Lo scorso 11 dicembre è stato approvato un emendamento al disegno di legge di Bilancio 2020 che ha interessato il lavoro sportivo femminile.

Il riconoscimento del professionismo femminile è divenuto argomento sempre più frequente, soprattutto nel periodo recente. Oltrepassando i cancelli dell’interesse puramente sportivo, ha assunto importanza socio-politica, tanto da indurre il legislatore ad un intervento in materia.

Ad implementare l’esigenza di una presa d’atto sul punto, vi sono state, oltre che correnti sindacali imponenti, anche i numeri legati alla platea degli spettatori che ha registrato un incremento notevole rispetto al passato.

L’emendamento in esame, sebbene costituisca un primo passo verso la regolarizzazione del professionismo femminile, non può di certo assurgere a fonte di riconoscimento del medesimo.

Tuttavia, prima di addentrarsi nel merito dell’intervento legislativo, occorre premettere una breve disamina sulle fonti che si occupano del professionismo sportivo in generale.

La l. n. 91 del 1981 costituisce ancora oggi l’architrave su cui poggia la figura del lavoratore sportivo. Ad essa viene assegnato il compito di qualificare il professionista rispetto al dilettante, figura quest’ultima che non gode di un espresso riconoscimento normativo ma che viene sostanzialmente individuata per via residuale – in assenza delle condizioni per il riconoscimento di un rapporto di lavoro sportivo, si versa in ambito dilettantistico -.

In forza dell’art. 2 della predetta Legge sono ritenuti “sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica”.

Pertanto, l’acquisto della qualifica di professionista è riconducibile esclusivamente all’effettiva sussistenza di requisiti sia soggettivi che oggettivi.

Fra i requisiti normativi assume particolare importanza, ai fini che qui ci occupano, il conseguimento della qualificazione di professionista ad opera della singola Federazione Sportiva Nazionale.

Il fattore determinante in materia di riconoscimento della qualifica di professionista viene dunque lasciato alla volontà delle singole Federazioni, laddove invece al Legislatore viene di fatto affidato il mero compito di definire per principi l’istituto ovvero, come è avvenuto con l’emendamento in esame, di stabilire degli incentivi affinché si possa procedere ad una inversione di marcia.

Analizzato da questa prospettiva, l’emendamento in parola ne esce ridimensionato nella sua portata sostanziale. L’incentivo in esso previsto è di tipo contributivo previdenziale e assistenziale, come si legge nel testo “al fine di promuovere il professionismo nello sport femminile ed estendere alle atlete le condizioni di tutela previste dalla legge sulle prestazioni di lavoro sportivo, le società sportive femminili che stipulano con le atlete contratti di lavoro sportivo (…) possono richiedere per gli anni 2020, 2021 e 2022, l’esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei premi per l’assicurazione obbligatoria infortunistica, entro il limite massimo di 8.000 euro su base annua“.

L’intervento volge dunque all’abbattimento del costo legato alla costituzione del rapporto di lavoro professionistico.

Tuttavia, lo sgravio da oneri contributivi sul costo del lavoro non è generale e definitivo. Il Legislatore lo circoscrive mediante la previsione di due limiti: uno di ordine temporale, laddove si prevede che l’esonero dal versamento contributivo del 100% è di tre anni e, salvo proroghe o modifiche migliorative future, esso cesserà tornando al regime previgente; l’altro di tipo quantitativo, operando l’esenzione solo entro il tetto massimo di 8000 euro annui.

Certamente la predisposizione di un sistema di sostentamento dei costi di lavoro in capo alle società sportive offre un viatico importante nel favorire l’ascesa del professionismo nello sport femminile.

Conclusivamente, può affermarsi che la tenuta dell’intervento reso dal Legislatore dovrà tradursi in una resa effettiva, anche in virtù degli scopi preposti, senza dimenticare quel sommo compito assegnato alle singole Federazioni Sportive che non muta ma si consolida, attraverso l’ennesimo riconoscimento della loro autonomia cui viene lasciata, comunque, l’ultima parola.