Quella che sta per concludersi è stata un importante stagione di transizione, una stagione all’insegna della tecnologia, caratterizzata dall’ingresso del VAR nel calcio italiano.
Il 2017/2018 è stato anche l’anno in cui i social network sono entrati ancor di più nella vita dei giocatori e delle giocatrici. A livello femminile infatti la Florentia quest’anno ha realizzato 8 episodi su Youtube (il progetto #iamthenumber) volto a raccontare la vita delle giocatrici anche al di fuori del rettangolo di gioco, mentre per il maschile, la Juventus è stata la prima società a livello mondiale a sbarcare su Netflix.

La tecnologia e i social network però possono anche influire negativamente sulla carriera di un giocatore o giocatrice, come dimostra quanto segue. Tutti ricordiamo il calciatore della Roma, Radja Nainggolan, che il passato dicembre realizzò una diretta di Instagram mentre si divertiva a fumare, bere cocktails e bestemmiare; condotta non da giocatore professionista e sanzionata giustamente dal club.
I giocatori ma anche le giocatrici sono sempre di più dei punti di riferimento per la società e non possono giustificare un video anche se privato, poiché essendo dei personaggi pubblici qualsiasi attività che realizzano è, volenti o nolenti, di pubblico dominio.

A livello femminile per fortuna, non ci sono precedenti uguali al caso Nainggolan, quasi unico nel suo genere, ma anche i pochissimi casi simili con di mezzo i social network, evidenziano come ci sia una profonda differenza nell’applicazione delle norme di diritto sportivo, disciplinare e lavorativo ai danni delle giocatrici.
Un caso emblematico che ha avuto poca pubblicità nei mezzi di comunicazione soprattutto a livello internazionale è quello della giocatrice spagnola Patricia Diaz che proprio negli stessi giorni del caso Nainggolan, pubblicò una foto (qui di seguito) che la ritraeva in discoteca insieme ad alcune amiche.

Dalla foto non si capisce con certezza assoluta quale delle ragazze sia Patricia Diaz e il fatto che la calciatrice stesse festeggiando la vittoria del Celta Vigo (di cui è tifosa) è intuibile solo dalla “tag” applicata alla foto; Celta Vigo-Deportivo la Coruña, è il sentitissimo derby spagnolo della Galizia. Patricia Díaz era una giocatrice del Deportivo la Coruña femminile (il Dépor Abanca) era, perché a causa della controversa foto è stata licenziata.  

I problemi da analizzare sono due: il giorno della foto era il 26 dicembre 2017 per cui la stagione sportiva femminile era in pausa per la sosta natalizia, di conseguenza il regime disciplinare del club, avrebbe dovuto essere più soft. Quante volte sono state pubblicate nei vari social foto di giocatori in discoteca durante le ferie? Per cui, un richiamo disciplinare da parte del club, sarebbe stata la sanzione più opportuna.

Il secondo, è capire fino a dove si spinge la libertà di espressione dei giocatori e delle giocatrici. In Spagna i diritti dei giocatori sono tutelati dall’Accordo Collettivo firmato dal sindacato dei giocatori e La Liga, che all’art. 39 stabilisce: “I calciatori professionisti hanno il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero su qualsiasi argomento e, in particolar modo su questioni relative alla loro professione, senza limitazioni diverse da quelle derivanti dalla legge e dal rispetto per gli altri“.

Se fosse stato possibile applicare il citato articolo al caso di Patricia Diaz, il licenziamento non sarebbe stato così semplice, né sarebbe stato possibile considerarlo facilmente come licenziamento disciplinare con giusta causa visto che “il proprio pensiero” includerebbe anche manifestare l’attaccamento alla squadra di cui si è tifosi. Molti giocatori hanno dichiarato di essere tifosi o simpatizzanti di squadre diverse da quelle in cui giocano, non è un mistero e non è strano da capire, una cosa è il “calciatore” inteso come lavoro, una cosa è l’uomo o come in questo caso, la donna.

Purtroppo però in Spagna ancora non esiste un accordo collettivo per le giocatrici e quello esistente si applica solo ai giocatori professionisti; in Italia la situazione è la stessa.
Ed è proprio qui che il calcio femminile deve crescere, raggiungendo la stipulazione di un accordo collettivo tra il sindacato italiano dei giocatori (Assocalciatori), FIGC e LegaPro, anche per le giocatrici, un accordo che fissi ad esempio lo stipendio minimo, le ore lavorative, la tutela sanitaria, l’indennità di maternità, la tutela dei diritti fondamentali (magari includendo il ruolo dei social networks) e ogni altra norma si consideri opportuna e indirizzata al miglioramento del calcio femminile.

Infine, paragonando il caso della giocatrice del Dépor alla condotta di Nainggolan, troviamo ulteriori differenze, visto che, nel caso della giocatrice si parlava di una foto pubblicata come “storia” Instagram, mentre nel caso del giocatore si trattava di un video girato bellamente in diretta dal giocatore stesso. Inoltre il profilo Instagram della giocatrice era privato e la foto incriminata venne diffusa via Twitter da terze persone.

Non sarebbe mai stato possibile per ovvi motivi il licenziamento del giocatore della Roma, ma quello che si dovrebbe evitare è questa differenza abissale di trattamento per le giocatrici, come dimostra il caso di Patricia Díaz.

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Perugia, ha completato la sua formazione giuridica con il master in diritto internazionale presso l’università Complutense e il master in diritto sportivo presso l’Escuela Universitaria Real Madrid. Ex giocatore del Città di Castello Calcio e del A.S. Cerbara.