Nelle scorse settimane ho analizzato alcune iniziative internazionali che possono far ben sperare per il futuro del calcio femminile che, in questo momento, è in fase di sviluppo.

Tuttavia, come in qualsiasi processo evolutivo, possono nascere degli ostacoli, degli intoppi, che rallentano il raggiungimento dei traguardi o comunque il miglioramento delle condizioni; quello che però non dovrebbe verificarsi è che tali ostacoli vengano creati da coloro che sono chiamati a favorire lo sviluppo.

La FIFA infatti con la circolare n.1603 del 24 novembre 2017, ha messo per ora, un macigno sulle spalle dei clubs femminili, stabilendo che il “training compensation [1]” o indennità di formazione, non verrà applicata a partire dal 1 gennaio 2018 per i trasferimenti internazionali nel calcio femminile.

Il “training compensation” è quella cifra che il club con cui un giocatore firma il suo primo contratto da professionista o ogni club che “compra” un giocatore professionista entro il termine della stagione sportiva del suo 23esimo anno di età, deve pagare all’ultimo club in cui il giocatore risultava tesserato, o meglio, il club che “vende”.

Al “training compensation” va aggiunto il “solidarity mechanism” o meccanismo di solidarietà, l’altro sistema previsto dalle norme della FIFA per sostenere economicamente i clubs: la squadra che acquista un giocatore da un altro paese è obbligata a pagare in maniera proporzionale tutti i clubs in cui il giocatore risultò tesserato, dai 12 anni in su.

Per fare un esempio, il Santos ha ricevuto 11 milioni di € dal Paris Saint Germain per il passaggio di Neymar dal Barcellona ai francesi: gli 11 milioni sono il 5% di 222, cioè i milioni della clausola rescissoria del brasiliano [2].

Nella circolare n. 1603 però non c’è traccia dell’applicazione del meccanismo di solidarietà per il calcio femminile, mentre viene regolato o meglio, non regolato il “training compensation” per le giocatrici.

La FIFA in quella circolare ha riconosciuto (testuali parole) che: “In questo senso è opportuno sottolineare che la formula attuale d’indennità di formazione applicata al calcio maschile sarebbe un’azione dissuasiva per le giocatrici e, in conseguenza, ostacolerebbe lo sviluppo del calcio femminile [3]”.

Quale sarebbe l’ostacolo? Quale sarebbe la dissuasione?
Quella che garantirebbe ai clubs il diritto di ricevere una somma di denaro per il tempo e le risorse investite nella formazione di una giocatrice?

E perché la FIFA è arrivata a questa conclusione, per una questione di genere?
Se infatti i dirigenti dell’associazione svizzera potrebbero affermare che la decisione di non applicare l’indennità di formazione al calcio femminile è dovuta alle minori risorsi economiche dei clubs femminili, dovrebbero allora spiegare perché i clubs maschili di federazioni come la Tailandia, la Sierra Leone o il Guatemala (per fare alcuni esempi di federazioni calcistiche con minori risorse economiche, ma non sono le uniche) godono del diritto di ricevere l’indennità ma allo stesso tempo devono pagarla nel momento in cui concludono un acquisto internazionale.

Come detto, a partire dal 1 gennaio 2018, se un club italiano realizza una cessione all’estero di una giocatrice, non avrà diritto a nessuna somma a titolo di indennità.

Quella appena descritta è un’altra attuale differenza tra il calcio femminile e calcio maschile che non dovrebbe esistere e che lascia ancor più l’amaro in bocca poiché a firmare la circolare n.1603 è stata Fatma Samoura, Segretario Generale della FIFA e prima donna a ricoprire tale incarico.


[1] Art. 20, RSTP FIFA: “Training compensation shall be paid to a player’s training club(s): (1) when a player signs his first contract as a professional, and (2) each time a professional is transferred until the end of the season of his 23rd birthday”.

[2] Il meccanismo di solidarietà si paga anche in caso di pagamento della clausola rescissoria che implica l’assenza di trattative tra i clubs, come successo con Neymar.

[3] Circolare n.1603 FIFA:It should be noted that the existing training compensation formula would act as a deterrent to the movement of female players and consequently stall the development of the women’s game.”, http://resources.fifa.com/

Silvio Bogliari
Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Perugia, ha completato la sua formazione giuridica con il master in diritto internazionale presso l’università Complutense e il master in diritto sportivo presso l’Escuela Universitaria Real Madrid. Ex giocatore del Città di Castello Calcio e del A.S. Cerbara.