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Anche il Direttore generale della Juventus Stefano Braghin si è presentato in conferenza post-partita dopo la vittoria contro il Milan, che ha chiuso definitivamente i conti per lo Scudetto, “tornato” a Torino dopo due anni all’insegna del dominio giallorosso.

Braghin ha portato con sé, a simboleggiare tutte coloro e tutti coloro che lavorano dietro le quinte, la più giovane della rosa, vale a dire la classe 2006 Azzurra Gallo, che ha già avuto modo di esordire con la Prima Squadra e che, la scorsa estate, ha giocato negli Stati Uniti insieme alla compagine che si è aggiudicata lo Scudetto: «Ho portato Azzurra con me, è la più giovane della rosa, e ha fatto tutto un percorso da quando aveva 12 anni con noi, è il suo primo scudetto e ci tenevo a portarla perché è la ragazza che ha avuto meno minuti quest’anno. Penso che tutti abbiano vinto, oggi. Azzurra è molto forte e sarà protagonista, dal primo giorno in America si allenava come se ogni allenamento fosse una finale, ed è qui in rappresentanza di tutte le persone che si vedono meno, ma non sono meno importanti: i giardinieri, i cuochi di Vinovo, tutte persone che hanno messo un pezzettino, e simbolicamente la più giovane li rappresenta tutti. Ha una storia piena di futuro davanti», ha esordito. Gallo ha compiuto un percorso di crescita nel settore giovanile per molti anni, e la sua presenza in Prima squadra testimonia l’impegno del Club nella selezione dei nuovi talenti per permettere al movimento di crescere già dai primi passi nel mondo del calcio.

«Quest’anno è scattata fin dall’inizio una coesione, una sinergia, un’empatia, qualcosa che c’è in tutte le squadre che vincono e che non si compra sul mercato: si costruisce nelle relazioni, nei rapporti, nelle difficoltà, e soprattutto nella tolleranza verso le differenze, perché spesso sono quelle che dividono, e qui invece non è accaduto grazie al lavoro di tutti. Devo fare i complimenti a tutte le persone che hanno contribuito a questo risultato perché, al di là del potenziale singolo, credo che quello che determina sia il clima che si crea tra tutti i componenti della squadra: con una squadra forte vinci le partite, ma per vincere i campionati serve qualcosa in più, che costruisci ogni mattina quando entri al centro sportivo dal primo all’ultimo giorno. Sono contento che alla fine abbia vinto tanto il cuore oltre al resto, e questo vuol dire che è uno sport che sa ancora funzionare», ha aggiunto, citando anche i suoi collaboratori più vicini in rappresentanza dell’intero Staff bianconero, al lavoro per trasformare la squadra in una realtà sempre più concreta e fatta di calciatrici che collaborano e formano una “squadra” nel senso vero e proprio del termine, una macchina perfetta in cui ogni ingranaggio funziona alla perfezione.

Il Direttore ha poi fatto i complimenti a Massimiliano Canzi, colui che, da tecnico, ha gestito al meglio al rosa messagli a disposizione per creare una sinergia perfetta tra tutti gli elementi dell’orchestra, permettendo alla fine di suonare la sinfonia vincente: «Conoscevo bene la sua proposta tecnica e calcistica, il suo grande passato e la sua grande esperienza, è un allenatore che ha avuto un lungo percorso nel settore maschile, per dieci anni. Nel corso dell’anno ho scoperto la persona, perché non la conoscevo, e la combinazione di cosa immaginavo già e la persona che ho conosciuto hanno fatto la differenza. Saperlo amico, oggi, per me è un grande piacere e una cosa che non potevo immaginare, ed è servito tanto a farci raggiungere quest’obiettivo, che era tutt’altro che scontato.»

“Continuità”, parola che è stata menzionata in conferenza stampa e che riguarda l’impegno della Juventus nel forgiare nuovi talenti per aprire un ciclo vincente, come hanno dimostrato i trofei vinti dalle bianconere dall’anno di fondazione della squadra a oggi, ben 13 in appena otto anni, a dimostrazione di un’ottima capacità della Società nell’investire nel calcio femminile: «La continuità è un grande impegno del Club nel calcio femminile. Ci sono stati dei pionieri e delle persone che ci hanno permesso di andare avanti, e non è così scontato avere continuità nell’investimento nel calcio femminile. Ognuno ha messo il proprio pezzo di lavoro, esperienza e conoscenza; è un ciclo lungo, sei scudetti, tredici trofei in otto anni. Per due anni siamo arrivati secondi e abbiamo vinto un trofeo, e sembrava un disastro, per molte altre Società sarebbe un trionfo. Credo che quello che hanno fatto le ragazze meriti il riconoscimento di essere un ciclo ad oggi assolutamente unico, poi il tempo ci dirà quanto saremo bravi a portarlo avanti.»

