Spazio e voce ad una delle giocatrici più esperte e di classe della Pink Bari, il difensore sardo Francesca Soro, capitano per tre giornate delle biancorosse, esempio e punto di riferimento per ogni calciatrice, per la sua eleganza, serietà ed affidabilità in campo.

Ciao Francesca, sei tra le giocatrici più esperte ed affidabili della Pink Bari tanto dall’esserti meritata la fascia di capitano, in assenza di Jenny Piro. Portare questa fascia al braccio, ha rappresentato per te solo un onore o talvolta anche un onere?
“Indossare la fascia da capitano credo sia sempre un onore, ma averla o non averla non cambia certo l’atteggiamento all’interno del gruppo e questo dipende più che altro dalla età che avanza (per mia sfortuna)…come dice qualcuno ormai conta l’esperienza..e questa esperienza in tal caso comporta impegni e responsabilità maggiori che sicuramente fanno piacere ma che a volte portano anche degli oneri”.

Ci descrivi il tuo ruolo in campo? Non male tre reti in stagione per chi gioca nelle retrovie.
Posso giocare sia da terzino che da difensore centrale. Sono due ruoli diversi per concezione ma che appartengono entrambi alle mie caratteristiche fisiche. Per quanto riguarda il numero di reti, penso che siano addirittura poche rispetto alle occasioni che creiamo e alla mole di gioco che tessiamo. Sono comunque un ottimo presupposto e soprattutto sono frutto del gran lavoro fatto durante gli allenamenti”.

Quanto è importante la presenza in campo delle veterane come te per far crescere le giovani del gruppo? Oltre ad insegnare,  avete anche qualcosa da imparare da loro?
“Penso che il ruolo della veterana sia complesso e molto importante : dobbiamo garantire una presenza attiva e protettiva durante gli allenamenti cercando di mantenere sempre la concentrazione e soprattutto aiutare le ragazze più giovani a tenere da un punto di vista mentale. Ci sono passata anch’io tempo fa e ricordo molto bene che dalle più esperte si può sempre e solo che imparare. Adesso, essendo passata “dall’altra parte”, mi rendo conto che anche noi veterane possiamo, e dobbiamo, imparare dalle giovani. Sono loro infatti, forse anche inconsciamente, che ci stanno aiutando ad andare oltre i nostri limiti caratteriali per ottener il meglio da noi stesse e raggiungere così l’obiettivo comune.

Infine, nella tua carriera hai militato in diverse squadre girando diverse città. Quale ritieni sia stata l’esperienza più formativa come donna e calciatrice?
“Ogni città, ogni squadra dove sono andata mi ha lasciato qualcosa, in positivo e in negativo. Una crescita professionale che ha coinvolto, ovviamente, anche quella personale. Stare a contatto con persone diverse, mentalità differenti, non può che migliorarti e darti modo di ragionare con prospettive ogni volta diverse. Se dovessi però pensare all’esperienza che più di tutte mi ha formato, direi il periodo della Torres, la mia “patria” non solo calcistica”.