Non è certo un momento particolarmente fortunato per il calcio milanese. Sperando che i nuovi proprietari arrivati dal lontano Oriente risollevino le sorti di Milan e Inter, dobbiamo purtroppo registrare l’uscita di scena della squadra femminile dell’Università Bocconi.

L’ateneo, fondato nel 1902, è uno dei simboli della capitale economica del Paese e la sua rappresentativa sportiva, seppure meno nota, non va certo trascurata. Il calcio femminile ha fatto il suo esordio in Bocconi nel 1998, con la squadra a cinque, per poi dar vita anche la formazione a sette e quella a undici.

Il salto di qualità è avvenuto nella stagione 2003/04, con l’iscrizione al campionato di Serie D organizzato dalla Figc. Nella stagione che sta per cominciare, la Bocconi avrebbe partecipato alla Serie B, lo stesso campionato nel quale militano le rappresentative femminili di Inter e Milan. Invece il sodalizio meneghino ha prima rinunciato all’iscrizione al torneo e poi, per bocca del presidente Francesco Bulleri, annunciato la chiusura della sezione calcio.

A differenza di quanto accade tra i maschi, la decisione di chiudere i battenti non è legata a fattori economici, ma a quella che Bulleri definisce “una totale assenza anche solo di previsione di una svolta soprattutto in ambito culturale in questo settore, unita ad una assenza di immagine e di organizzazione”.

In un’intervista delle scorsa settimana fatta da Guido Baroni il presidente spiega: “Con dispiacere abbiamo abbandonato il calcio femminile, settore in cui per 17 anni abbiamo al fuori di ogni dubbio sempre creduto, ma in questi anni abbiamo avuto sempre la speranza che le cose al suo interno potessero cambiare, invece continuiamo a vedere dei tira e molla e continui cambiamenti, mai costanza, continuità, credibilità e pianificazione”.

Nemmeno l’obbligo per i club professionistici di aprire sezioni femminili è considerato un intervento in grado di sbloccare la situazione, anzi: “E’ semplicemente l’inizio della fine per coloro che per anni hanno portato avanti il movimento e grazie a loro oggi in Italia, storto o morto, si può ancora parlare di calcio femminile”, sostiene Bulleri.

Comprensibilmente deluso, Bulleri ne ha un po’ per tutti: “La colpa non è solo della Federazione, della Lega e del Settore Giovanile Scolastico, ma è anche dei club, soprattutto quelli che sanno ben a chiacchiere fare fuoco e fiamme tramite lettere, email, comunicati e chat e poi a Roma davanti alla Federazione si presentano come agnellini mansueti e yes man o yes woman. C’è da dire anche che in questo settore pure le atlete ci mettono del loro e non poco per rallentare la crescita. Parliamoci chiaro: quante di loro vogliono davvero fare il salto culturale? Per farlo il prezzo è alto, lo sanno e forse perciò piace, seppur lamentandosi, vivacchiare”.

L’uscita di scena della Bocconi è una doccia fredda per chi sperava nello sviluppo del calcio femminile, anche sulla base dei riscontri positivi ottenuti dalle Olimpiadi, dai campionati europei (l’edizione 2017 sarà in Olanda) e dalla continua crescita del movimento negli USA, Paese detentore del titolo mondiale.

Con la cessazione dell’attività della Bocconi, viene meno anche il punto di riferimento per tante bambine e ragazze che nel settore giovanile dell’Università potevano iniziare a muovere i primi passi in questo sport, modificandone la cultura maschilista. Il sito ufficiale della squadra non dà certezze in merito, essendo in stand-by. Speriamo che quel “coming soon” preluda ad un ripensamento, almeno parziale.