Antonella Carta è stata una giocatrice che a cavallo degli anni 80′ e 90′ si è tolta tante soddisfazioni. In Serie A ha vestito le casacche di Alaska Lecce, Giolli Roma, Sanitas Trani, Giugliano, Milan 82, Zambelli Reggiana, Torino, Zambelli Lugo, Autolelli Picenum. La sarda ha concluso poi la carriera con la Torres  dopo un attivo di oltre 700 presenze e 350 reti segnate, con sei campionati, sette Coppe Italia e una Supercoppa vinta. La sua carriera è stata impreziosita da 130 presenze in Nazionale dove ha marcato il cartellino 31 volte. Abbiamo raggiunto l’ex calciatrice per qualche battuta sulla sua carriera e sul calcio di oggi in Italia.

Antonella sei stata una calciatrice importante degli anni 80 e 90. Quali ricordi hai del calcio femminile di quegli anni?
Posso dire con orgoglio di esser stata una pioniera di quegli anni, ho tantissimi bei ricordi che conservo con molto piacere. Era un calcio di grandissimo livello anche perchè c’erano tante giocatrici di gran spessore e classe, Ho avuto il privilegio e l’onore di giocare insieme italiane e straniere potendo rubare un po’ da tutte”.

Quale invece il pensiero più dolce della tua carriera?
“Quando giocavo a Giuliano mi invitarono ad una cena  e li c’era il Napoli di Maradona. In quell’ occasione ero seduta al suo fianco, parlavamo del più del meno, quando si alzò e mi porto una coppetta di gelato: rimasi stupita dal suo gesto gentile umile, è stato di una dolcezza unica”.

Per te anche tante presenze in Nazionale? A quale partita rimani particolarmente legata?
“Si sono stata per ben 17 anni con la Nazionale disputando 120 gare e segnando 31 goal importantissimi. Rimango particolarmente legata alla sfida vinta in semifinale con la Norvegia in casa loro, paese organizzatore dell’Europeo 1997. Vincemmo per 2-0, nonostante gli aiuti arbitrali a loro favore: la gioia di tutte noi al triplice fischio era alle stelle. L’Italia per la seconda volta in finale di un campionato continentale: siamo state grandiose nonostante tutti ci davano per perdenti”.

Per te un esperienza anche nel futsal, come è stato per te staccare dal calcio?
“Ho giocato a futsal dopo aver lasciato il calcio ad 11. La scelta fu dettata da un problema di salute: il calcio mi ha aiutato a superare a livello psicologico e mentale un tumore. Era una scelta presa con la consapevolezza che primo o poi avrei smesso di giocare”.

Ti aspettavi un aumento così importante di interesse verso il calcio femminile?
“Sinceramente no. Sono contenta che finalmente si stia iniziando ad avere a questo interesse verso il movimento femminile. Importante ì stata la necessita per le società del settore femminile: solo così poteva avere visibilità e credibilità, visto che dal prossimo anno si passa al professionismo. Siamo state anni a combattere per avere dei diritti e oggi qualcosa si vede”.

In tantissime oggi cominciano da piccolissime, come era l’approccio con un pallone per le ragazzine dei tuoi tempi?
“Ai miei tempi era più difficile l’approccio al calcio giocato dalle donne e spesso si veniva condizionati da tante parole. La mia generazione è stata totalmente autodidatta visto che non esistevano scuole calcio per le ragazze. Quello per strada, a differenza di oggi, era un calcio più sano e spensierato, facevamo tutto quello che ci passava nella testa con ore e ore sempre insieme”.

Rivedi una calciatrice di oggi somigliarti?
“Non saprei, ho visto di sicuro giocatrici veterane affermate e giovani interessanti. Dico che fare paragoni non è bello perchè ogni giocatrice ha una sua caratteristica che non può essere paragonata”.

Cosa ti piace di più sul calcio femminile di oggi e cosa cambieresti?
“Il bello di adesso è che  si parla di calcio femminile: la gente si sta appassionando sempre di più. Senti i commenti e apprezzamenti e questo è bello. L’ organizzazione da parte delle società fa sì che venga messo a disposizione uno staff di addetti ai lavori, allenatori e preparatori in condizione di lavorare in una maniera adeguata. Consiglio di rimanere sempre se stessi, stare con i piedi per terra e di avere l’umiltà di non sentirsi mai arrivate, perchè quando si cade si rischia di non doversi alzare”.

Ti piacerebbe rientrare un giorno nel giro come allenatrice o dirigente ad esempio?
“Certo che mi farebbe piacere poter far parte di qualche club, staremo a vedere il futuro cosa mi riserverà”.