Sai che cosa bevi? Parlando di errori a tavola pensiamo sempre al cibo, ma molti sbagli si commettono bevendo: sono quelli di cui ci accorgiamo meno, eppure incidono sul rischio di malattie come ictus e diabete, obesità e carie, demenza e malattie cardiovascolari. Lo hanno spiegato Kiyah Duffey e Brenda Davy del Virginia Tech presentando l’ Healthy Beverage Index sulle pagine del Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics . Messo a punto per valutare quanto siano sane le scelte in materia di liquidi consumati quotidianamente, è un test che attraverso un punteggio da zero a cento dà un’idea abbastanza precisa delle cattive abitudini da correggere. Più punti si ottengono, più si beve in modo salutare. «Nel nostro campione, di circa 16 mila volontari, l’indice medio è attorno a 60 punti; se si arriva a 70, scende di circa il 36% il rischio di obesità e sovrappeso e si riduce anche la probabilità di avere glicemia e colesterolo alti, ipertensione, elevati livelli di marcatori dell’infiammazione nel sangue».

La scarsa idratazione
Come si «guadagnano» i punti dell’ Healthy Beverage Index ? Innanzitutto bevendo a sufficienza: un errore comune rilevato dalle due statunitensi è la scarsa idratazione, confermata anche da questa parte dell’oceano dalle ricerche di Nutrition Foundation of Italy , come spiega Andrea Poli presidente NFI e membro dell’ European Hydration Institute.
Una nostra indagine in collaborazione con la Società Italiana di Medicina Generale, i cui risultati sono in corso di pubblicazione, dimostra come due terzi della popolazione sappia che la “quota” di liquidi raccomandata sarebbe di circa due litri al giorno. «La maggioranza – dice Poli – afferma di berne uno e mezzo, in realtà “contando i bicchieri” emerge che gli adulti bevono in media un litro di liquidi al giorno, sommando acqua e altre bevande».
Decisamente troppo poco per non rischiare danni da disidratazione, soprattutto in alcune situazioni . Conforta scoprire che in Italia l’apporto idrico quotidiano deriva per due terzi dall’acqua: i dati raccolti con l’ Healthy Beverage Index mostrano invece che negli Stati Uniti tanti introducono troppe calorie con le bevande perché fanno un uso smodato di bibite zuccherate. Da noi per fortuna non è così.

Cosa contengono tè, caffè e bibite
«Dopo l’acqua le bevande più diffuse sono tè e caffè, latte, poi bibite e succhi di frutta – dice Poli –. I cosiddetti soft drink (cola, gazzosa e simili, ndr) sono più consumati dai giovani, ma anche nella fascia d’età dai 18 ai 35 anni non si superano in media le due lattine a settimana. Quanto ai succhi, quelli fatti al 100% di frutta sono nutrizionalmente del tutto assimilabili a un frutto intero». «Certo, le bevande diverse dall’acqua hanno un “peso” diverso sulla salute – interviene Ginevra Lombardi Boccia, ricercatrice del Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione del CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria) -. Con tè e caffè per esempio non bisogna esagerare, perché contengono alcaloidi che possono avere effetti negativi; le bibite vanno consumate con moderazione perché hanno spesso troppi zuccheri che fanno ingrassare e aumentano anche il rischio di carie. In una lattina si può trovare il corrispettivo di sette cucchiaini da tè di zucchero: esagerare senza accorgersene è facile, anche perché un liquido è meno saziante di un cibo solido e basta poco per introdurre, bevendo, troppe calorie “vuote” cioè prive di valore nutrizionale. E anche zuccherare molto tè e caffè provoca le stesse conseguenze sfavorevoli».

Per chi ha problemi di diabete e sovrappeso
Come sempre, dovrebbe comandare il buonsenso: «Detto che l’acqua deve essere la bevanda principale, la varietà favorisce l’idratazione – sottolinea Poli -. Chi non ama il gusto troppo “liscio” dell’acqua può bere di più grazie a tè, succo d’arancia, tisane: gli anziani per esempio, che sentono meno la sete e mangiano poca frutta, possono scegliere succhi al 100 per cento di frutta per raggiungere il fabbisogno idrico quotidiano. Bisogna poi prendere atto delle preferenze e rispettarle: se amiamo il dolce possiamo concederci, con moderazione, qualche bevanda zuccherata o magari optare per quelle a zero calorie con dolcificanti sintetici, visto che l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare li ha giudicati sicuri e che non sembrano neppure indurre un aumento dei consumi di altri cibi dolci. Questo vale per chi non ha problemi di salute come sovrappeso o diabete: se invece i problemi ci sono occorre seguire le indicazioni del medico anche in materia di bevande».
L’obiettivo resta una giusta idratazione. «Un buon modo per arrivarci è abituarsi a bere lontano dai pasti. Per andare oltre i soliti due o tre bicchieri d’acqua a pranzo o a cena: tenere a portata di mano una bottiglia d’acqua è sempre una buona abitudine per tutti», conclude Lombardi Boccia.

Conflitti di interesse
Da diversi anni “Corriere Salute” chiede agli esperti intervistati di dichiarare i propri conflitti d’interesse in merito ai temi trattati quando sono molto delicati o controversi. Tale dichiarazione è obbligatoria nelle riviste scientifiche e non deve essere motivo di giudizio negativo, anzi. I conflitti d’interesse nel mondo scientifico sono in gran parte inevitabili, perché la ricerca richiede fondi. Chi dichiara da chi è stato finanziato o retribuito per prestazioni professionali dichiara implicitamente che non ha nulla da nascondere. Ecco i conflitti d’interesse dichiarati per questo articolo. Andrea Poli è Presidente di NFI, associazione non-profit parzialmente supportata da grandi aziende del mondo alimentare. Sul tema dichiara comunque di non avere alcun conflitto di interesse diretto. Ginevra Lombardi-Boccia, intervistata in merito a Linee guida per il consumo di acqua, dichiara di non avere conflitti di interesse in merito ai temi affrontati nell’intervista.

Fonte: www.corriere.it/salute/nutrizione