Il 30 di giugno finisce la stagione sportiva 2020/2021.
Quest’anno è molto difficile fare un bilancio.
Tutto quello che è stato fatto negli ultimi 12 mesi è infatti messo in ombra dalla vendita del titolo della Serie A femminile alla U.S Sampdoria.
Sono usciti e continuano a venir fuori tanti articoli che rendono omaggio alla nostra storia ed esprimono rammarico per il venir meno di un patrimonio di valori che hanno portato un contributo originale e appassionato alla traiettoria del calcio femminile italiano. Questo ci fa piacere, perché l’idea pazza di piantare un seme, antico e nuovo, in un paesaggio che sta cambiando a velocità folle è stata riconosciuta e apprezzata.
Dobbiamo però fare i conti con la nostra incapacità di continuare a raccoglierne i frutti.
In queste settimane ci siamo guardate e guardati in faccia e abbiamo provato a riflettere sui motivi per cui non siamo stati in grado di difendere il nostro titolo.
I cambiamenti della Serie A femminile sono stati impetuosi. Non è compito nostro dare giudizi sulla bontà di questi processi, che come ogni trasformazione porta con sé pregi e difetti, avanzamenti e contraddizioni. In quale misura, è presto per dirlo.
Possiamo però dire che la nostra scelta ha seguito lo stesso criterio che ci aveva guidati a San Gimignano: un Club è un patrimonio del territorio e la sua prima responsabilità è nei confronti della sua comunità.
La Serie A per la nostra dimensione era diventata un treno in corsa in cui dovevamo dedicare ogni nostra energia per restare in equilibrio. Avremmo potuto continuare degnamente, probabilmente anche migliorare i risultati sportivi, arrivare a essere un Club professionistico in un campionato a 10 squadre, accanto ad alcune tra le squadre più importanti del mondo. Questo sarebbe sicuramente stato appagante per il nostro orgoglio.
Ma avrebbe rinnegato le nostre convinzioni sull’essenza del gioco e sui valori che devono guidare le nostre azioni.
Il calcio, come tutto lo sport, ha un ruolo troppo importante per andare avanti accumulando debiti e bolle. In primo luogo, è necessario investire sulle strutture, sui processi educativi, sul coinvolgimento della comunità, sulle cose che cambiano il mondo.
Se un Club non calibra i propri obiettivi su quanto riesce a costruire insieme al territorio, se per seguire un risultato fa il passo più lungo della gamba, è destinato a crollare e a lasciare un enorme vuoto, di cui a fare le spese saranno come sempre i più fragili, coloro che hanno più bisogno del “diritto allo sport e al gioco”.
Ma questa scelta non fa venir meno i nostri sogni.
Anzi, ci sembra che renda più appassionante la sfida che da tanti anni abbiamo rivolto al mondo del calcio.
La Florentia San Gimignano fa un passo indietro per ripartire senza compromessi verso degli obiettivi chiari.
I prossimi mesi saranno ricchi di progetti.
Intanto, vi lasciamo con questa foto, che è un piccolo manifesto dei nostri programmi.
A San Gimignano non smetteremo di fare calcio in modo diverso. Il nostro obiettivo è costruire dei percorsi per portare la Valdelsa a essere la zona con il maggior numero di bambine e ragazze che fanno sport in Italia.
Il nostro obiettivo è arricchire l’esperienza dei bambini e dei ragazzi del nostro settore giovanile con l’immersione in un ambiente ricco di esperimenti di umanità nuova.
Sappiamo che per tornare nei campionati nazionali dovremo fare qualcosa di ancor più speciale di quanto fatto finora. Se questo sogno sarà condiviso, ce la faremo.
#sangiforequality

Credit Photo: Facebook Florentia San Gimignano