“Sognavo di diventare infermiera e ci sono riuscita”. Ginevra Valgimigli, difensore dell’Aquila Montevarchi, ha voluto raccontare la sua esperienza al fronte. L’ex Florentia CF ha messo via gli scarpini con i tacchetti per indossare il camice bianco da infermiera. “Non so se tornerò a giocare, dipende dal tempo che avrò a disposizione”, dice con un velo di tristezza. Tristezza che, comunque, non le toglie la voglia di sorridere narrando con orgoglio il cammino che l’ha portata fino a dov’è ora e che le ha fatto intraprendere la sua scelta: quella di combattere il virus mettendo da parte una sua grande passione: il calcio.

Da dove nasce la scelta di approdare all’Aquila Montevarchi?
Ho lasciato il Florentia CF prima di laurearmi perché non riuscivo a coadiuvare entrambi gli impegni. Avevo perso i miei stimoli, volevo tornare a divertirmi. Una sera a sorpresa mi è arrivata una telefonata da Montevarchi chiedendomi di sostenere un colloquio con la squadra. Ho preso la palla al balzo e sono andata. In precedenza avevo pensato di prendermi un anno sabbatico. Mi hanno fatto sentire subito a mio agio, sembrava di essere tornata ai primi anni col Florentia. Hanno avuto un approccio che mi ha colpito, così come il loro entusiasmo e la loro umanità. Così ho deciso di rimettermi in gioco trovando armonia tra gli impegni calcistici e gli studi.

Com’è stato il percorso con questo club prima dello stop causato dal grave infortunio che hai subito?
La prima stagione è stata una rinascita. Ho ritrovato quella leggerezza che mi mancava andandomi ad allenare. Ho legato subito con tutti: compagne, staff, tecnico. Il mister mi ha ridato fiducia e quando è reciproca ti senti importante. Essendo proveniente da un percorso diverso, dove già ero cresciuta e maturata, mi sentivo un po’ d’esempio. Al Montevarchi c’erano ragazze che avevano iniziato a giocare da poco e cercavo di trasmettere loro qualcosa di mio. Umanamente è stata una bellissima esperienza. Poi si sono verificati dei cambiamenti; è giunto un nuovo allenatore proveniente dal maschile. Anche con lui mi sono trovata ottimamente. Il campionato è iniziato male e dopo qualche partita è stato esonerato. Poi ho subìto un grave infortunio e col nuovo allenatore non mi sono praticamente mai allenata. Ho cominciato a rientrare proprio quando è scoppiata la pandemia e la domenica che sono stata convocata è arrivata la sospensione. Attualmente ho messo in naftalina la mia esperienza con l’Aquila Montevarchi.

Sei concorde con la decisione di sospendere le attività dalla Serie C in giù?
Direi di sì. Purtroppo le società dalla Lega C in giù sono state un po’ abbandonate a loro stesse. Dovevano sostenere i costi dei tamponi di tasca loro e molte società non sono potenze economiche. Credo che se fosse stato creato un protocollo a livello federale nazionale che garantisse test anti Covid regolari si sarebbe potuto andare avanti.

Come hai vissuto il primo lockdown?
Al lavoro, e mi è servito tanto perché mi teneva la testa occupata evitandomi di andare nel panico davanti al caos che era scoppiato. Sono rimasta impressionata quando uscivo di casa per andare al lavoro e mi ritrovavo in una Firenze deserta. Il mio impiego mi ha permesso di non restare chiusa in casa. Indubbiamente, le relazioni umane sono mancate. Non vedere per mesi gli amici o il fidanzato è stato difficile. Allo stesso tempo mi allenavo a casa per non perdere comunque il ritmo.

