunicazione Martina Pierozzi, realizzata insieme all’art director Bianca Borri e supportata dalla stylist Elisa Sedoni, era quella di arricchire la visione portata avanti per Gucci da Alessandro Michele, con la quale il brand è diventato sinonimo di rottura dei canoni tradizionali di moda e di bellezza.

La campagna mira a mostrare una donna a suo agio sia col vestito da sera che col vestito da calcio. Una donna che si sottrae agli stereotipi attraverso una riflessione su cosa voglia dire “forza” e “sicurezza di sè”.

Quello che ci sembra interessante in questa campagna è la capacità di mettere in evidenza un tema fondamentale: nelle battaglie che le sportive stanno sostenendo per l’eguaglianza dei diritti è contenuta una potente rivendicazione culturale.
Essere atleta può voler dire doversi necessariamente sottrarre agli stereotipi sulla “femminilità”. Per un’atleta è chiaro che essere donna può essere differente da essere stereotipatamente “femminile”. Le due cose non coincidono affatto. La “femminilità” non esaurisce assolutamente il campo dell’essere donna, che si realizza nella voglia di vestirsi in un certo modo quanto nel piacere di giocare su un campo di terra.

Questo ci sembra un bell’esempio di marketing legato alle calciatrici.

#changethegame
#losportpuòcambiareilmondo
#DonnaeAtleta

Credit Photo: Florentia San Gimignano