Sembrerebbe che il Calcio Femminile stia prendendo pian piano una piega anche in Italia, ma quanta fatica. Sembra quasi una lotta tra il Gigante Golia e Davide: il grande contro l’infimo.
Assurdo, ma soprattutto assurdo che siamo nel XXI secolo e paesi come la Turchia hanno più tesserate che in Italia. Rendiamoci conto.
Pare di essere tornati nel passato alla lotta per il diritto di voto delle suffragette e dei primi movimenti del Femminismo. E per cosa? Per chiedere un’uguaglianza, una maggior visione e magari anche un contributo economico per migliorare il Calcio Femminile in Italia.
Il calcio è tutto per la maggior parte della popolazione della Penisola, anzi soprattutto per i Media. Si trovano più notizie di calcio (maschile ovviamente) che di tutti gli altri sport messi insieme. Per esempio basta comprare un quotidiano e guardare le pagine o articoli dedicati al calcio, poi confrontarli con quelli degli altri sport. Ridicolo, sembra quasi un monopolio. Pure quando ci sono le Olimpiadi accade lo stesso.

Forse è estremizzata questa cosa, ma come la vogliamo mettere quando un giocatore di Serie A maschile prende 1 milione di Euro all’anno, se proprio va male, mentre per una giocatrice di Serie A femminile quella somma è un lusso che neanche un Club rosa dispone per pagare/rimborsare le spese alle atlete in una stagione?!

In Italia se giochi a calcio e sei femmina, beh quello attualmente non può essere il tuo lavoro. Potrebbe passare come secondo lavoro o rimanere come una passione. Solo questo. Ma forse ciò che rende speciale questa altra parte del calcio è proprio quello.
Non i soldi e il successo, ma la passione, la voglia, la determinazione, i sacrifici, la voglia di dare di più per essere notate, per puntare in alto e chissà realizzare il sogno di avere una carriera professionistica giocando a calcio in un campionato come WUSA o Bundesliga.
Beh anche in questo caso i talenti fuggono all’estero.

Far arrivare giocatrici straniere è difficile sia per un dispenso di tipo economico che per un livello di gioco diverso.
Le giocatrici Italiane non sono scarse, ma è il sistema che le penalizza e non le sa sfruttare e far migliorare. Ma ancora peggio è che esiste una legge, la legge n. 91 del 23 marzo 1981 che vieta alle donne sportive italiane di diventare professioniste. Com’è possibile uno sviluppo del calcio femminile, ma più in generale delle atlete, con questa legge?
Per esempio al Paris Saint German femminile ci sono tecnici specializzati che analizzano e monitorizzano gli allenamenti, fanno statistiche sui miglioramenti del fisico, le tecniche, utilizzo di nuove tecnologie e materiali di allenamento professionali. Beh il contributo di un sistema del genere quanto può aiutare un’atleta? Tanto, troppo rispetto a chi non ha questa possibilità. Ma soprattutto queste giocatrici sono professioniste: giocare è il loro lavoro.

Cosa si può fare ora non si sa, lottare, scioperare, denunciare? Potrebbero essere buone alternative.
Intanto le FIGC ha approvato il progetto di inserire almeno una squadra di calcio femminile del settore giovanile dei club professionistici. Ottimo passo, si spera di vedere la collaborazione con i vertitici delle società e vedere un’unificazione di squadre e società, come è successo tra Sassuolo e Reggiana.
Ma sarebbe stato ancora più bello invece se il mondo del calcio femminile in Italia si fosse sviluppato e fosse cresciuto autonomamente da competere con quello maschile senza l’ausilio di obblighi federali. Ma per come è formata la società attuale e per come la pensano i media, ciò attualmente non è possibile. Ma almeno è un gran passo avanti.