Photo Credit: Nicolò Ottina - Photo Agency Calcio Femminile Italiano

Il rientro dall’infortunio. Il ritorno al gol. Un adattarsi continuo al ruolo del difensore centrale, senza perdere le proprie doti da centrocampista. Lo Scudetto di nuovo alla Juventus Women dopo due anni difficili.
Queste sono solo alcune delle tappe che la centrocampista della squadra piemontese Martina Rosucci è riuscita a percorrere quest’anno, lasciandosi alle spalle anni in cui, forse, il ritiro sarebbe stato la soluzione più facile. La numero 8 della Juventus ha scelto di lottare, di continuare a sudare, a faticare, ad allenarsi anche quando il dolore era insopportabile, per ritrovare la condizione e poter rivedere il rettangolo verde spalancarsi davanti a sé non come un miraggio, bensì come una realtà concreta, e c’è riuscita.

«Il mister è un grandissimo appassionato, ama quello che fa e glielo si legge negli occhi. Ci ha restituito quell’identità che ci era un po’ mancata. Ci ha dato una direzione ben chiara a livello tattico e non solo. Abbiamo un rapporto bello, sincero, genuino con lui e con tutto lo staff che quest’anno è di grandissimo livello», ha cominciato la calciatrice in una recente intervista per JuventusNews24 parlando di Mister Canzi, il tecnico arrivato la scorsa estate che ha rivoluzionato il modo di giocare e, soprattutto, l’umore che aleggiava nello spogliatoio, in difficoltà e caratterizzato da un bisogno di ritrovare la strada verso la vittoria, cosa che è poi successa.

Martina Rosucci si è dunque focalizzata sul ruolo che hanno giocato lei, Barbara Bonansea, Cristiana Girelli e le altre senatrici all’interno del gruppo, che hanno di fatto plasmato la mentalità vincente e mai disposta ad arrendersi delle nuove arrivate. Le calciatrici che si sono aggiunte al gruppo in itinere hanno subito interiorizzato l’importanza di giocare per questa squadra e hanno potuto mettere il loro piccolo pezzetto verso la “rinascita”: «Credo sia giusto parlare di “rinascita”. Abbiamo attraversato un momento buio, io con gli infortuni e loro con la Juve. Qualcuna di noi è stata criticata eccessivamente. Un giocatore non può essere sempre e solo giudicato dal numero di gol, assist e vittorie. In campo facciamo tante cose e chi viene a vedere le partite e ci vive le riconosce. Non è una rivincita personale ma è una dimostrazione a noi stesse e a tutte che siamo rimaste, prendendoci merda. Però abbiamo lavorato credendo in noi stesse».

Una giocatrice che ha avuto un exploit incredibile e innegabile è Sofia Cantore, arrivata alla doppia cifra che tanto sognava e artefice di una serie di prestazioni di livello altissimo, che ne evidenziano maturità e, soprattutto, maturazione arrivata a un punto importante, che però può elevarsi ancora. Se la numero 9 è stupita delle prestazioni da lei dimostrate scendendo in campo, per Rosucci questa condizione era già scritta al suo arrivo alla Juventus Women per il primo allenamento: «L’ho vista arrivare il primo anno insieme ad Arianna Caruso e Benedetta Glionna. Se avessi dovuto scegliere la giocatrice più migliorata da inizio a fine anno… Avrei detto lei, anche se era un po’ più indietro rispetto a loro. È arrivata a un livello che mi sentivo avrebbe raggiunto, e che può ancora superare. È stata anche sfortunata, perché da giovane ha avuto due gravi infortuni. Ce l’ha fatta con umiltà, spavalderia e dedizione. Anche lei ha dovuto affrontare un periodo in cui è stata messa molto in dubbio ma anche lei, secondo me, in fondo sapeva che sarebbe arrivata alle prestazioni e ai gol di quest’anno. Probabilmente si è stupita, io no». 

