“Il calcio non è un gioco per signorine”. Questo “famoso” adagio attribuito a Guido Ara, mediano della Pro Vercelli e della Nazionale agli inizi del secolo scorso, rispecchia come è stato visto, e come probabilmente viene ancora considerato, il calcio femminile agli occhi del grande pubblico. Proprio per superare queste barriere culturali le donne hanno dovuto lottare a lungo per poter avere la possibilità di giocare a pallone, come racconta il libro “Quando le ballerine danzavano col pallone” scritto da Giovanni Di Salvo e pubblicato dalla Geo Edizioni. Infatti il testo esamina il calcio femminile non solamente dal punto di vista sportivo ma anche da quello socio-culturale ricostruendo per la prima volta la storia e l’evoluzione di questa disciplina. Proprio il titolo vuole essere quasi una provocazione a tutti gli stereotipi che affliggono questo sport. Associare le ballerine con il calcio significa unire i due punti più lontani, secondo una mentalità anacronistica ma purtroppo ancora diffusa, dell’universo donna. Nell’opinione comune la ballerina rappresenta il massimo della femminilità mentre la calciatrice il punto più basso. Questo libro tenta di abbattere questi pregiudizi perché vuole dimostrare che c’è anche una grande bellezza e una grande dignità nel giocare a pallone. L’opera riporta vari documenti, raccolti durante uno studio durato oltre tre anni consultando varie biblioteche italiane, da cui si evince chiaramente che la lotta delle donne per l’uguaglianza dei diritti è passata anche attraverso il gioco del calcio. Basti pensare che nel 1933, quando sorse la prima squadra a Milano, furono interpellati luminari della medicina, come il Professore Pende di Genova, per verificare se le donne potessero giocare a pallone in quanto si credeva che “rischiavano” di subire danni sotto l’aspetto fisico e riproduttivo. Ma nonostante un “lasciapassare” medico il CONI nello stesso anno vietò categoricamente alle donne di praticare il calcio invitandole a cimentarsi in altre disciplina più “femminili” come l’atletica leggera, il pattinaggio o il tennis. Furono proprio le ballerine delle compagnie teatrali a dare nuova spinta al movimento nei primi anni del secondo dopoguerra, in quanto iniziarono ad esibirsi non solo sui palchi dei teatri ma anche nei campi da gioco, in cui ottennero anche clamorose vittorie contro selezioni di giornalisti uomini. Si dovette però attendere la fine degli anni sessanta, ed un nuovo consulto medico, per poter organizzare dei veri e propri campionati allestiti da alcune federazioni non riconosciute dal CONI. Uno degli epicentri nello sviluppo del calcio femminile fu anche la Sicilia, dove avvenne quasi una “rivoluzione” culturale anche se le ragazze erano costrette a giocare di nascosto a fidanzati e genitori. A piccoli passi il calcio femminile entrò nella famiglia della FIGC e nel 1986 venne inserita in ambito della Lega Nazionale Dilettanti. Nel libro si affronta anche l’arrivo del calcio femminile nei paesi musulmani: dalla Tunisia fino all’integralista Afghanistan.
Un testo che raccoglie frammenti di storia, personaggi e defunte federazioni che rischiano di perdersi nelle pieghe del tempo. Non mancano aneddoti, curiosità e note di colore: dalla calciatrice “Miss Italia” Paola Bresciano fino alle gemelline di Piacenza, che pur di giocare a pallone si travestirono da maschi. Un capitolo esamina il calcio femminile nelle sue altre incarnazioni: il calcio a 5 e il beach soccer.
Il libro, inoltre, è stato molto apprezzato dalle comunità residenti all’estero come testimoniano gli articoli pubblicati su La voce di New York e Oggi Italia (USA), L’eco Siciliano (Argentina), Punto d’incontro (Messico), Il Deutsch Italia (Germania), InfoItaliaSpagna (Spagna) ecc.
“La nostra numerosa comunità presente in Europa e in America, oltre che essere grande appassionata di calcio femminile, è molto legata alla propria terra d’origine.” afferma l’autore Giovanni Di Salvo “Questo libro non solo ha rappresentato un ponte con l’Italia ma anche gli ha permesso di scoprire la storia del calcio femminile nel Belpaese, che vanta un’antica e gloriosa tradizione ai più sconosciuta. Sono stato contattato anche da giornali canadesi, uruguaiani, belgi, inglesi e russi perché anche lì il calcio femminile è molto seguito, come si è visto nei recenti mondiali disputatisi in Canada. Mi fa piacere di essere diventato quasi un ambasciatore di questo sport e mi auguro che anche in Italia i media inizino a prestare più attenzione e a dare più spazio a questa disciplina, come avviene già all’estero”.