Verona – Sofia Meneghini, da sempre detta Lola, gialloblù da tantissimi anni e difensore centrale dell’Hellas da due stagioni, ci racconta del periodo trascorso a casa in questi giorni, del rapporto con la gemella Francesca, della stagione della squadra e del rapporto di grande amicizia con la compagna Bianca Bardin. Un’intervista per trascorrere, il sabato, insieme a Lola.

Cosa fai in questi giorni?
«Sarò onesta: alcune volte mi sveglio tardi, altre volte invece mi sveglio presto e studio, perché devo seguire le lezioni online dell’Università. Leggo, guardo delle serie tv (per esempio ora sto guardando Orange Is the New Black) e poi, insieme a mia sorella, ci siamo messe a cucinare, così da far trascorrere il tempo. Come ce la caviamo sui fornelli? Bene! Siamo brave, siamo una coppia che funziona».

Il rapporto con la tua gemella Francesca?
«Per me la sua opinione è sempre importante, specie in questo momento: io ero un po’ preoccupata per la situazione che si sta creando, ma lei invece vive con più serenità questo periodo e riesce a distendere le preoccupazioni. Io sono tranquilla, se anche lei lo è. Chi delle due trascina l’emotività della coppia? È un rapporto equilibrato. Alla base senti di essere nata con un ‘prolungamento’ del tuo corpo, lì a fianco, per cui è normale confrontarsi su qualsiasi cosa. Caratterialmente siamo molto diverse, ma quando si parla di argomenti molto seri abbiamo opinioni simili e immagino sia perché, essendo cresciute in questa famiglia, alla fine si condividono i valori e i principi fondanti. Le differenze? Io estroversa e lei introversa. Lei razionale e io più emotiva. Lei riflessiva mentre io un po’ meno. Non saprei, comunque anche io penso alle cose (ride, ndr)».

La tua gemella Francesca e il calcio.
«Caratteristiche di Francesca che mi farebbero comodo calcisticamente parlando? Lei è una stratega, è come se si preparasse tutto in maniera perfetta. Se deve fare qualcosa non la fa se non può farla in modo perfetto. Quindi questo è ciò che prenderei da lei, per metterlo in pratica sul campo. Perché lei non si è avvicinata al calcio? Francesca ha fatto per qualche anno judo quando era piccola piccola, poi ha fatto danza per molto tempo. Lei è il calcio sono proprio due cose diverse, non ci ha nemmeno mai provato e neanche lo guarda. Lei danza e io calcio. Ricordo che una volta è venuta a ‘vedere’ una nostra partita e, siccome sono partita dalla panchina, lei si è messa a leggere un libro. Mamma mi ha raccontato che solo quando sono entrata, nel secondo tempo, lei si è risvegliata, ha detto: ‘Guarda mamma, entra Sofia!’. E poi si è rimessa a leggere. Lei guarda me, non il calcio. Francesca mi ha vista crescere e, già dalle prime soddisfazioni come le prime convocazioni con le Nazionali giovanili, mi ha chiamato ‘il mio campioncino’. Lei non lo esprime, ma io sento che è orgogliosa di me e io sono felice di questo».

Da brave gemelle… vi rubate i vestiti?
«Sempre (ride, ndr), costantemente. È una guerra. Ogni tanto ce li rubiamo, poi la cosa degenera e allora iniziano le battaglie. Sappiamo che a me piacciono dei vestiti suoi e a lei piacciono dei vestiti miei».

Una stagione difficile sul campo, ma con una salvezza da conquistare!
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Il continuo sostenere la squadra, dentro e fuori dal campo, è cancellare la paura? Non è paura, semplicemente quando sono in campo sento il bisogno di smuovere qualcosa in me in primis, poi le altre. Se sei in difficoltà mi viene normale fare così, cercare di far correre la compagna più veloce quasi comandandola con la voce. O farle fare un contrasto più cattivo, immaginando che lo farà così, se le urlo più forte incitandola. Quello che dobbiamo fare quest’anno è aiutarci, da qui a fine stagione».

La passione per il calcio di Sofia Meneghini.
«Se qualcuno mi ha spinta a intraprendere questa strada? Mio papà giocava, ma non se ne è mai parlato in casa: per me questa passione è nata in modo spontaneo. All’asilo vedevo gli altri bambini e, siccome non mi piaceva giocare con le bambole perché ho bisogno di muovermi e scatenarmi, andavo da loro per giocare a calcio. Ma avrei giocato a qualsiasi cosa se loro avessero fatto qualsiasi altro sport, probabilmente. Io ho capito che ero felice giocando a calcio, e se io lo sono lo sono i miei genitori e tutti quelli che mi stanno intorno».

L’amicizia con Bianca Bardin?
«Ci siamo conosciute in Nazionale, comunque prima che lei arrivasse a Verona. Quando è arrivata qui, nel Verona CF, io ero in Primavera, ferma per un infortunio alla spalla, ma comunque abbiamo avuto modo di saldare la nostra amicizia fuori dal campo. Lei all’epoca faceva avanti e indietro da Schio per completare l’ultimo anno di liceo, mentre dall’anno scorso si è trasferita qua. Ora ci vediamo tutte le volte al campo, lei è un punto importante per me. Cosa ascoltiamo in cuffia prima della partita? Non si può dire. Diciamo che è la nostra canzone, ma rimane nostra. È un modo per caricarci, una specie di rito».

Meneghini in campo. Raccontaci di una volta, in campo, in cui ti sei compiaciuta e di un’altra in cui ti sei detta: “Lola, ma che fai?”.
«Quando ti viene una cosa spontanea, a cui non hai pensato, e ti viene bene… allora ti compiaci sempre. Mi viene in mente di quella volta, contro la Juventus, in cui mi sono allungata troppo il pallone. Girelli è venuta sotto per sottrarmi la palla e a me, l’unica cosa che è venuta in mente, è stata fare una ‘veronica’. Non è una cosa da difensore, ma sono uscita palla al piede e mi sono detta: ‘Ma l’ho fatta davvero?’. Lì mi sono sentita top (ride,ndr). In campo succedono mille cose, alle volte ti metti a litigare con le avversarie e può succedere che si parli un po’ troppo. Queste sono cose che non sono mie. Mi dico che non sono queste le cose che voglio portare in campo».

Cosa serve a Meneghini e al Verona?
«Una cosa concreta, che riguarda la squadra e noi giocatrici: la gestione degli errori. Più astratta: mentalità. Se vogliamo che la mentalità sul calcio femminile continui a cambiare da parte degli altri, allora serve che cambi anche la nostra».

Credit Photo: Hellas Verona Women