Un’altra calciatrice che ha piacevolmente sorpreso tutte è Alisha Lehmann. Per quanto, dall’esterno, la maggior parte delle persone la giudichi in modo negativo, la numero 7 bianconera è invece una persona straordinaria, che ha saputo farsi accettare e voler bene fin dal suo arrivo e che, con il tempo, ha consolidato la sua amicizia con le altre: «Alisha è arrivata dal primo giorno col sorriso. La Juventus era una cosa grande per lei. Aveva questa volontà di sentirsi parte di una famiglia, come tutte. Le persone che soffrono di più a livello di minutaggio sono le più importanti, quelle che ti fanno vincere gli scudetti. Ha forse avuto meno spazio delle altre, ma si è sempre allenata benissimo e non c’è stato un allenamento in cui non abbia sorriso o non abbia avuto una parola per gli altri: è una ragazza normalissima, dolcissima, molto sensibile e positiva».
Martina Rosucci ammette poi che una delle chiavi che l’hanno aiutata a non farsi demoralizzare dagli infortuni e dai periodi bui è l’autostima, che l’ha condotta a lavorare con perseveranza, dedizione e cocciutaggine, senza mai sottovalutarsi e senza mai arrendersi. L’infortunio che l’ha allontanata dal terreno di gioco per quasi due anni è stato molto duro, ma la calciatrice è stata in grado di trasformare quel dolore a tratti insopportabile in una sfida da superare, in un nemico da eliminare, e alla fine a spuntarla è stata lei: «Ho molta fiducia in me stessa. Se non ce l’avessi, oggettivamente, oggi non sarei qui dopo tre infortuni e tante altre cose. Credo che quello che faccio in campo non sia sempre visibile, questo sì. Sono una giocatrice che non attira i riflettori ma penso di essere importante in certi momenti della partita. Mi sono tolta molte soddisfazioni anche nel cambio di ruolo. Quest’ultimo infortunio mi ha messo veramente a dura prova, non solo per il ginocchio, ho avuto questa sorta di pubalgia. C’è stato un momento in cui non riuscivo neanche a camminare, a girarmi nel letto. Anche solo pensare di correre era diventato impossibile, figurarsi quello che ho raggiunto adesso. Gettare la spugna non è mai stata un’opzione. Dopo tutta la sofferenza che ho passato non poteva esserci un epilogo diverso dall’esserci riuscita. Ho superato le mie aspettative quest’anno, ho fatto di più di quanto immaginassi. Sono doppiamente felice.».

In chiusura, Martina Rosucci ha ammesso che l’Inter e la Roma erano le due avversarie a cui guardavano con più attenzione e “sospetto” circa l’imminente campionato di Serie A, che avrebbe spalancato le porte di lì a poco. A ragion veduta, le ragazze allenate da Gianpiero Piovani e quelle allenate da Alessandro Spugna hanno, in effetti, dato prova di essere squadre in forma e dal livello altissimo, nonché competitive e dirette contendenti per lo Scudetto e i posti in Champions: «Da subito ci siamo dette: ‘L’Inter quest’anno è forte’. Hanno fatto buone scelte, non solo tecniche. Hanno preso dei leader. Ci lavoravano e da anni e tutto il lavoro fatto prima quest’anno è servito. È una squadra completa che si merita la posizione che ha. La Roma non ha tenuto le prestazioni degli ultimi due anni. Un calo ci può stare. Ci sono delle giocatrici molto forti, altrimenti non sarebbero stare campionesse d’Italia.»

Ilaria Cocino
Nata a Torino nel 1998, si appassiona al calcio e all'atmosfera magica degli stadi fin da ragazzina. Laureata in Traduzione presso l'Università degli Studi di Torino, attualmente è traduttrice freelance dall'inglese e dallo spagnolo e si occupa anche di editoria. Da sempre affascinata dal mondo del giornalismo sportivo, prova a coniugare la sua passione per il calcio femminile con quella per le lingue per immergersi anche in quello internazionale.

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