Photo Credit: Elisa Hassert

Sara Sorrenti, in arte Sarafine, è una artista dalla libera espressione e di grande comunicatività artistica. Salernitana d’origine, cresciuta in territorio calabrese, è nota al grande pubblico per aver trionfato nella diciassettesima edizione del talent X Factor, trampolino di lancio per un percorso tutto musicale, fatto di passione ed introspezione.
Quella della leva ’88 è una storia tutta da scrivere, con tasselli che elogiano il coraggio e mettono sul piedistallo un pentagramma che sembra scorrere da sempre nelle sue vene.

Tra suonate elettro-pop, macchie techno, scritture e composizioni dal sapore originale, ciò che traspare una volta premuto “play” è una forte identità musicale che vuole e sa mettere in risalto anche la parte scura della vita, quella senza filtri, dalle crude verità.
Nuova ospite della rubrica “Calcio&Musica“? Proprio la sopra indicata: ecco cosa ci ha raccontato.

Chi è Sara e quali sono i messaggi che vuole dare attraverso l’arte musicale?

Sono una che prova a capirsi attraverso quello che fa. Oggi direi che sono quello che faccio, e fare qualcosa in cui mi riesco ad identificare è la cosa più inaspettata e bella che mi sia accaduta fino ad ora.

Scrivi, canti, produci e suoni. Nelle tue performance risulti poliedrica e rivoluzionaria, senza mai mettere da parte il tuo vero “io”: trovi che l’introspezione e l’essere sé stessi siano il fulcro nella vita di una artista, così come in quella di una calciatrice che può anche uscire dal campo sconfitta, pur avendo dato il meglio in termini di prestazione?

Leggevo di recente che la verità non esiste ma è solo un’interpretazione della realtà, quindi più che di vero “io”, direi che provo ad interpretarmi. Ciò che mi preme particolarmente quando faccio musica è avere l’onestà intellettuale di fare cose che riguardano il mio percorso di vita e soprattutto che mi entusiasmano. Nutro sempre la speranza che queste vengano accolte positivamente dalle persone, quella può considerarsi una vittoria per me così come per una calciatrice che vince una partita, ma non si riduce tutto a vittorie e sconfitte.
Siamo qui tutti per fare un percorso che a volte viene riconosciuto e a volte no, e io mi impegno per ricordarmi di ritrovare la bellezza puramente nel fare.

Il 6 gennaio hai calcato il verde dell’ “Alberto Picco” di La Spezia per l’attesissima finale di Supercoppa tra Roma e Fiorentina, un’opportunità, viene da pensare, forse un po’ lontana dalla solita “routine professionale”, in grado,
però, di unire tifosi ed amanti della musica. Ti va di raccontarci in che modo
hai accolto tale proposta e le sensazioni ed emozioni di quella giornata?

Far parte di questa esperienza insieme ad altre donne che hanno una forte passione per quello che fanno e che danno il massimo occupando uno spazio che fino ad oggi faticava ad ottenere riconoscimento e credibilità è stato importante per me; ho accolto la proposta con grande piacere.
Quando ho partecipato all’evento, una persona degli addetti ai lavori mi spiegava che è solo da pochi anni che il calcio femminile è diventato professionistico e che fino a poco tempo fa una ragazza che sceglieva di giocare a calcio non aveva la possibilità di concentrarsi solo sullo sport perché per mantenersi doveva fare un altro lavoro.

Osservo e, a mio modo, partecipo a questo fenomeno sociologico di riconoscimento delle donne in ambito professionale che resistono e investono la loro vita nelle proprie passioni, guardando con ammirazione e rispetto alle sportive e a tutti coloro, uomini e donne, che lavorano affinché il calcio femminile abbia sempre più risonanza.

Cosa ti ha lasciato particolarmente questa esperienza?

Partecipare a questo evento ha avuto per me un significato simbolico, mi ha fatto sentire parte di qualcosa che era più importante della partita in sé.

Inevitabile chiederti se sei tifosa o fan di qualche sport…

Direi di no (ride), anche se mi affascina molto il sentimento che unisce tifosi e
sportivi.

Hai una squadra di soli artisti, chi inserisci titolare per fare la “magia”?

