Oggi nel girone C di Serie C la Jesina sarà di scena nel 21° turno contro il Riccione. Ieri, alla vigilia della partita, Emanuele Iencinella, tecnico delle biancorosse, si è sfogato aprendo il cuore ai microfoni di Vallesina.tv. L’allenatore non ha nascosto il suo disappunto, infatti, per un lato della crescita del calcio femminile che a quanto pare non va giù al trainer jesino. Queste le parole del coach marchigiano.

“Questo calcio non mi piace più. Quando nel 2010 mi accostai al calcio femminile per la prima volta, non c’era nessun interesse mediatico, non c’erano risorse economiche e le ragazze erano animati solo dalla passione. Oggi la Juventus, e gli altri grandi club di Serie A sono troppo vicini e troppo in vista. Molte atlete e le loro famiglie si esaltano con troppa facilità, antepongono il calcio allo studio, credono di essere subito pronte per giocare nel massimo campionato italiano. Giocare per Juve o Milan deve essere un sogno, non una pretesa”.

“Per questo motivo ci si affida subito a sedicenti procuratori, per esserlo occorre essere iscritti regolarmente all’albo, ed alcuni lo sono, ed anche realmente bravi. Neanche sarebbe possibile prima dei 18 anni, eppure accade sin dai 14 anni. Giovanissime atlete ti chiedono il tesseramento annuale, con lo svincolo a fine stagione. E se giocano troppo poco, secondo l’opinione di qualcuno, cambiano subito casacca: ‘Mia figlia gioca fuori ruolo’ oppure “La mia assistita gioca troppo poco’. Ho quasi l’impressione, forse sbaglio, che l’obiettivo più importante sia scrivere sui social che la propria è una tesserata di un blasonato club di Serie A o d  Serie B. Va bene anche nelle categorie giovanili. Magari in quel settore giovanile il club famoso la terrà per 2 o 3 anni, e forse in prima squadra neanche giocherà mai”.

“Può succedere che a 18/20 anni venga rispedita a giocare in Serie C, per testarne le reali capacità o perché non reputata abbastanza brava per le categorie superiori. E a quel punto il suo percorso di crescita sarà però ridotto ai minimi termini. Ed allora basterà trovare qualche altro capro espiatorio per poter giustificare il preannunciato insuccesso. La realtà è che bisogna stare coi piedi per terra. Saper scegliere attentamente per il futuro proprio o dei propri figli. Non servono subito le categorie importanti, servono programmazione e progetti concreti, qualità nel lavoro svolto, passione e competenza da parte dei tecnici”.

“Già tra un anno la Serie A femminile sarà di fatto una Super Lega, riservata solo ai 10 maggiori club professionistici, con budget milionari che le piccole società non possono nemmeno immaginare, con squadre che cercheranno atlete mature e già preparate per poter affrontare impegni sempre più duri. E non a caso l’afflusso di giocatrici estere continua ad aumentare. I settori giovanili italiani sono ambienti protetti, sicuramente utili per la crescita del singolo atleta. Ma non tutti hanno qualità nel lavoro svolto. Nei campionati under 17 e under 19 alcune gare sono impari e finiscono con uno scarto di punteggio che ti fa capire che non c’è assolutamente competizione”.

“In serie C ti scontri sempre con giocatrici adulte o con altre giovani di talento. La Serie C è un’importante scuola di vita, dove impari a diventare grande anche caratterialmente, perché senza quello in A non ci potrai mai giocare, checché ne dicano genitori o procuratori. Mi domando sempre più spesso se non sia magari opportuno questa carriera percorrerla al contrario, ovvero dal basso a salire. Che poi a scendere è dura, e ci si rimane delusi. Sono un po’ stanco. Non voglio più vedere giocatrici che saltano un allenamento perché dicono che non stanno bene, ma come per incanto la domenica stanno benissimo e vogliono giocare, perchè devono farsi vedere nella diretta Facebook”.

“Non voglio più vedere giocatrici scontente perché pensano che hanno giocato fuori ruolo o troppo poco e peggio ancora che mi dicono ‘me lo ha detto anche papà’. Non chiedetemi di far giocare le vostre figlie, chiedetemi piuttosto di renderle pronte per giocare. Rivorrei il calcio femminile di 10 anni fa, che mi ha dato tante gioie e tantissime soddisfazioni. E me ne continua a dare ogni domenica, perché una parte delle ragazze è rimasta pulita, proprio come allora. Se il calcio femminile sta cambiando e progredendo, questo è cosa buona. Se il calcio femminile sta passando il limite, invece non mi piace più”.