“Comunque vada, sarà un successo”. Qualcuno ricorderà senz’altro, il tormentone lanciato da Piero Chiambretti in un Festival di Sanremo di diversi anni fa ed oggi, più che mai azzeccato, per la nazionale azzurra allenata da Milena Bartolini.

Indipendentemente dall’esito finale comunque abbastanza dignitoso e positivo, considerando le premesse da cui si era partiti (essere fra le prime otto al mondo, dopo aver ceduto solo alle olandesi campionesse continentali in carica e fatto meglio di compagini ben più accreditate come Giappone e Australia), non c’è dubbio che il calcio “in rosa” potrebbe aver ricevuto quella spinta, anche in termini di visibilità ed interesse, che gli mancava affinché possa definitivamente consacrarsi anche alle nostre latitudini.

Dopo aver vissuto per interi decenni nella penombra dei colleghi uomini è arrivato il momento della rivincita per il gentil sesso anche nel football, alla faccia delle discriminazioni e del sessismo che ancora sono presenti in chi ha una visione ancora permeata di prevenzione e becero maschilismo.

Merito dell’avvento delle grandi squadre come Lazio, Milan e Fiorentina in primis, seguite poi dalla Roma e dalla Juventus ed anche dall’Inter ed a cui, presumibilmente, se ne aggiungeranno ancora altre in futuro. Ed anche grazie alla decisione della FIGC di imporre alle squadre maschili di iniziare a costruire un proprio vivaio partendo dalle ragazze di 12-13 anni, e degli ottimi risultati ottenuti in termini di audience da RAI e SKY che hanno trasmesso e dato il giusto risalto alla kermesse mondiale.

Abbiamo così avuto modo di conoscere ed apprezzare le doti anche balistiche oltre che tecniche di atlete, il cui nome non dice nulla. Ma che, in quanto a talento, non hanno nulla da invidiare a tanti loro colleghi poiché diverse giocate sono state davvero di pregevole fattura.

Se è vero che la prima volta ai mondiali della nazionale italiana risale a quasi 30 anni fa, e non fu certo un qualcosa che passò alla storia, il calcio femminile fece parlare la prima volta di sé nel 1998. Quando l’istrionico ex presidente del Perugia Luciano Gaucci (non nuovo nell’ambiente, in quanto a trovate provocatorie), decise – sorprendendo davvero tutti – di ingaggiare l’ex bomber Carolina Morace (circa 400 gol in carriera, ed autentica icona per questo movimento calcistico) per affidarle la guida della Viterbese che all’epoca militava in serie C1. E che il vulcanico patron del club umbro, non nascondeva affatto di voler addirittura portare in cadetteria.

La notizia fece ben presto il giro del mondo e portò alla ribalta la cittadina laziale, accreditata in sede di pronostico di fare il grande salto in serie B, nonostante l’agguerrita concorrenza di compagini come Crotone ed Ancona solo per citarne alcune. Un esperimento che però durò appena due partite, perché dopo la netta sconfitta per 5-2 a Crotone, la Morace venne esonerata dallo stesso Gaucci al termine una discussione molto accesa fra i due che – secondo i bene informati – non se le mandarono certo a dire. Il clima che si era creato nella cittadina laziale non aveva contribuito a creare la giusta simbiosi fra tifoseria e società e ciò probabilmente influì sulla scelta di Gaucci di gettare la spugna, di fronte alle prime difficoltà.

Intanto, il calcio femminile stava prendendo sempre più piede negli USA (dove è seguitissimo), in Germania, Norvegia e finanche in Giappone, con l’impresa della Nadeshiko che è entrata nella storia (2011) dopo aver superato ai calci di rigore la corazzata statunitense. Un fenomeno in via di espansione, insomma, all’estero ma non dalle nostre parti dove eppure il calcio – come ben sappiamo – è da sempre oggetto di discussioni e polemiche.

I ripetuti fallimenti dei maschietti degli ultimi anni, in tal senso, hanno dato paradossalmente una grossa mano, spostando di fatto l’attenzione di sportivi ed appassionati sulle azzurre ben allenate da Bertolini che hanno divertito e fatto parlare di sé anche più dei loro colleghi, inopinabilmente esclusi dai Mondiali di Russia dello scorso anno, e che sono stati nel frattempo impegnati nelle qualificazioni per gli Europei del 2020.

Le premesse per fare bene anche in futuro, ci sono tutte. Le ottime basi gettate in Francia, rappresentano un patrimonio in termini di credibilità che adesso non può e non deve essere assolutamente disperso. Gli stadi pieni, il sano e genuino entusiasmo che hanno contraddistinto tutte le partite ed il clima di festa che si è respirato sugli spalti, sono stati un’autentica boccata d’aria fresca per uno sport che aveva bisogno di recuperare quei valori primordiali che hanno spinto intere generazioni a sognare ed appassionarsi, davanti ad una palla presa a calci da 22 atleti ed atlete su un rettangolo di gioco.

Credit Photo: FIFA Women’s World Cup