Il difensore classe 2000, scaligera DOC, nonostante la giovanissima età è una delle giocatrici più utilizzate dal mister Sara Di Filippo. Diciotto anni da poco compiuti, veronese di Montorio, una marea di sport provati ma un unico grande amore per il calcio. Stiamo parlando di Sofia Meneghini, una delle (tante) giovanissimi giocatrici dell’ex Verona Femminile, da quest’anno Hellas Verona Women.
Centrale di difesa, una delle giocatrici più presenti nello schieramento iniziale di Sara Di Filippo e da tempo nel giro delle giovanili della Nazionale Italiana, “Lola” (questo il suo soprannome in spogliatoio ormai da tempo immemore, ma ci arriveremo più avanti) fa parte di quella generazione di calciatrici a cavallo tra “il vecchio” e sottovalutato calcio femminile e il “nuovo” movimento, notevolmente rafforzato dall’ingresso delle “big” del maschile e dal sempre maggior seguito certificato anche dall’acquisizione dei diritti di trasmissione delle partite da parte di Sky.
Colpiti dalla grinta che le abbiamo visto mettere in campo, abbiamo quindi deciso di raggiungerla, per parlare con lei di passato, presente e futuro: dai primi calci agli obiettivi futuri, passando per l’origine del suo soprannome, il rigore segnato nel derby e tanto altro, ecco quindi a voi la nostra intervista esclusiva al giovane talento gialloblù!

Sofia, partiamo dal principio: sappiamo che prima di approdare al Montorio hai praticato anche altri sport, come il basket e la pallavolo. Cosa ti ha spinto a scegliere il calcio?
«Sin da piccola volevo giocare a calcio. Tutte le bambine della mia età giocavano con le bambole e si truccavano, mentre i bambini si divertivano correndo dietro un pallone, e io volevo fare altrettanto. Il primo ostacolo fu la mamma: prima di riuscire a convincerla provai moltissimi sport, tra cui nuoto, basket e pallavolo, ma alla fine, grazie anche all’aiuto di papà, riuscii a dissuaderla a farmi provare con il calcio. Quando dopo il primo allenamento tornai a casa e la prima cosa che le dissi fu “Mamma, è bellissimo!”, capì che era il mio desiderio, e non fece più resistenza. Da quel momento è poi iniziata tutta la trafila che dal Montorio e dal Bardolino mi ha portata all’Hellas Verona».
Per te che li hai vissuti in prima persona, cosa possiamo dire sugli sviluppi degli ultimi anni del movimento, con così tante grandi società maschili entrate nel mondo femminile?
«Io sono riuscita a vivere, anche se solo in parte, il “vecchio” calcio femminile. Dobbiamo dare uno sguardo al futuro con voglia di migliorare quello che già è stato fatto, ma con la consapevolezza di ciò che le nostre compagne hanno passato, sapendo che è stato difficile riuscire a superare quei pregiudizi retorici e moralistici che circolavano e che forse circolano ancora tra le teste e le bocche di alcune persone. L’ingresso delle squadre professionistiche ha alzato il livello di professionalità e serietà, riuscendo a dare reali possibilità alle ragazze di intraprendere questo percorso in modo più sereno, sapendo di avere alla base una società vera e propria».
Com’è la vita di una calciatrice di Serie A appena diciottenne?
«Per ora la mia vita è abbastanza semplice, vado ancora a scuola e sono all’ultimo anno del liceo scientifico. Devo fare molti sacrifici: per questioni di tempo la vita da adolescente l’ho un po’ trascurata, e tra allenamenti, trasferte e convocazioni è più il tempo che passo sul campo che quello che trascorro a casa, dove dedico gran parte del tempo allo studio. Nonostante questo ho tanta voglia di crescere: ho appena iniziato a “giocarmela” veramente, e avere ancora tanto tempo davanti a me e tante più possibilità rispetto a un paio di anni fa accresce ulteriormente i miei stimoli».
Sappiamo che il tuo soprannome in spogliatoio è “Lola”: puoi dirci da cosa deriva?
«Il soprannome “Lola” è ormai storico. Tutto iniziò quando giocai la mia prima partita con la squadra dell’Arcobaleno Bardolino nel torneo “Rosa di Maggio” e la mia attuale compagna di squadra Veronica Pasini mi paragonò a Lola Bunny dei Baby Looney Tunes. Da lì tutti iniziarono a chiamarmi “Lola”: compagne, mister, persino i miei genitori!».
Parliamo di campo, e in particolare del match contro il Chievo: dalla tribuna abbiamo apprezzato molto la grinta con cui sei andata a prenderti il pallone del rigore. Quanta voglia avevi di lasciare la tua impronta sul derby?
«La grinta c’è sempre, ma il derby è quella partita speciale che riesce a tirartene fuori un po’ di più. Appena ho visto la piccola possibilità di poter segnare contro il Chievo, l’ho sfruttata. In realtà però c’era anche una motivazione più personale: mio nonno è venuto a mancare quella settimana, e volevo segnare per lui».
Sportivamente parlando, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
«Per ora i miei progetti sono qui. Aver trovato una stabilità è la miglior cosa, e fare esperienza a quest’età per poi poter puntare in alto è fondamentale. Tra poco dovremo affrontare diverse competizioni con la Nazionale Under-19, e la convocazione è il mio primo obiettivo personale, sperando poi ovviamente di fare bene in azzurro. Sognare non guasta mai, ma per ora punto a dare il massimo qui a Verona, dove sto molto bene».

Credit Photo:Calcio Hellas

FONTECalcio Hellas
Tommaso Badia
Classe '92, laureato in Editoria e Giornalismo presso l'Università degli Studi di Verona. Collabora dal gennaio 2016 con il quotidiano L'Arena e dal maggio 2018 con il sito web CalcioHellas.it. Avvicinatosi di recente al calcio femminile grazie soprattutto alla nascita dell'Hellas Verona Women, ha deciso di aderire al progetto di Calcio Femminile Italiano per permettere a questo movimento di crescere e di farsi conoscere sempre di più.