Federico Buffa, nel suo “Storie Mondiali” e più precisamente nel capitolo dedicato alla coppa del mondo di Francia ’98, ci racconta che quando Henri Delaunay e Jules Rimet idearono il Mondiale, avevano in mente una competizione di livello dilettantistico per poche squadre. Negli anni ’20 del Novecento non avrebbero mai creduto che, alla fine del secolo, quella competizione sarebbe diventata la kermesse popolare più grande, attraente ed importante di sempre nella storia dello sport. Pensate cosa possa significare quindi, per chi ha fatto del calcio la propria vita, rompersi il legamento del ginocchio a meno di un anno dal campionato mondiale. Se vuoi recuperare e andare a quel Mondiale, la ricetta è una sola: it’s all about confidence, è tutta una questione di fiducia.
Ce la insegna Martina Rosucci, centrocampista della Juventus Femminile e della nazionale italiana, classe 1992: la n. 8 bianconera, torinese di origine, comincia a dare i primi calci al pallone insieme al suo fratello gemello Matteo. Esordisce in Serie A con la maglia del Torino e nel corso della propria carriera riesce a vincere tutto in Italia. Nel 2018 è protagonista sfortunata di un brutto infortunio. La diagnosi è quella: rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro.
-Come dicevamo?
-It’s all about confidence!
Et voilà. Nel 2019, a meno di un anno dal quel pesantissimo infortunio, arriva la chiamata di Milena Bertolini per la convocazione in nazionale e Martina prende parte al mondiale francese.
In posizione di mezzala, supporta il reparto offensivo con qualità e fervore agonistico attaccando bene gli spazi. I suoi movimenti senza palla non sono mai casuali, ma sempre mirati, in fase di possesso, a proporsi per facilitare alla propria squadra la costruzione del gioco o, in interdizione, il recupero di palla. L’efficacia di un’azione offensiva si determina solo in base alla sua riuscita e, perché venga portata a termine, il contributo di Martina diventa essenziale nella ricerca del fraseggio, del tiro in porta o dell’ultimo passaggio.
È una centrocampista di qualità e quantità. Gioca spesso in verticale portando lo sviluppo dell’azione sul versante offensivo. Sorprendente è il costante livello di attenzione che riesce a mantenere nell’arco della partita, tanto da riuscire a servire sempre in maniera ottimale le compagne, anche di prima intenzione e nello stretto o in situazioni di pressing passivo. L’alto grado di attenzione le permette di non farsi mai intercettare o anticipare: questo dona fluidità e velocità alla manovra.
Possiamo notare la grande intelligenza tattica di Martina ogni qualvolta si disimpegni del pallone: non arresta mai la propria corsa, cosciente del fatto che, inserendosi tra le linee, può mettere in crisi l’organizzazione difensiva delle avversarie, costrette a perdere ed impegnare una marcatura che non era stata pianificata ad inizio azione.
Copre tutte le zone del campo e in qualsiasi zona riesce a gestire funzionalmente la palla. Da vera playmaker non si tira mai indietro quando è il momento di impostare l’azione: verticalizzazioni, lanci in profondità o allargamenti di gioco fanno di lei il fulcro del centrocampo di Montemurro.
Senza paura, sa rendersi pericolosa con tiri in porta di destro, anche da fuori area o dalla lunga distanza, abbinando precisione e potenza.
 
Se mettiamo insieme un po’ di Martina Rosucci e un po’ di Fiorella Mannoia, capiamo quanto sia importante avere fiducia in se stessi e ritrovare se stessi nel proprio coraggio. Siamo tutti diversi gli uni dagli altri, tutti utili e nessuno indispensabile o migliore di altri. Ogni giorno comincia un nuovo viaggio, così come dopo un grave infortunio ricomincia una nuova carriera. Se cadi, la vita sportiva e il campo ti aspettano.
Hai ragione, Martina. È tutta una questione di fiducia in se stessi. La rottura del legamento crociato, in coincidenza con l’approssimarsi della coppa del mondo, non è riuscita ad abbattere la tua forza interiore: credere in te stessa è stato il motore del tuo recupero e del tuo approdo a quel Mondiale. It’s all about confidence, but it’s more about you…