«Non siamo ancora un paese che può fare investimenti enormi nelle top player, come potrebbero fare l’Inghilterra, la Germania o gli Stati Uniti, la nostra filosofia è quindi quella di creare calciatrici “in casa”, di farle crescere. Oggi in campo c’erano molte ragazze passate per le giovanili, come Chiara (Beccari), Azzurra, Termentini. Carola Coppo, mia collaboratrice e responsabile del settore giovanile, sta facendo un grande lavoro, e quindi penso sia una grande responsabilità per il calcio italiano e per far crescere il movimento. Per noi è un successo vederle. Si parla di “progetto giovani”, ma la distinta di oggi parla da sé: dopo ventinove anni, ho capito che l’unica differenza che c’è è tra ‘bravo’ e ‘non bravo’, mentre tra ‘giovane’ e ‘vecchio’ non c’è alcuna differenza, se uno è bravo è giovane e gioca», ha poi dichiarato il Direttore, che ha calcato nuovamente sull’importanza del settore giovanile e, allo stesso tempo, di credere nelle calciatrici di esperienza, perché una squadra deve essere ben bilanciata per arrivare al successo.
Anche Azzurra Gallo è intervenuta in questo frangente, e ha raccontato brevemente la sua esperienza con la maglia bianconera, soprattutto quest’anno, durante il quale ha fatto la spola tra il settore giovanile e la Prima squadra, con cui ha appunto vinto lo Scudetto: «Vincere lo Scudetto è un sogno, è da quando avevo dodici anni che sono qua, quindi penso che chiunque vorrebbe vincere uno Scudetto, soprattutto alla Juventus e avendo fatto tutto il settore giovanile. Come ha detto il Direttore, penso che abbiano investito tanto nelle giovani, il clima nella squadra era bellissimo e non mi sentivo più piccola, venivo sempre inclusa e questo ha fatto la differenza.»

L’unica certezza è la vittoria dello Scudetto per mano della Juventus, ed è invece incerto il futuro per quanto riguarda lo stadio che ospiterà le partite in casa della formazione piemontese che, di fatto, gioca “fuori casa” per via dei chilometri che separano Torino dal “Vittorio Pozzo” di Biella: «Per quanto a Biella siano ospitali e ne siamo riconoscenti, il progetto di giocare qui è un problema di regolamenti, che non consentono di giocare in impianti che siano più vicini. C’era un progetto di fare uno stadio, che il COVID ha rallentato, e ad oggi a Torino non ci sono impianti che permettano di giocarci. Non vediamo l’ora che ci sia una soluzione, pur trovandoci molto bene qui.»

In ultimo, il Direttore ha analizzato i nuovi innesti della squadra, arrivati nel corso dell’anno per andare a colmare il vuoto lasciato da una calciatrice di spessore come Arianna Caruso durante la sessione invernale di mercato. I nuovi acquisti, calciatrici molto giovani, hanno saputo trovare la chiave giusta per adattarsi e contribuire alle vittorie, partita dopo partita. Un nome importante, molto spesso, non è l’unico modo per arrivare alla vittoria, e può essere del tutto irrilevante, se poi si scende in campo con l’atteggiamento sbagliato: «Sono arrivate ragazze funzionali a quello che ci serviva, magari un po’ meno scintillanti nel passato e nella bacheca, ma con le caratteristiche che servivano per rendere questa rosa più completa, e soprattutto sono venute delle persone entrate in punta di piedi per capire questo mondo prima di renderlo più forte, senza venire a insegnare come si fa: basta fare un giro al Museo della Juve, ci sono 85 trofei. Con molta umiltà, sono entrate in un gruppo di ragazze legate al Club e depositarie della storia e si è creata la giusta chimica, perché c’è stata disponibilità da entrambe le parti e la giusta umiltà, e credo che il Mister sia stato un facilitatore.»

Ilaria Cocino
Nata a Torino nel 1998, si appassiona al calcio e all'atmosfera magica degli stadi fin da ragazzina. Laureata in Traduzione presso l'Università degli Studi di Torino, attualmente è traduttrice freelance dall'inglese e dallo spagnolo e si occupa anche di editoria. Da sempre affascinata dal mondo del giornalismo sportivo, prova a coniugare la sua passione per il calcio femminile con quella per le lingue per immergersi anche in quello internazionale.