Il calcio femminile è un settore in forte crescita come dimostra il report della Uefa “Women’s football across the national associations 2017”: dal 2013 al 2017 il numero delle giocatrici professioniste e semiprofessioniste è passato da 1680 nel 2013 a 3572 nel 2017.
Allo stesso modo, anche il dato relativo alle giocatrici iscritte nel 2017 in Europa è arrivato a 1 milione e 365.000 giocatrici rispetto al milione e 270.000 giocatrici del 2016: un aumento del 7,5% in un anno. In questo sviluppo costante Inghilterra, Germania, Olanda, Norvegia e Svezia rappresentano sempre i punti di riferimento del calcio femminile, poiché, per esempio, ciascuno di questi paesi ha un numero di giocatrici superiore a 100.000.
Come sempre, si potrebbe pensare che i paesi del Nord Europa sono quelli che meglio si comportano sotto  ogni punto di vista, applicano con maggiore rigorosità le norme di diritto, i servizi pubblici sono i migliori, le città sono le più pulite, i campi di calcio sono i più belli, ecc…
In realtà credo che alcune iniziative di paesi con maggiori difficoltà rispetto ai tranquilli paesi del Nord Europa dovrebbero essere prese maggiormente in considerazione, dovrebbero ottenere maggior attenzione, perché non hanno la struttura di paesi come la Germania in cui è più facile innovare, in cui è più facile governare.

Uno dei paesi non facile da gestire, con problemi nemmeno immaginabili per i paesi del Nord Europa, è il Brasile, paese in cui anche a livello di diritto sportivo non sarebbe facile adottare norme al passo con i tempi e per lo sviluppo del calcio: sarebbe perché non è cosi.
La Federazione Brasiliana di calcio (la CBF) in accordo con la CONMEBOL, ha stabilito un’importante novità nel “Regolamento delle Licenze dei Clubs” che entrerà in vigore a partire dalla stagione 2018/2019: le squadre brasiliane di Serie A per poter partecipare alla “Copa Libertadores”, la Champions League sudamericana, dovranno avere nella struttura societaria una squadra femminile. Per farsi un’idea, delle 20 squadre attuali del massimo campionato brasiliano, solo 8 hanno una squadra femminile.

Per poter partecipare alle competizioni continentali come la Libertadores o come la Champions League, non basta qualificarsi nelle prime sette/otto squadre, ma si devono anche rispettare le norme stabilite dalle Federazioni. Questi criteri, parametri e obblighi normativi si riferiscono ad esempio allo stadio che deve essere a norma in ogni suo aspetto, anche nei minimi dettagli.

È per questo che l’Atalanta in questa stagione ha giocato nello stadio del Sassuolo le partite di Europa League dato che lo stadio di Bergamo non possiede i seggiolini in tutti i suoi settori. Ed è sempre per questo che il CONI il 29 maggio 2014 non concesse la licenza UEFA per la stagione 2014/2015 al Parma per aver pagato l’IRPEF in ritardo; il club emiliano venne escluso dall’Europa League nonostante avesse conquistato sul campo la qualificazione europea.

Per tornare al Brasile, a partire dalla stagione 2018/2019 ogni squadra che ha guadagnato sul campo il diritto a partecipare alla Libertadores, per poter iscriversi alla competizione dovrà avere nella struttura societaria una squadra femminile. Tale previsione regolamentaria è un obbligo per i clubs, una conditio sine qua non per poter giocare la coppa continentale. Le squadre femminili inoltre non dovranno solamente essere integrate nella struttura dei clubs più famosi, ma dovranno anche partecipare alle competizioni nazionali e/o regionali; a questo si aggiungono le esigenze di professionalizzazione dei dirigenti sportivi, infrastrutture e materiale sportivo per le squadre femminili.

Se per esempio tale norma brasiliana venisse applicata al continente europeo dalla UEFA e dalle Federazioni nazionali, il Real Madrid ad oggi non parteciperebbe alla Champions poiché non ha una squadra femminile. Florentino Perez si è più volte manifestato contrario ad allestire una squadra femminile e spendere inutilmente i soldi del club per comprare una tedesca o una brasiliana a caso [1] non rientrerebbe nello spirito madridista, secondo il presidente blanco: meglio spendere 31,5 milioni di euro per Danilo.

Detto questo, credo che non sempre si debba guardare ai paesi considerati “più avanti” dell’Italia, ma bisognerebbe guardare anche ai paesi “più indietro” o meno sviluppati.
Una decisione come quella brasiliana non necessita di una struttura federale all’avanguardia, né di una secolare tradizione giuridico-sportiva: una decisione federativa come quella brasiliana avrebbe bisogno solo di buon senso e di un reale interesse per lo sviluppo del calcio femminile.


[1] Così parlò il patron madrileno in, M. Ruiz “Criticas a Florentino: la grada Fans y el futbol femenino”, in https://as.com/futbol/2017/10/01/primera/1506876333_625415.html

Credit Photo: https://it.eurosport.com/

Silvio Bogliari
Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Perugia, ha completato la sua formazione giuridica con il master in diritto internazionale presso l’università Complutense e il master in diritto sportivo presso l’Escuela Universitaria Real Madrid. Ex giocatore del Città di Castello Calcio e del A.S. Cerbara.

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