Come giudichi i provvedimenti presi dal Governo nei confronti della situazione pandemica?
Nessuno era preparato ad un evento di questa portata, perciò dico che è impossibile esprimere giudizi sulla questione. Col senno di poi siamo tutti bravi a parlare. Mi metto nei panni di chi sta soffrendo al livello economico. Questo sistema apri e chiudi non sta aiutando nessuno. Se la situazione impone una chiusura generale allora sia fatta. Ho trovato gli ultimi DPCM disorientati ma ripeto: nessuno può prevedere come si muove il virus. Certo dico che ad un qualcosa si deve pur arrivare.

Quanto ti infastidisce sapere che ci sono persone che non credono all’esistenza del virus ma a quella di una “dittatura sanitaria”?
Tanto! Sono persone che hanno paura di guardare in faccia la realtà. Non riconoscerlo dopo tutto quello che è successo e ancora avviene è folle. Io effettuo centinaia di tamponi quotidianamente; lo guardo in faccia questo virus. E’ assurdo continuare a sostenere che sia stato creato a tavolino per rinchiuderci. Non auguro il male a queste persone ma pensare in quel modo è ridicolo. Ho conosciuto colleghi che non sono potuti tornare a casa per mesi a causa dei turni massacranti. Che senso ha parlare di dittatura sanitaria? A cosa vogliono arrivare queste persone? Poi se vogliamo dire che alcune cose sono state ingigantite, magari è vero. Ma da qui a sostenere che è tutta una montatura mediatica assolutamente no.

Quando arriverà il vaccino anti Covid tu lo farai o eviterai?
Attualmente no, ma voglio spiegarmi. La sperimentazione di un vaccino è lunga, può durare anni. Tirare fuori un vaccino in pochi mesi quando sai che la durata per crealo è notevole non mi fa stare tranquilla. Oggi come oggi ha un’importanza strategica visto che dovrebbe mettere fine alla pandemia. Se fosse stato trattato come tutti gli altri vaccini creati in passato magari sarei stata più convinta. E’ una scatola chiusa che non si sa cosa contenga, che effetti collaterali abbia, cosa ti lascia. E con questo Covid infame non si sa nemmeno se avrà effetto. Magari in futuro lo farò ma prima vorrei aspettare e valutarne le prestazioni.

Cosa pensi del coming out di Carolina Morace?
E’ stata una decisione giusta. Ognuno ha diritto di essere come vuole e amare chi vuole. Purtroppo anche a me è capitato di ricevere domande stravaganti su situazioni di spogliatoio solo perché sono una calciatrice. Allo stesso tempo però penso che avrebbe potuto anche non dirlo. Mediaticamente ha sortito un effetto importante ma era necessario? Io sono più propensa nel non giudicare nessuno, chiunque voglia vivere come meglio ritiene ha il diritto di farlo. Non serve farlo sapere al mondo. Lei ha voluto rimarcare la presenza di stereotipi e tabù che devono ancora essere abbattuti, e per questo ha fatto bene. Ma se avessi avuto la possibilità di consigliarla le avrei detto di continuare ad essere chi è. Perché in fondo, che l’avesse detto o meno, non avrebbe cambiato nulla.

Cosa vedi nel tuo futuro?
Quando ho iniziato a lavorare come infermiera mi sono ripetuta: finché posso fare entrambe le cose continuo. Sinceramente non so cosa succederà. Forse ritornerò a giocare trovando il tempo, o magari metterò da parte il calcio definitivamente. Arriverà un momento in cui dovrò prendere una decisione. Ora sono concentrata sul lavoro per via del virus. Poi si vedrà.

Avvento del professionismo, cosa pensi che comporterà?
Avrà un lato positivo ed uno negativo per me. Positivo perché le atlete saranno riconosciute per quello che fanno. Ed è giusto; è assurdo che oggi non siano garantite tutele sanitarie. Dall’altra parte comporterà un esborso economico maggiore per coprire tali costi. Soltanto le società più blasonate potranno sostenere queste spese. Ciò comporterà sicuramente alla scomparsa di club storici del femminile. E’ un sacrificio doloroso ma ritengo sia necessario. Il professionismo serve, non possiamo continuare a negarcelo.

Credit Photo: Aquila Montevarchi