Se ci si riferisce a tutte le tipologie di artisti e non solo musicisti o cantanti, direi Jago: è lo scultore italiano di cui sono a conoscenza, tra i piú importanti nel nostro paese, che, oltre a fare delle opere d’arte che sono ai miei occhi delle magie, è anche un essere umano di grande spessore, le cui parole ascoltate in varie interviste mi hanno colpita profondamente.

Da sempre la donna si rivela protagonista e “musa” in tantissimi brani del repertorio tricolore. Pensi sia importante raccontarla anche attraverso questo mezzo e quanto c’è di questo nei tuoi brevi ed incisivi testi?

Storicamente è stato così magari, ma le donne oltre ad essere muse e protagoniste di brani, dipinti o di qualsiasi forma d’arte, sono anche autrici, pittrici e registe.
Penso che andando avanti si romperanno gli schemi di genere per cui si occupano spazi o ruoli predefiniti legati all’essere donna o uomo, o almeno me lo auguro fortemente.

Ed a proposito di testi musicali, quanto è importante porre attenzione sul lessico, il linguaggio, per una visione più giusta della figura femminile? Le storie
descritte nei brani hanno in qualche modo potere e responsabilità in tal sen-
so?

Trovo molto interessante la questione sul lessico e su come il linguaggio influenzi la percezione della realtà e di come questa poi sia a sua volta fonte di costituzione del linguaggio; è un dibattito molto acceso oggi e in tutta onestà non saprei bene come esprimermi a riguardo.
Nonostante l’argomento complesso, rispetto alla musica non mi piace pensare che sia giusto investire un’artista di una responsabilità educativa. Il linguaggio dell’arte è un mezzo che traduce l’interpretazione della realtà di un individuo. Non sono una fan dell’indignazione collettiva né del dito puntato, penso che bisognerebbe fare tutti un passo indietro, osservare, osservarsi.

Tutti quelli che si formano in una determinata collettività sono in qualche modo vittime di bias culturali simili. Personalmente provo a pormi in una posizione di ascolto e di osservazione e difficilmente riesco a raggiungere delle conclusioni generaliste, applicabili a chiunque.

In “Scrolla” (track contenuta nel tuo EP pubblicato recentemente) reciti “Ho smesso di piangere per prendermi il mio spazio”. Una frase che colpisce e che dà l’impressione di una figura forte che cerca di trovare la sua dimensione in mezzo a tante aspettative: è vero che al giorno d’oggi la donna sembra sempre dover fare qualcosa in più per dimostrare le proprie capacità ed il proprio valore?

Sicuramente è vero che uomini e donne fino ad oggi sono stati educati in modo diverso. Sono figlia di una generazione che assegnava colori per identificare il genere di un bambino o in cui esistevano sport da femmine e sport da maschi, ed è innegabile che questo poi si rifletta in una maggiore fatica che le donne hanno di occupare determinati ruoli storicamente affidati agli uomini nella società.

La frase che ho scritto in quel brano si riferisce, però, ad un tormento che credo possano condividere sia uomini che donne della mia generazione, una generazione che è stata educata in vista di un futuro quasi già deciso (per citare Zerocalcare, ci veniva richiesto di ritagliare lungo i bordi), solo che in quei confini, purtroppo, molti di noi si sentono stretti e la sofferenza che ne deriva a volte è dilaniante; spesso pensiamo che sia tutta nostra responsabilità, da lì il pianto.
Io ho capito, invece, che la sofferenza che provavo non era mia responsabilità ma avevo tutte le condizioni per potermi prendere quella di cercare un’alternativa per circoscriverla.

Progetti imminenti e futuri e l’augurio che senti di rivolgere a te stessa in
questo momento.

I prossimi progetti riguardano la preparazione del live per il tour di quest’estate di cui spero di annunciare le date a breve. Mi auguro di continuare a vivere di musica finché vorrò.

Un messaggio ai lettori di Calcio Femminile Italiano.

Un saluto a tutti i lettori e le lettrici di Calcio Femminile Italiano, vi auguro di trovare e prendervi il vostro spazio!

Si ringrazia Sarafine e management per la gentile concessione.