Prevedere per prevenire e poi perseverare. Per ricavare questa frase nessun testo sacro è stato aperto, nessuna brutta copia del maestro Miyagi è stata interpellata. È semplicemente la traduzione in parole di quello che Stefano Braghin fa da qualche anno: scoprire talenti che molto probabilmente esploderanno, andranno via e dovranno essere sostituiti per continuare a far vincere la Juventus.
Goodbye
Lisa Boattin è solo l’ultimo caso di quello che ormai è un vero e proprio trend. Prima di lei, poco prima di lei, a lasciare le bianconere con un altro trasferimento di portata epocale è stata Sofia Cantore. Quest’ultima, tra l’altro fresca di debutto, si è accasata alle Washington Spirit, mentre la terzina ha scelto le Houston Dash, entrambe franchigie della National Womens Soccer League negli Stati Uniti, dove il calcio femminile è qualcosa di molto serio. Due cessioni che rappresentano motivo di orgoglio per il calcio tricolore e sono la prova tangibile che le italiane possono ambire a traguardi di alto livello. Allargando l’analisi però, si può anche dire che cessioni del genere valorizzano lo scouting ed il lavoro fatto da Braghin e il suo staff. Un’attività di altissimo profilo, legittimata dalle vittorie ma anche dal peso degli addi.
Le altre
A gennaio era stato il turno di Arianna Caruso. Certezza in ogni trofeo alzato dalla Juventus dal 2017, la centrocampista aveva salutato accasandosi al Bayern Monaco, potenza indiscussa della Bundesliga. Andando a ritroso, un anno fa era stata un‘altra centrocampista, Julia Grosso, ad abbandonare Torino per trasferirsi nelle Chicago Stars, nella stessa America trovata da Cantore e Boattin. Eventi recenti, perché tempo prima, nel 2021, la capostipite degli addii illustri era stata Aurora Yaya Galli. Dopo anni di trionfi in Serie A con la Juve, aveva scelto la Premier League e l’Everton per fare il salto di qualità. Confermatasi anche nelle Toffees, solo un brutto infortunio al ginocchio destro le impedisce di mettersi in mostra ad Euro 25. Belle storie, non sono per le atlete ma anche per chi è costretto a lasciar andare. Forse perché, per ora, il calcio femminile – almeno in Italia – conserva una sorta di romanticismo, in molti la chiamano purezza. C’è ancora la felicità nel vedere la crescita umana e professionale delle persone che hai scelto, su cui hai puntato. Oltre i discorsi – reali e ineludibili – sulla competitività del movimento, per un attimo rimane la felicità nel vedere qualcuno realizzare i suoi sogni. Parlando esclusivamente di Juventus poi, a questa soddisfazione si aggiunge la gratificazione nel riuscire a costruire ogni volta un roster competitivo aggiungendo calciatrici di valore.
Tuttavia, smaltita la fulminea gioia, per Braghin e tutti gli altri player della Serie A resta però la cruda realtà. Operare in un calciomercato così è ancora più difficile. Anche più bello per chi ama questo mestiere. Non è un lavoro, è un’arte, quella di scovare il talento. Sperando di riuscire a trattenerlo.






