La Sassari Torres femminile, nata nel 1980, è la squadra femminile più vincente di sempre. Nonostante il periodo difficile vissuto con il fallimento del 2015, la squadra sarda ha saputo rimettersi in marcia per conquistarsi un posto in cadetteria. Intervistato da Donne sul web, il team manager Francesco Muggianu ha parlato della storia del club e il suo percorso all’interno del team rossoblù.
L’avvicinamento alla Torres
“Nel 2013-2014 sono entrato, assieme a un amico, come dirigente accompagnatore. La società era già molto ben strutturata, e le atlete all’epoca erano delle campionesse, estremamente competitive. E’ stato davvero facile per me inserirmi in quel contesto. Purtroppo però in poco tempo, dopo un buon campionato disputato nella stagione 2014-2015, siamo andati incontro al fallimento sotto la presidenza di Domenico Capitani. Per cui la squadra non si è iscritta al torneo 2015-2016 ed è stata costretta, in seguito alla rifondazione del 2016 – operata, tra gli altri, anche dal sottoscritto e dell’attuale presidente Andrea Budroni – a ripartire dalla serie C regionale. Ma è stata una ripartenza vincente, dal momento che siamo subito stati promossi in serie B”.
Il ritorno in Serie C
“La riforma dei campionati del 2018 ha fatto sì che la serie B diventasse a girone unico, per cui nella nuova cadetteria sono rimaste solo le squadre che si erano piazzate ai primi tre posti di ciascuno dei quattro gironi previsti in precedenza. Noi, pur senza retrocedere effettivamente sul campo, ci siamo dunque dovuti rimboccare le maniche e abbiamo ricominciato, nel 2018, dalla serie C nazionale. Dopo tre anni di dure battaglie, e di piazzamenti di volta in volta sempre migliori, al termine del torneo 2020-2021 abbiamo riconquistato un posto in serie B. Quest’anno ci giocheremo la nostre carte in cadetteria fino alla fine”.
Differenze tra i periodi pre e post fallimento
“La differenza principale sta nel fatto che, prima del fallimento, quando volevamo ingaggiare una calciatrice bastava chiamarla e presentarci come i dirigenti della Torres: le ragazze facevano a gara a venire da noi, ben conoscendo il blasone della squadra. Poi, con il ridimensionamento degli ultimi anni, le cose sono cambiate. Anche perché parecchie atlete studiano o lavorano, e noi siamo pur sempre un’isola: gli spostamenti dall’Italia continentale sono complicati e, talvolta, scomodi. Di fatto le giocatrici devono cambiare radicalmente vita e trasferirsi in pianta stabile in Sardegna, rinunciando a tutte le attività che svolgevano prima a casa loro. Venire a giocare a Sassari non è come spostarsi da Milano a Como, o anche da Milano a Verona. […] Giocare in Sardegna invece implica una scelta di vita più estrema. E, per mollare il proprio lavoro in continente, le ragazze chiedono giustamente un compenso economico adeguato”.